"Ultimissime"
La sezione "Ultimissime" riporta in estrema sintesi alcune delle più recenti scoperte biomediche, ricavandole dalle maggiori riviste scientifiche internazionali.UNA BREVE ATTIVITA' FISICA INTENSA, RIDUCE IL RISCHIO DI MORTE DEI PAZIENTI CON ALZHEIMER
A cura di: Eleonora Morini
La malattia di Alzheimer è una patologia neuro-degenerativa cronica e progressiva, ovvero caratterizzata da un processo degenerativo del sistema nervoso centrale che col passare del tempo danneggia gradualmente le cellule del cervello, causando un deterioramento delle funzioni cognitive (memoria, ragionamento, linguaggio, etc.), fino a compromettere l’autonomia del paziente e la capacità di compiere le normali attività giornaliere. È la causa più comune di demenza nella popolazione anziana dei Paesi sviluppati (ne è colpito il 5% degli ultra-65enni ed il 20% degli ultra-85enni) e si stima che nel 2050 il numero assoluto di pazienti che ne saranno affetti possa raddoppiare. Inoltre la mortalità dovuta alla malattia di Alzheimer è aumentata dal 150% negli ultimi 20 anni, diventando una delle principali cause di mortalità negli US. Diversi studi, di uno abbiamo parlato anche noi documentano che agendo sui fattori modificabili (fumo, obesità, utilizzo di alcool, attività fisica etc.) si può prevenire la patologia, anche nel 40% dei casi, e presumibilmente (ancora non ci sono dati al riguardo) è possibile anche condizionarne il decorso, riducendone la mortalità. Gli autori del lavoro che qui presentiamo, sono in primi ad aver indagato l’associazione tra la quantità di attività fisica, uno dei più importanti fattori ambientali modificabili, con la mortalità correlata alla malattia di Alzheimer negli Stati Uniti.
ANCHE POCHISSIMA ATTIVITA' FISICA FA BENE, PURCHE’ SIA INTENSA
A cura di: Eleonora Morini
Fino a pochi anni fa, le linee guida sull’attività fisica di cui abbiamo già discusso, erano basate sui dati ‘riferiti’ dai partecipanti, tramite la compilazione di questionari e non ‘misurati’ oggettivamente. Ciò non consentiva di valutare se anche una minima attività fisica, non strutturata (ad esempio la corsetta per non perdere l’autobus o altre attività simili), sia benefica per la salute, come sembrerebbero invece suggerire alcuni dati ricavati da dispositivi che registrano oggettivamente l’attività fisica ( accelerometri).
Nello studio che vi presentiamo gli autori hanno valutato se anche questa minima attività fisica non strutturata, identificata con il termine VILPA (vigorous intermittent lifestyle physical activity), valutata con gli accelerometri, possa ridurre la mortalità. Il termine VILPA è stato coniato dai ricercatori anglosassoni proprio per indicare quei brevi periodi, della durata di 1-2 minuti, di attività fisica vigorosa ed intermittente, svolta nella vita quotidiana, senza nessuna preparazione atletica o attrezzatura, fuori dall’ambito di una attività fisica strutturata e programmata. Alcuni esempi di VILPA sono: la famosa corsetta per prendere l’autobus quando si è in ritardo, salire le scale velocemente, portare la cassa d’acqua per le scale, etc.
I CAMBIAMENTI CLIMATICI FAVORISCONO ANCHE…UN CLIMA D'ODIO!
A cura di: Eleonora Morini
Alcuni studi hanno documentato che il clima può influenzare il nostro comportamento sociale. Nello specifico le temperature estreme, eccessivamente fredde o calde, sono state associate ad un aumento dell’aggressività “de visu”. Ma oggi che i rapporti sociali sono per lo più gestiti on-line tramite i social-network, cosa succede? Il clima estremo è in grado di condizionare il nostro comportamento anche virtuale? Hanno cercato di rispondere a questa domanda i ricercatori del Institute for Climate Impact Research, di Potsdam, in Germania, esaminando l’effetto della temperatura sull’incitamento all'odio nella piattaforma di social-media Twitter. Questo è l’ennesimo aspetto della nostra vita che i cambiamenti climatici stanno influenzando in modo negativo, che si aggiunge alle problematiche di cui abbiamo già parlato sia per quanto riguarda il rischio cardiovascolare, il rischio di morte e su come provare a proteggersi.
Cambiamenti climatici e rischio cardiovascolare
A cura di: Eleonora Morini
Abbiamo già affrontato i rischi per la nostra salute connessi ai cambiamenti climatici qui e qui. Oggi ci occuperemo specificamente degli effetti negativi delle elevate temperature sulle malattie cardiovascolari dovuti alla richiesta di un maggiore lavoro del cuore causato dalla disidratazione. Il riscaldamento globale pone quindi nuove ed importanti sfide per la salute della popolazione mondiale, specialmente in una popolazione che invecchia rapidamente e che ha già un’elevata prevalenza di malattie cardiovascolari.
Il rapporto 2022 del Lancet Countdown su salute e cambiamento climatico: la situazione e' grave ma…non seria
A cura di: Eleonora Morini
l cambiamento climatico influenza la salute dell’uomo sia direttamente, con una maggiore esposizione ad agenti tossici e a condizioni meteorologiche estreme sia indirettamente, con impatti negativi su infrastrutture, servizi essenziali e mezzi di sussistenza.
The Lancet Countdown è un progetto internazionale, nel quale sono coinvolti numerosi studiosi, che monitora in modo indipendente le conseguenze sulla salute dei cambiamenti climatici, pubblicando ogni anno indicatori aggiornati. Il report di quest’anno redatto da 99 esperti di 51 istituzioni internazionali, tra cui l’OMS pubblicato poche settimane prima della Cop27 tenutasi in Egitto, ha analizzato 43 indicatori, che purtroppo mostrano che si continuano ad esercitare irresponsabilmente scelte che minacciano la salute e la sopravvivenza delle persone in ogni parte del mondo, nonostante siamo passati 30 anni di negoziati dall’istituzione della UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change).
Scegliamo gli alimenti che ci fanno bene e che contribuiscono anche a salvare il nostro pianeta
A cura di: Eleonora Morini
La produzione alimentare contribuisce per un terzo alle emissioni di gas serra, principalmente producendo metano e anidride carbonica. Uno studio del 2020 ha rilevato che, anche se le emissioni derivanti dalla combustione di combustibili fossili cessassero immediatamente, l’obiettivo di ridurre di 2 °C il riscaldamento globale non verrebbe raggiunto a causa delle attuali abitudini alimentari e sistemi di produzione. Più della metà di queste emissioni è determinata dall'allevamento di animali per la produzione di carne rossa. E’ molto acceso quindi il dibattito su diete “future” che siano cioè compatibili con il benessere del nostro pianeta: si propone sicuramente di ridurre il consumo degli alimenti di origine animale a favore delle verdure, ma si pone meno attenzione ad un possibile incentivo dell’uso del pesce, nonostante esistano prove evidenti dei benefici per la salute del suo consumo, essendo ricco di proteine, acidi grassi “buoni” e vitamine. Ma tutte le specie di pesce danno un adeguato apporto di nutrienti e che impatto ha sull’ambiente il metodo di cattura/allevamento? Queste sono le domane cui hanno cercato di rispondere gli autori dell’articolo che vi presentiamo.
