A cura di: Eleonora Morini
Il placebo: un nuovo farmaco?
Autore: Kaptchuk TJConsiderare il placebo soltanto come una sostanza che non ha proprietà terapeutiche specifiche, è riduttivo. Spesso si assiste al miglioramento di alcuni sintomi dopo la somministrazione di queste sostanze inerti. Ciò va ricondotto alla componente psicologica, e quindi neurologica, che viene attivata quando un medico somministra una qualunque “compressa”, che coinvolge la volontà di partecipare attivamente alla gestione della propria patologia, la speranza deposta in quel farmaco, il sollievo di sentirsi aiutati.
Tutto ciò ha delle basi biologiche, infatti diversi studi hanno documentato quali solo le aree cerebrali attivate in modo specifico dal placebo e quali i neurotrasmettitori coinvolti, soprattutto dopamina, serotonina ed endocannabinoidi (gli equivalenti endogeni dei derivati della cannabis). Sono state anche individuate varianti della sequenza del nostro genoma che produce i protagonisti di queste vie di trasmissione, in grado di spiegare, in parte, la diversa risposta individuale alla pillola di “niente”. Sebbene, quindi, il placebo non sia in grado di curare nessuna patologia, perché non intercetta le cause di alcuna malattia, può però essere utilizzato per alleviare i sintomi e la sofferenza di pazienti, soprattutto per quelli per cui non esiste una terapia risolutiva.
Quando non c’è cura in grado di guarire il paziente, potrebbe essere etico, anzi doveroso da parte del medico, usare il placebo per cercare di alleviare le sofferenze. L’altra faccia della medaglia è però l’effetto nocebo. Vale a dire, somministrando la famosa pillola di “niente” si possono innescare processi biologici negativi per cui il paziente inizia ad avvertire dei supposti effetti collaterali riconducibili alla nuova terapia. Sono quindi necessari nuovi studi, disegnati appositamente, per capire a chi poter pensare di somministrare il placebo per alleviare la sofferenza e anche come farlo: probabilmente la modalità con cui il medico si pone e si rapporta al malato, contribuiscono ad innescare l’effetto placebo o nocebo.
Placebo effects in medicine, Kaptchuk TJ
“The New England Journal of Medicine”, Luglio 2015
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