NEI PAESI A BASSO E MEDIO REDDITO, UNA DONNA INFERTILE SU DUE HA SUBITO VIOLENZA DA PARTE DEL PROPRIO PARTNER
A cura di: Eleonora Morini
Abbiamo recentemente e tristemente riportato come la violenza contro le donne da parte del partner sia un problema ancora molto diffuso, riguardando una donna su 4 nel mondo. Ma ci sono evidenze in piccoli studi che, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito, le donne sterili potrebbero avere un rischio ancora più elevato di subire violenza. Ciò è intimamente correlato alle difficoltà psicologiche, la vergogna, l’ostracismo sociale che deriva dal non riuscire ad avere figli, in particolare in paesi in cui la continuazione del cognome, attraverso la nascita di un bambino può assicurare un ruolo sociale, garantire i diritti di proprietà e di eredità, offrire una futura fonte di reddito. Lo studio che vi presentiamo ha effettuato una ricerca sistematica di tutti i lavori pubblicati sull’argomento fino a settembre 2021, cercando così di dare una stima più precisa del problema nei paesi a basso e medio reddito.
UNA DONNA SU 4 NEL MONDO HA SUBITO ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA VIOLENZA FISICA O SESSUALE DA PARTE DEL PROPRIO PARTNER
A cura di: Eleonora Morini
Vi presento questo articolo ed il prossimo con un grossissimo peso sul petto. Da quando li ho letti ed ho realmente preso coscienza dell’entità drammatica del problema continuo a pormi molte domande, cui non so dare risposte. Spero, che come me, soffriate nel leggere i due articoli e ciò possa essere uno sprone perché ognuno si adoperi a combattere questo terribile fenomeno. Una cosa che tutti possiamo fare è contribuire nelle forme e dalle posizioni più diverse ad educare e sensibilizzare le giovani generazioni.
Eleonora
AVERE UN CANE AIUTA GLI ANZIANI A RIMANE AUTONOMI PIU’ A LUNGO
A cura di: Eleonora Morini
I progressi nel settore sanitario, insieme al miglioramento generale delle condizioni di vita, hanno determinato l’aumento delle aspettative di vita della popolazione e dunque il suo invecchiamento. La politica di promozione della salute deve quindi sempre di più occuparsi di promuovere, nell’interesse dell’intera società, un invecchiamento “sano”, prevenendo l’insorgenza di patologie per cui attualmente ancora non ci sono terapie specifiche (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-bere-regolarmnte-te-e-caffe-protegge-il-nostro-cervello; http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-deterioramento-cognitivo-negli-anziani-il-ruolo-della-genetica-e-dello-stile-di-vita) e salvaguardando il più a lungo possibile le capacità funzionali, procrastinando l’insorgenza di disabilità e la perdita di autonomia (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-longevita-attiva-dipende-da-dove-abiti). In quest’ottica sono stati pubblicati diversi lavori sui possibili benefici della compagnia di un animale domestico sulla riduzione della mortalità e sul mantenimento di una vita attiva ed autonoma, ma i risultati sono stati fino ad ora contrastanti. Un gruppo di ricercatori giapponesi ha cercato di dipanare la matassa utilizzando i dati di uno studio molto numeroso (l'Ota Genki Senior Project), che coinvolgeva il 10% della popolazione anziana del quartiere OTA di Tokyo.
BERE REGOLARMNTE TE’ E CAFFE PROTEGGE IL NOSTRO CERVELLO
A cura di: Eleonora Morini
La popolazione mondiale sta invecchiando e quindi c’è un grande interesse sanitario, sociale ed economico nel contrastare le patologie che si manifestano tipicamente in età avanzata. Tra queste spiccano l’ictus e la demenza: gli uni possono essere potenzialmente letali, responsabili infatti del 10 per cento di tutti i decessi, l’altra è una patologia caratterizzata da un declino della funzione cerebrale, con perdita di autonomia ed è associata quindi a un elevato onere economico e sociale. Queste due patologie sono tra loro strettamente correlate, tanto che l’una aumenta il rischio di sviluppare l’altra, e condividono alcuni fattori di rischio e fattori protettivi. Tra i fattori che potrebbero influenzare lo sviluppo di queste patologie ci sono le bevande più bevute al mondo: caffè e tè. Queste infatti contengono sostanze che hanno effetti sia anti-ossidanti sia neuroprotettivi come la caffeina, presente in entrambe le bevande, ed i polifenoli ed i suoi derivati (flavonoidi, acido clorogenico, acido caffeico, tannini), di cui invece è ricco il tè. Ma chi le assume quotidianamente rischia meno di avere una qualche forma di demenza o di avere un ictus? A questa domanda hanno cercato di rispondere alcuni ricercatori cinesi, utilizzando i dati di una bio-banca Inglese (UK Bionbank). Per bio-banca si intende un’organizzazione senza scopo di lucro, che fornisce un servizio di conservazione e gestione di materiale biologico e relativi dati clinici, che poi rende disponibile secondo un codice di buon utilizzo degli stessi, stabilito da Comitati Etici nazionali ed internazionali.
RIORGANIZZARE I SUPERMERCATI PUO' FAVORIRE UN’ALIMENTAZIONE PIU' SANA
A cura di: Eleonora Morini
“Fa che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”. Queste sono parole di Ippocrate, il padre della medicina, riportate nel suo trattato circa 2400 anni fa, ma mai furono così attuali! Sappiamo infatti che una dieta sana ed equilibrata ha effetti benefici sulla nostra salute, mentre l’eccesso di cibo e l’uso di cibo spazzatura, ricco cioè di calorie, sotto forma di carboidrati semplici e grassi, invece si associa all’insorgenza di obesità e a numerose malattie croniche ( diabete, cardiopatia ischemica, alcuni tipi di tumori, etc), di cui, oltretutto, peggiora la prognosi.
In molti Stati, per promuovere l’alimentazione sana, si stanno mettendo in atto diverse strategie per disincentivare l’acquisto di cibi non salubri. Di alcune di queste abbiamo già parlato ( http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-spot-televisivi-di-junk-food-riduciamoli-per-ridurre-lobesita-infantile; http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-un-tentativo-ben-riuscito-di-scoraggiare-luso-delle-bevande-zuccherate-aumentarne-il-costo-lesempio-di-philadelphia) e oggi parleremo di come, cambiando la posizione dei reparti frutta e verdura nei supermercati, si può influire sulle abitudini di acquisto dei clienti, favorendo una dieta più sana.
LONGEVITA’ ATTIVA? DIPENDE DA DOVE ABITI
A cura di: Eleonora Morini
Continuiamo ad occuparci dell'influenza che il quartiere dove abitiamo può avere sulla nostra vita. Abbiamo appena parlato della relazione tra il quartiere di residenza e la nostra salute ( http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-la-riqualificazione-urbana-per-la-promozione-della-salute), mentre con questo recente lavoro, che vi presentiamo, riportiamo alla vostra attenzione come il quartiere di residenza può influenzare la capacità dei nostri anziani di mantenersi attivi ed autonomi. Tra le tante disparità che affliggono la nostra società, quelle che riguardano la perdita di anni di vita attiva ed autonoma, ovvero gli anni di vita liberi da disabilità clinicamente significative, è una tra le più ingiuste. Perdere la capacità di svolgere le attività della vita quotidiana compromette l'indipendenza, la possibilità di aiutare le proprie famiglie, di svolgere un ruolo attivo nella società, oltre che determinare la necessità di un supporto. Un gruppo di ricercatori americani ha valutato se l'aspettativa di vita attiva differisca in base alle caratteristiche del quartiere di residenza, differenziando queste ultime da altri fattori prognostici incluso il livello socioeconomico individuale (quasi inevitabilmente, infatti, nei quartieri più disagiati risiedono minoranze etniche e persone meno abbienti).
LA RIQUALIFICAZIONE URBANA PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE
A cura di: Eleonora Morini
Negli ultimi anni, sono stati pubblicati diversi studi sul rapporto fra le caratteristiche del quartiere e la salute dei residenti. E’ emerso che: la difficoltà di accesso alle cure, ai cibi sani, ad attività ricreative salutari, associa all’insorgenza di malattie cardiovascolari e diabete; l’eccessivo inquinamento e la mancanza di spazi verdi associano a malattie respiratorie e rischio di malattie cerebrovascolari, argomento, in parte già affrontato (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-inquinamento-chi-vive-vicino-a-strade-molto-trafficate-e-piu-a-rischio-di-demenza); infine, il disagio sociale di alcuni quartieri si associa ad un maggior rischio di disturbi del comportamento. Ma cosa succede se vengono cambiate le caratteristiche del quartiere? Cambia anche lo stato di salute? A queste domane hanno cercato di rispondere gli autori di questo lavoro, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet Public Health, analizzando i dati di circa 180.000 persone, partecipanti a due grossi studi Finlandesi “Health and Social Support study” e “The Finnish Public Sector study”.
Deterioramento cognitivo negli anziani: il ruolo della genetica e dello stile di vita
A cura di: Eleonora Morini
I fattori di rischio che possono determinare un deterioramento cognitivo, tra cui spicca la malattia di Alzheimer, sono divisi in due categorie: quelli non modificabili, sui quali non è quindi possibile intervenire, e quelli modificabili, sui quali cioè è possibile intervenire ottenendo dei significativi risultati sul piano clinico. Tra i primi, oltre all’età, dopo i sessantacinque anni infatti l’incidenza incrementa in modo esponenziale, ci sono specifiche varianti del gene che codifica per l’apolipoproteina E (APOE) che conferiscono un rischio aumentato di sviluppare demenza. La letteratura scientifica però mostra un grande interesse verso i fattori di rischio modificabili. Infatti, non disponendo ancora di cure specifiche e non potendo agire sui fattori non modificabili, diventa di fondamentale importanza promuovere la riduzione del rischio intervenendo su quelli modificabili, che inevitabilmente sono associati allo stile di vita. Il fumo di sigaretta, l’assunzione di alcol, la carenza di vitamine, la bassa scolarità, una alimentazione non sana, la scarsa attività fisica sono associati ad un maggior rischio, mentre l’alta scolarità, l’aderire ad uno stile alimentare sano, ben rappresentato dalla dieta mediterranea, il mantenere allenati fisico e cervello, il mantenere delle buone relazioni sociali, il monitorare e trattare eventuali problematiche cardiovascolari sono condizioni che proteggono le funzioni cognitive. La letteratura scientifica però, fino ad ora, non è stata in grado di chiarire l’entità dell'interazione tra stile di vita e rischio genetico sul deterioramento cognitivo. Ovvero negli anziani, uno stile di vita salutare riesce a difendere le funzioni cognitive anche in presenza della variante genetica che conferisce un rischio aumentato? Con il lavoro che vi presentiamo, recentemente pubblicato su Plos Medicine, alcuni ricercatori cinesi hanno cercato di rispondere a questa domanda.
Statine ad attivita' fisica: cosa e' piu' efficace nel ridurre il rischio cardiovascolare?
A cura di: Eleonora Morini
Le grandi arterie consentono la conduzione del sangue dal cuore alle arterie periferiche e quindi ai vari organi e grazie alla loro elasticità, agiscono da “cuscinetto”, permettendo la trasformazione di un flusso pulsatile, generato dall’azione cardiaca, in uno continuo, necessario per il benessere dei tessuti periferici. La perdita di tale elasticità con una conseguente rigidità delle arterie (in inglese arterial stiffness) si è dimostrata essere uno dei primi fattori dell'invecchiamento vascolare ed inoltre un fattore indipendente di mortalità e morbilità cardiovascolare, danneggiando soprattutto il cuore ed il cervello. Sia l'esercizio fisico, sia la terapia con le statine, farmaci che riducono i livelli di colesterolo, sono ottimi ausili per la protezione vascolare e sono in grado di ridurre la rigidità vascolare e di conseguenza gli eventi cardiovascolari (ictus ed infarto). Ma fino ad ora non sono stati condotti studi diretti di confronto. Grazie ad una nuova e complessa analisi statistica (network meta-analysis), gli autori sono stati in grado di analizzare, in un confronto testa a testa, gli studi pubblicati in letteratura che valutavano, singolarmente, il beneficio di statine o dell’attività fisica sulla rigidità vascolare.
L’ultimo tassello del puzzle! Completata la sequenza del genoma umano
A cura di: Serena Pezzilli
A vent’anni dall’inizio dell’“Human Genome Project”, sono state identificate le “lettere” mancanti che hanno permesso di completare il grande “libro” del genoma umano, ovvero l’insieme del patrimonio genetico che caratterizza ciascun essere vivente. Il primo passo di questo lunghissimo viaggio era stato compiuto il 1 ottobre 1990, con la fondazione ufficiale del progetto di ricerca. Nel 2003 era stato raggiunto un grande traguardo: la prima mappatura molto accurata del genoma umano. Tuttavia, non era stato possibile completarla. Ne mancava, infatti, ancora un 8%, fondamentale per chiarire alcuni passaggi dell'evoluzione dell'uomo e dello sviluppo di specifiche malattie.
LE CONSULENZE PER UN CORRETTO STILE DI VITA RIDUCONO GLI EVENTI CARDIOVASCOLARI IN PERSONE AD ELEVATO RISCHIO
A cura di: Eleonora Morini
Continuando ad occuparci dei benefici dell’attività fisica, vi presentiamo questa revisione sistemica della letteratura, recentemente pubblicata su JAMA, in cui i ricercatori hanno valutare se una consulenza sul corretto stile di vita comprensiva di consigli sull’alimentazione (ridurre il numero di calorie assunte e scegliere gli alimenti più sani) e sull’attività fisica, può ridurre gli eventi cardiovascolari in persone ad alto rischio. Va ricordato che le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte e tra le più frequenti per disabilità, in tutti i paesi del mondo occidentale.
PIU’ PASSI FAI PIU’ VIVI
A cura di: Eleonora Morini
L’attività fisica è spesso la protagonista di nostri articoli (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-confermata-la-ricetta-della-longevita-muoversi-il-piu-possibile-e-stare-seduti-il-minimo-indispensabile
http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-le-nuove-linee-guida-americane-sullattivita-fisica-un-inno-alla-vita-attiva
http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-confermata-la-ricetta-della-longevita-muoversi-il-piu-possibile-e-stare-seduti-il-minimo-indispensabile ).Non ci stancheremo mai di caldeggiarla visto che è uno dei principali strumenti per promuovere il benessere psicofisico e per prevenire innumerevoli patologie, soprattutto quelle cardiovascolari
(http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-e-meglio-correre-o-camminare-per-la-riduzione-del-rischio-cardiovascolare-e-di-diabete-mellito
http://www.fivehundredwords.it/argument/it-le-malattie-non-trasmissibili-rappresentano-un-problema-di-ordine-planetario) ed inoltre è un valido strumento per curarne altre come il diabete (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-la-terapia-migliore-per-il-diabete-mellito-tipo-2-lattivita-fisica
http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-lattivit-fisica-efficace-tanto-quanto-i-farmaci-nel-ridurre-la-mortalit-causata-da-alcune-malattie-croniche).
IL DIRITTO ALLA SALUTE SAREBBE UN DIRITTO UNIVERSALE MA…NON E’ SEMPRE COSI’
A cura di: Eleonora Morini
La popolazione in tutta Europa sta invecchiando e ciò, ovviamente, riguarda anche i cittadini dei vari gruppi etnici che nei decenni precedenti sono immigrati nei diversi stati europei. Esistono evidenze scientifiche che suggeriscono che nel Regno Unito (United Kingdom, UK) ci sia una disuguaglianza nella tutela della salute tra i diversi gruppi etnici, soprattutto tra gli individui con età > 55 anni. Questo dato, già noto, è emerso in tutta la sua drammaticità con l’epidemia da COVID19: in UK è stata documentata una sproporzione notevole di decessi dovuti a COVID-19 in gruppi etnici minoritari, accendendo così un acceso dibattito politico. Tuttavia, fino ad ora, non ci sono notizie dettagliate sul perché di questa disuguaglianza nella tutela della salute tra i diversi gruppi etnici, tutto viene sempre e solo ricondotto allo stato sociale ed economico, e quali minoranze sono maggiormente interessate. Lo studio che vi presentiamo, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet Public Health, fornisce la prima analisi approfondita sull’argomento, tra gli anziani di una vasta gamma di gruppi etnici in UK.
INQUINAMENTO E MORTALITA’ PREMATURA: LE CITTA’ DEL NORD ITALIA HANNO UN TRISTE PRIMATO
A cura di: Eleonora Morini
L'inquinamento atmosferico è la principale causa ambientale di malattie e morte prematura nel mondo. Nel 2015 infatti, l’esposizione a lungo termine ad uno dei maggiori inquinanti, il particolato sottile, con dimensioni cioè inferiori a 2,5 μm (PM2.5), ha causato circa 9 milioni di morti premature, rappresentando così il quinto fattore di rischio per la mortalità globale.
Tra i principali inquinanti oltre al PM2.5 c’è anche il biossido di azoto (NO2). Entrambi sono prodotti da attività umane, ma mentre il NO2 deriva soprattutto dalla combustione ad alte temperature ovvero dall’inquinamento urbano causato da motori di autocarri, automobili, etc, le polveri sottile derivano anche da: riscaldamento domestico; usura dei freni e degli pneumatici di tutti i mezzi di trasporto; usura del manto stradale; attività industriali in generale; attività agricole; inceneritori e centrali termoelettriche; fumo di tabacco. Tutti i dati fino ad ora disponibili su inquinamento e danni alla salute, fanno riferimento ad una situazione globale o relativa a macro aree o al più a singole Nazioni. Non sono stati mai analizzati i dati nelle singole città che invece rappresentano punti chiave dell’inquinamento e che per l’alta concentrazione di abitanti hanno importanti implicazioni di sanità pubblica. Nello studio che vi presentiamo, i ricercatori dell'Institute for Global Health di Barcellona coadiuvati da altri istituti europei ed americani, hanno valutato in circa 1000 città europee le vite salvate annualmente se i livelli di PM2.5 e NO2 fossero quelli raccomandati dall’organizzazione mondiale della sanità (OMS), rispettivamente 10 μg/m³ e 40 μg/m³. E quale ulteriore beneficio ci sarebbe se, con politiche più ambizione, le concentrazioni di tali inquinamenti fossero mantenute costantemente ai livelli più bassi misurati nelle città europee nell’anno di analisi ovvero 3,7 μg/m³ per PM2.5 e 3,5 μg/m³ per NO2.
SPOT TELEVISIVI DI JUNK FOOD: RIDUCIAMOLI PER RIDURRE L’OBESITA' INFANTILE!
A cura di: Eleonora Morini
L'obesità infantile sta diventando un problema sanitario a livello globale, senza segni evidenti di inversione di marcia. Il sovrappeso e l'obesità nell’infanzia possono causare danni diretti sulla salute del bambino (riduzione del rendimento scolastico e disturbi psicologici, patologie ortopediche, ipertensione arteriosa, diabete mellito tipo 2, steatosi epatica, etc.) ed inoltre sono associate, nell'età adulta, al maggior rischio di soffrire di obesità e di sviluppare severe patologie come le malattie cardiovascolari, alcuni tipi di tumori, etc. Nel Regno Unito 1 bambino su 5 di età compresa tra 4 e 5 anni e 1 bambino su 3 di età compresa tra 10 e 11 anni è in sovrappeso o obeso. Il governo britannico ha annunciato piani ambiziosi per dimezzare l'obesità infantile entro il 2030 e tra le varie proposte c’è quella di ridurre la pubblicità in televisione del cibo non salutare, perché ricco di calorie e grassi (junk food, in inglese, ovvero cibo spazzatura). I dati preliminari in tal senso sono incoraggianti e suggeriscono che si tratta di un valido aiuto nella riduzione dell’introito di calorie nell’infanzia e quindi nella lotta all’obesità. Lo scopo dello studio che vi presentiamo è proprio quello di chiarire il reale impatto sulla salute pubblica di una tale restrizione.
DIVARIO CONTRIBUTIVO TRA UOMINI E DONNE ANCHE NELLA MEDICINA DI BASE
A cura di: Eleonora Morini
In tutti i paesi del mondo e nella maggior parte dei settori lavorativi, le donne sono ancora pagate meno degli uomini. Questo divario retributivo di genere, in inglese “gender pay gap”, calcolato sul salario medio di tutti gli uomini e quello di tutte le donne che svolgono uno stesso lavoro retribuito, continua a rappresentare una delle ingiustizie sociali più diffuse a livello globale. L'ambito della medicina non è esente da questo problema: i medici donne rappresentano una quota crescente del personale medico e hanno spesso risultati migliori sui loro pazienti rispetto ai colleghi uomini, ma numerosi studi hanno dimostrato che guadagnano rispetto a loro l’8-29% in meno. Le reali ragioni di questo divario retributivo sono ancora controverse, anche se numerose sono le ipotesi: le donne tendono a lavorare meno ore, effettuano visite più lunghe, hanno parcelle più basse, etc. Lo studio che vi presentiamo ha cercato di fare luce sulla questione, analizzando i dati della società informatica che si occupa della gestione della cartella clinica usata dai medici di medicina generale (MMG) negli Stati Uniti e del loro successivo pagamento che, a tutt’oggi, prevede una retribuzione per ogni singola visita, premiando quindi la quantità di lavoro e non la qualità.
DISTANZA DI SICUREZZA DAL CORONAVIRUS: QUAL E' QUELLA GIUSTA?
A cura di: Eleonora Morini
Il distanziamento è tra le più importanti misure adottate per contrastare la diffusione della COVID-19, acronimo di Corona Virus Disease (malattia);19 indica l'anno di identificazione del virus. Infatti la principale via di trasmissione è quella aerea: il virus viene trasmesso da una persona infetta tramite le goccioline (droplets) che vengono prodotte dalle vie aeree superiori e si diffondono nell’ambiente mentre parliamo, respiriamo, tossiamo o starnutiamo. Se queste goccioline provenienti da una persona infetta vengono direttamente a contatto con le mucose (bocca, occhi, naso) di un soggetto non infetto o anche indirettamente, dopo aver toccato le sue mani od oggetti contaminati, il virus può introdursi nell’organismo e causare infezione. Un recente studio dell’Università di Oxford pubblicato ad agosto 2020 sul British Medical Journal, mette in discussione la metratura corretta per scongiurare il rischio di infezione. Infatti uno o due metri tra le persone, come attualmente consigliato dalle massime autorità in ambito sanitario, derivano da precedenti studi non più attuali e potrebbero non essere sempre sufficienti a garantire il mancato contagio.
LA TERAPIA MIGLIORE PER IL DIABETE MELLITO TIPO 2? L’ATTIVITA’ FISICA
A cura di: Eleonora Morini
Svolgere una regolare e moderata attività fisica consente di mantenere il nostro organismo in condizioni di salute e benessere, scongiurando anche il rischio di incorrere nell’insorgenza di diverse malattie, prime tra tutte quelle cardiovascolari, argomenti di cui abbiamo già ampiamente parlato (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-confermata-la-ricetta-della-longevita-muoversi-il-piu-possibile-e-stare-seduti-il-minimo-indispensabile; http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-le-nuove-linee-guida-americane-sullattivita-fisica-un-inno-alla-vita-attiva; http://www.fivehundredwords.it/post/it-la-mancanza-di-attivit-distrugge-la-buona-condizione-di-qualunque-essere-umano). Nel caso di persone affette da diabete mellito tipo 2, l’attività fisica riveste un’importanza ancora maggiore in quanto, oltre a ridurre il rischio di sviluppare le complicanze cardiovascolari (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-e-meglio-correre-o-camminare-per-la-riduzione-del-rischio-cardiovascolare-e-di-diabete-mellito), riduce i livelli di glucosio nel sangue in quanto ne facilita l’ingresso nei muscoli e quindi il suo utilizzo. Tutte le linee guida sulla terapia di questa patologia ne consigliano quindi una regolare esecuzione, per almeno 150 minuti a settimana, ovvero circa 20-25 minuti al giorno. Ma facendone di più si può avere un maggior beneficio, come per esempio interrompere la terapia farmacologica ipoglicemizzante? Lo studio che vi presentiamo offre un’interessate risposta a questa domanda.
IMPATTO DELL'EMERGENZA SANITARIA COVID19 SU ALTRI ASPETTI DELLA NOSTRA SALUTE: RIDUZIONE DELLE DIAGNOSI DI TUMORE
A cura di: Eleonora Morini
L’emergenza sanitaria causata dal nuovo Coronavirus (SARS-CoV-2) ha messo a dura prova i sistemi sanitari di tutto il mondo, che sono stati riorganizzati per limitare la diffusione del COVID19 e per far fronte alle conseguenze respiratorie di questa malattia, che, come sappiamo, possono essere gravi e letali. Questo ha portato ad una riduzione di molte altre prestazioni sanitarie, con conseguenti ritardi e difficoltà nella diagnosi e cura di tutte le rimanenti patologie.
Non è esente dalle conseguenze dell’emergenza COVID19 neanche l’oncologia, anzi, proprio i pazienti oncologici, poiché sono immuno-depressi, quindi più a rischio di contrarre il COVID19, hanno avuto difficoltà nell’accedere alle cure e nell’effettuare il follow-up per la loro patologia. Ma a dire il vero è emerso che anche la diagnosi delle patologie tumorali è stata compromessa in questo periodo. Infatti le diagnosi di tumore generalmente avvengono tramite screening (per i tumori per i quali esiste lo screening) oppure per un sospetto clinico del medico di medicina generale o dello specialista, oppure in caso di sintomi acuti e severi, tramite accesso in pronto soccorso. Tutti questi canali sono stati, per motivi diversi, ostacolati o ritardati dalla recente emergenza sanitaria. L’articolo che vi presentiamo pubblicato su Lancet Oncology, riguarda la situazione in Olanda, ma dati simili sono stati descritti anche per altre Nazioni, Italia compresa.
COVID-19: il quadro iniziale dell’epidemia nella Regione Lombardia
A cura di: Serena Pezzilli
Risale alla notte del 20 febbraio 2020, la conferma del primo caso di COVID-19 nella Regione Lombardia ed in tutta Italia. Nelle due settimane successive, il numero di pazienti positivi è aumentato progressivamente, registrando in data 8 marzo un totale di 5830 casi. Lo studio che presentiamo oggi fornisce una valutazione iniziale della rapida evoluzione dell'epidemia COVID-19 nella Regione Lombardia. E’ ancora presto, ma forse in futuro da questi dati si potranno capire gli aspetti positivi e le criticità del primo intervento, così da imparare per la prossima volta.
IL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE E LA SALUTE DEGLI ITALIANI SECONDO IL GLOBAL BURDEN OF DISEASE
A cura di: Eleonora Morini
Fin dalla sua istituzione nel 1978, il nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN) si fonda sull’universalità, uguaglianza ed equità delle prestazioni sanitarie a tutta la popolazione, senza nessuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche e sulla parità di accesso rispetto a uguali bisogni di salute. Ma il SSN è in grado di garantire queste premesse? E soprattutto, è in grado di rispondere adeguatamente alle attuali esigenze sanitarie? In questo momento di grande difficoltà in cui si parla ampiamente del nostro SSN e si fanno innumerevoli ipotesi sul destino del nostro SSN, proviamo a rispondere con dati scientifici. Vi presentiamo un importante lavoro, pubblicato a dicembre 2019 sulla prestigiosa rivista “The Lancet Public Health”, che per la prima volta ha fotografato la situazione sanitaria del nostro Paese utilizzando i dati del Global Burden of Disease (GBD). Il GBD, cui abbiamo dedicato una miniserie di interventi un paio d’anni fa (http://www.fivehundredwords.it/argument/it-come-stiamo-notizie-dal-mondo-sulla-nostra-salute-1, http://www.fivehundredwords.it/argument/it-come-stiamo-notizie-dal-mondo-sulla-nostra-salute-2, http://www.fivehundredwords.it/argument/it-come-stiamo-notizie-dal-mondo-sulla-nostra-salute-3) è il più grande studio epidemiologico al mondo che raccoglie e analizza informazioni su centinaia di cause di morte, malattie, conseguenti disabilità e relativi fattori di rischio, dal 1990 ad oggi, in quasi 200 Paesi del mondo, grazie alla collaborazione di un consorzio di più di 3.500 ricercatori di 145 paesi diversi. I dati prodotti dal GBD forniscono, in generale, importanti informazioni per i politici che sapendo quali sono le effettive sfide sanitarie dei propri paesi e come queste si stanno modificando nel tempo, possono decidere come investire le risorse disponibili, allineando i SSN con le reali esigenze della popolazione.
Le sigarette elettroniche sono innocue? Non proprio…
A cura di: Eleonora Morini
La sigaretta elettronica è un dispositivo nato con l’obiettivo di fornire un’alternativa all’uso di sigarette, sigari e pipe, riducendone così il consumo e la dipendenza, grazie al fatto che ne sfrutta le mimiche e le percezioni sensoriali. I sistemi elettronici di erogazione, hanno forme e dimensioni notevolmente diverse, ma si basano tutti sul riscaldamento di una soluzione con lo scopo di creare un aerosol che viene aspirato dal fumatore. Tale meccanismo consente di evitare l’inalazione di alcune pericolose sostanze chimiche derivanti dalla combustione del tabacco, come catrame, benzene e idrocarburi policiclici aromatici, notoriamente cancerogene. Il liquido che è riscaldato però, oltre a poter contenere nicotina, la sostanza responsabile della dipendenza psichica, contiene varie sostanze chimiche che aiutano a produrre l’aerosol, come per es. glicole propilenico e/o glicerina e svariati aromi. Attualmente nella comunità scientifica c’è ancora un ambio dibattito sui pro ed i contro derivanti dal loro utilizzo, come già affrontato in http://www.fivehundredwords.it/post/it-sigarette-elettroniche-buone-notizie-ma-attenzione-ai-giovani; e tale dibattito si sta ulteriormente arricchendo per il riscontro di possibili danni alla salute riconducibili all’inalazione di alcune delle sostanze contenute nei liquidi usati nelle sigarette elettroniche. A partire da Marzo 2019, infatti, soprattutto negli US, si stanno moltiplicando le segnalazioni di patologie polmonari associate all’uso di sigarette elettroniche, dette EVALI (E-cigarette, or Vaping, Product use Associated Lung Injury). Lo studio che vi presentiamo è uno dei primi, e sicuramente il più numeroso, che ha analizzato il decorso clinico, la terapia e le complicanze delle lesioni polmonari associate all’uso di sigarette elettroniche.
L’INQUINAMENTO UCCIDE ANCHE DOPO UNA BREVE ESPOSIZIONE
A cura di: Eleonora Morini
Non ci sono più dubbi che l’esposizione cronica all’inquinamento atmosferico sia dannosa per la salute, soprattutto il particolato atmosferico (PM), ovvero le particelle inalabili con diametro di 10 μm (PM10) o meno (PM2.5). Il PM è emesso un po’ da tutti i tipi di combustione, inclusi quelli dei motori di auto e motoveicoli, degli impianti per la produzione di energia, della legna per il riscaldamento domestico, degli incendi boschivi e di molti altri processi industriali. Tanto è comprovata la loro pericolosità che le concentrazioni medie “sicure” quotidiane sono regolate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e sono per i PM10 di 50 μg/m3 e per i PM2,5 di 25 μg/m3. Meno certa invece è l'associazione tra esposizione ad elevate concentrazioni di PM per un breve periodo e i rischi per la salute e la sopravvivenza. Il lavoro che vi presentiamo ha affrontato proprio quest’ultimo aspetto, utilizzando i dati del Multi-City Multi-Country (MCC) Collaborative Research Network database, la banca dati di un consorzio di ricerca globale, creato per valutare gli effetti del clima sulla mortalità. Nello studio è stata valutata l'associazione tra le concentrazioni di PM ed il rischio di mortalità sia generale, sia per cause cardiovascolari e respiratorie.
CONFERMATA LA RICETTA DELLA LONGEVITA': MUOVERSI IL PIU' POSSIBILE E STARE SEDUTI IL MINIMO INDISPENSABILE
A cura di: Eleonora Morini
Vi abbiamo da poco presentato le nuove linee guida americane sull’attività fisica (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-le-nuove-linee-guida-americane-sullattivita-fisica-un-inno-alla-vita-attiva) che, oltre ad indicare quanta attività fisica fare durante la settima, per ridurre la mortalità ed il rischio di sviluppare alcune malattie croniche, per la prima volta affermano che fare qualsiasi tipo di attività fisica e ridurre al minimo la sedentarietà apporta comunque vantaggi per la salute. Ma c’è da precisare che la maggior parte degli studi pubblicati sull’argomento, ed usati anche per stilare le suddette linee guida, hanno utilizzato dati ‘riferiti’ dai partecipanti, tramite la compilazione di questionari e non ‘misurati’ oggettivamente e quindi meno precisi. Ciò può aver portato a sottostimare i benefici dell’attività fisica, perché facilmente si è portati a dimenticare quella minima attività fisica che si fa nel quotidiano. Per uscire da quest’ area d’incertezza, un gruppo di ricercatori ha condotto una revisione sistematica della letteratura ed ha analizzato insieme, tramite lo strumento statistico della meta-analisi, tutti i dati degli studi pubblicati fino ad ora, che hanno misurato oggettivamente i livelli di attività fisica e sedentarietà attraverso dei sensori indossabili (accelerometri).
LE BEVANDE ZUCCHERATE ACCORCIANO LA VITA - VERO ANCHE IN EUROPA
A cura di: Eleonora Morini
L’uso regolare di bevande analcoliche zuccherate è diventato una consuetudine per molti. Sia le bevande zuccherate artificialmente, sia i succhi di frutta naturali, sono stati associati ad un maggior rischio di obesità, diabete mellito tipo 2, malattie cardio-vascolari e addirittura ad un aumento della mortalità sia cardio-vascolare sia generale, (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-i-cibi-arricchiti-con-zuccheri-addizionati-aumentano-il-rischio-di-morte-cardiovascolare ma anche http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-le-bevande-zuccherate-possono-essere-pericolose-per-la-nostra-salute).
Ma sta emergendo che anche le bevande analcoliche dolcificate con edulcoranti ipocalorici o addirittura privi di calorie, hanno effetti dannosi sulla salute. Tutte queste analisi però sono state condotte sulla popolazione americana. Lo studio che presentiamo oggi, analizza per la prima volta in Europa l’associazione tra il consumo abituale di bevande analcoliche addolcite, sia con zucchero sia con dolcificanti artificiali ed il rischio di morte.
Cannabis in gravidanza? Meglio evitare!
A cura di: Eleonora Morini
In Canada e negli Stati Uniti, l’utilizzo della cannabis è andato via via aumentando ed interessa ormai il 25% dei giovani. Da un recente studio, emerge che anche la percentuale di donne che ne fa uso in gravidanza è aumentata, passando dal 3,4% del 2002 al 7% del 2017.
Ciò è sicuramente da imputare alla percezione generale di una sostanziale innocuità della cannabis, ed addirittura c’è chi la consiglia come rimedio contro la nausea gravidica.
Il fenomeno probabilmente aumenterà ulteriormente vista la recente legalizzazione della cannabis in questi Paesi ma… siamo sicuri che fumare marijuana in gravidanza sia scevra di pericoli per la madre o il nascituro? Proprio per fare un po' di chiarezza sull’argomento, i ricercatori Canadesi dell’Istituto di Ricerca Ottawa in Ontario hanno condotto lo studio che vi presentiamo, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of the American Medical Association (JAMA).
LE CREME SOLARI SOTTO LA LENTE DI INGRANDIMENTO
A cura di: Eleonora Morini
I tumori della pelle sono diventati molto comuni, addirittura sono la neoplasia più frequente negli Stati Uniti. Le creme solari, inizialmente messe in commercio come cosmetici per prevenire le scottature solari, sono invece diventate dei veri e propri presidi medici per la prevenzione dei tumori della pelle, da quando è stato accertato che i raggi ultravioletti (UV) ne sono il principale fattore di rischio. La foto-protezione, infatti, compreso l'uso di creme solari per le zone di pelle non coperte da indumenti, è ormai largamente consigliata dai medici come una vera e propria terapia di prevenzione a tutti coloro che si espongono ai raggi solari, soprattutto se hanno già sofferto di tumori della pelle. Ma sono sicure? O forse alcuni loro componenti, in seguito ad un uso costante sono assorbiti dalla cute e possono essere dannosi? Il dubbio ha una sua ragione d’essere perché le creme solari, essendo state messe in commercio come cosmetici, non sono state precedentemente sottoposte a tutti quei controlli che vengono invece riservati ai farmaci, per attestarne i benefici ma anche per escludere gravi effetti collaterali. Ecco perché i ricercatori della Food and Drug Amministration, l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, hanno deciso di condurre questo studio pilota. Scopo dello studio era di verificare se l’utilizzo massimale delle creme solari causa un assorbimento di alcuni loro componenti che sia superiore a 0,5 ng/ml, soglia oltre la quale diventa necessario accertarne l'innocuità.
UN TENTATIVO BEN RIUSCITO DI SCORAGGIARE L’USO DELLE BEVANDE ZUCCHERATE: AUMENTARNE IL COSTO! L'ESEMPIO DI PHILADELPHIA
A cura di: Eleonora Morini
L’assunzione regolare di bevande zuccherate, artificialmente o naturalmente, causa danni alla salute, aumentando il rischio di obesità, diabete, malattie cardio-vascolari e addirittura la mortalità generale, come già affrontato su http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-i-cibi-arricchiti-con-zuccheri-addizionati-aumentano-il-rischio-di-morte-cardiovascolare e su http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-le-bevande-zuccherate-possono-essere-pericolose-per-la-nostra-salute. Aumentare la tassazione delle bevande zuccherate è una delle strategie politiche per ridurne il consumo, anche se l’incremento delle tasse non è, per i decisori politici, il modo migliore per ingraziarsi gli elettori. Alcune nazioni, tra cui gli US, hanno però iniziato ad applicare la “SUGAR TAX”, ovvero “TASSA SULLO ZUCCHERO”. Lo studio che vi presentiamo riguarda proprio gli effetti di questa tassazione sul consumo di bevande zuccherate nella città di Philadelphia, in Pennsylvania.
Le bevande zuccherate possono essere pericolose per la nostra salute.
A cura di: Eleonora Morini
L’utilizzo delle bevande zuccherate, ovvero tutte quelle bevande con aggiunta di zucchero o altri dolcificanti, come bibite gassate, succhi di frutta concentrati, bevande energetiche, etc, è aumentato notevolmente negli ultimi anni ed ha richiamato l’interesse del mondo scientifico circa il loro effetto sulla salute.
Queste bevande contengono, infatti, da 140 a 150 kcal e da 35 a 37,5 g di zucchero per ogni porzione da circa 360 ml, e sono la più grande fonte di zuccheri aggiunti nella dieta di alcuni paesi come gli USA. Diversi lavori scientifici hanno già documentato che tali bevande causano aumento di peso e del rischio di sviluppare malattie cardiovascolari; ce ne siamo già interessati su http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-i-cibi-arricchiti-con-zuccheri-addizionati-aumentano-il-rischio-di-morte-cardiovascolare.
I succhi di frutta naturali al 100%, invece sono ancora ampiamente percepiti come un'opzione più sana, perché composti da zuccheri totalmente naturali e non chimicamente addizionati, ma in concreto contengono tanto zucchero e tante calorie quanto le bevande zuccherate, ed inoltre, quando assunti, i processi biochimici che ne derivano sono gli stessi di quelli delle bevande zuccherate. Per questo motivo un gruppo di ricercatori americani ha voluto indagare il ruolo dell'assunzione regolare sia delle bevande zuccherate sia dei succhi di frutta naturali nel modulare il rischio di mortalità.
Dottor Web & Mister Truffa
A cura di: Gerardo D'Amico
Occorrono meno di 500 parole per presentare il mio libro, Dottor Web & Mister Truffa (come internet ti ruba salute e soldi), chi volesse leggerlo lo trova su Amazon in versione cartacea ed eBook, su Kobo ed altre piattaforme digitali in versione elettronica. Purtroppo questo libro nasce dalla cronaca, quella drammatica di Francesco Bonifazi morto a 7 anni perché la sua otite invece di andar via in 5 giorni di un antibiotico dal costo di 4 euro e 60 centesimi è stata “curata” con l’omeopatia, due settimane strazianti poi l’encefalite, la morte. O quella di Eleonora, 17 anni quando le avevano diagnosticato una forma di leucemia che guarisce nel 90% dei casi, ma coi farmaci veri: i suoi genitori firmarono per dimetterla dall’ospedale, la portarono a morire in Svizzera “curata” col criminale metodo Hamer, vitamine, cortisone e “ricerca del trauma” per affrontare i tumori ed ogni altra malattia. O da quella della giovane madre, “curata” ad Udine sempre con la Nuova Medicina Germanica, lascia due piccoli orfani.
Il virus buono, Rizzoli 2019
A cura di: Guido Silvestri
Questa volta le “Ultimissime” non sono rappresentate da una pubblicazione scientifica ma da un libro di divulgazione. Lo abbiamo già descritto nella sezione dei libri consigliati, ma ben volentieri vi offriamo anche la presentazione da parte dell’autore.
LE 10 REGOLE D’ORO PER GARANTIRE LA SALUTE AL NOSTRO SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIO: LE NUOVE LINEE GUIDA AMERICANE
A cura di: Eleonora Morini
La prevenzione cardiovascolare è definita come una serie di interventi rivolti ad eliminare o minimizzare l’impatto delle malattie cardiovascolari (CV) e le loro conseguenze in termini di mortalità e morbilità. È, infatti, ampiamente dimostrato, attraverso studi scientifici, che il rischio CV è reversibile e, la riduzione dei diversi fattori di rischio comporta una diminuzione del numero degli eventi e della loro gravità. I fattori di rischio più comuni sono modificabili attraverso interventi che promuovano corretti stili di vita, e, là dove non fossero sufficienti, attraverso un’appropriata terapia farmacologica. Nonostante ciò la malattia CV rappresenta ancora, a livello mondiale, la principale causa di mortalità e morbilità, nonché un’importante fonte di spesa sanitaria; tutto ciò è da attribuire ad un’implementazione non ottimale delle strategie di prevenzione e ad un mancato controllo dei diversi fattori di rischio in molti adulti. Vista la rilevanza dell’argomento, le principali società americane di cardiologia (American College of Cardiology e American Heart Association), hanno appena pubblicato delle linee guida omnicomprensive di tulle le attuali conoscenze circa la prevenzione primari della malattia CV (cioè in soggetti che non hanno ancora avuto eventi CV) che possano essere da guida sia per i clinici sia per i responsabili della sanità pubblica.
Il trattamento della ipercolesterolemia con le statine e' utile anche negli anziani?
A cura di: Eleonora Morini
L’ipercolesterolemia è una patologia caratterizzata dall’aumento dei livelli di colesterolo nel sangue, che, depositandosi lungo le pareti delle arterie, ne determina il progressivo ispessimento fino alla formazione di vere e proprie placche che, ostacolando il flusso sanguigno, possono causare eventi cardiovascolari come l’infarto del miocardio, l’ictus, etc. I migliori farmaci per la terapia dell’ipercolesterolemia sono le statine che riducono i principali eventi e la stessa mortalità cardiovascolare in una popolazione vasta ed eterogenea, ma vi è incertezza sulla loro efficacia e sicurezza tra le persone di età avanzata, oltre i 65 e ancor di più oltre i 75 anni d’età. Poiché si stima che nel 2050 i soggetti oltre i 65 anni raddoppieranno di numero e rappresenteranno il 16% della popolazione totale e poiché tra loro, il 70% soffre di malattie cardiovascolari, chiarire l'utilità dell'uso di questi farmaci in tale fascia popolazione è fondamentale, sia da un punto di vista medico che economico. Per questo motivo la Società America di Endocrinologia ha commissionato lo studio che vi presentiamo, ovvero una revisione sistematica di tutti i lavori che hanno valutano gli effetti delle statine nella prevenzione primaria e secondaria delle malattie cardiovascolari, con particolare riferimento ai dati ottenuti nella popolazione più anziana. Come leggerete i dati sulla prevenzione primaria non sono conclusivi. Quello delle statine non è l’unico caso di dubbia efficacia di farmaci nella popolazione più anziana. Bisogna farsene una ragione e caso per caso il medico dovrebbe discutere il da farsi col proprio paziente.
Ulteriore evidenza contro l'uso dell’anti-epilettico valproato in gravidanza. Ma attenzione anche alle donne in età fertile
A cura di: Eleonora Morini
Il valproato è un farmaco utilizzato sia nel trattamento dell’epilessia sia in molti altri disturbi neurologici e psichiatrici. Il suo uso in gravidanza è già sconsigliato perché associato al rischio di malformazioni congenite e deficit dello sviluppo intellettivo, mentre è meno chiara la sua associazione col deficit di attenzione / iperattività (ADHD). ADHD è un disordine dello sviluppo neuro-psichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato da iperattività, impulsività, incapacità a concentrarsi, che determina una compromissione del funzionamento e dello sviluppo neurologico del paziente. Tale disordine, se non trattato, espone al rischio di sviluppare, nell’età adulta, condotte antisociali, abuso di sostanze stupefacenti e difficoltà nei rapporti interpersonali. Nello studio che vi presentiamo è stata proprio valutata l’eventuale associazione tra valproato e ADHD.
Le nuove linee guida americane sull’attivita' fisica: un inno alla vita attiva.
A cura di: Eleonora Morini
Iniziano con un’amara constatazione le nuove linee guida americane sull’attività fisica, pubblicate a novembre 2018 sulla prestigiosa rivista “JAMA”: circa l’80% degli adulti e degli adolescenti statunitensi non sono sufficientemente attivi. Il dato è particolarmente allarmante in quanto da una parte è assodato quali sono i benefici della regolare attività fisica (tabella) e dall’altra si stima che la sua assenza causi il 10% della mortalità prematura e costi, in termini di spesa sanitaria annuale, 117 miliardi di dollari all'anno.
La diagnosi di tumore si associa ad un aumentato rischio di suicidio
A cura di: Eleonora Morini
Una diagnosi di tumore rappresenta un evento sconvolgente per la vita di una persona, con severe ripercussioni anche sulla sfera emotiva e psicologica. I pazienti, infatti, possono vivere con grande disagio la nuova condizione, per paura della morte, del dolore, degli effetti collaterali dei trattamenti, di eventuali deturpazioni o della perdita di alcune funzioni. Tutto ciò può sfociare nel suicidio. Gli autori di questo studio hanno analizzato per la prima volta, su una vasta popolazione di pazienti inglesi, non solo la relazione tra diagnosi di tumore e rischio di suicidio ma anche il rischio correlato ai diversi tipi di tumore. Sebbene nei pazienti oncologici il suicidio, possa essere considerato come una causa trascurabile di morte rispetto alle altre, è altrettanto vero che queste sono morti assolutamente evitabili, “semplicemente” con un adeguato supporto psicologico. Mentre, infatti, sono stati fatti notevoli passi avanti nella diagnosi precoce e nella terapia dei tumori, pochi sono gli investimenti volti a supportare psicologicamente i pazienti oncologici. Mentre invece è ormai assodato che una migliore gestione della depressione secondaria alla diagnosi, migliora la qualità della vita, l'aderenza al trattamento ed influenza la sopravvivenza dei pazienti oncologici.
VERSO IL TRAPIANTO DEI RICORDI..... A PASSO DI LUMACA!
A cura di: Serena Pezzilli
Immaginiamo di poter trasferire i nostri ricordi in un’altra persona, o metterli da parte per poi riprenderli quando ne abbiamo bisogno….si potrebbe pensare ad un film di fantascienza!
Eppure gli ultimi risultati ottenuti da David Glanzman, neurobiologo della California-Los Angeles, sembrerebbero dimostrare che questa ipotesi possa essere molto più che semplice fantascienza. Il neurobiologo, infatti, afferma di aver trapiantato una forma molto basilare di ricordo tra due molluschi marini attraverso una semplice iniezione, trasferendo non cellule nervose, ma molecole di RNA (una molecola che trasporta l’informazione genetica).
Ma servono veramente tutti questi integratori alimentari?
A cura di: Eleonora Morini
Il mercato degli integratori alimentari non conosce crisi, anzi è in continuo aumento, tanto da valere circa 30 miliardi di dollari negli Stati Uniti, per un totale di 90.000 prodotti. Un americano su due utilizza giornalmente almeno un integratore , per lo più a base di vitamine e sali minerali; nella maggior parte dei casi come automedicazione per le indicazioni più svariate dal benessere psicofisico generale a quello di unghie e capelli, dal rafforzare il sistema immunitario al migliorare la vista, ecc.
Il fenomeno riguarda anche il nostro paese, che ne è il primo consumatore in Europa con un introito di circa 3 miliardi.
Alcool si, ma non piu' di 5-6 bicchieri di vino a settimana!
A cura di: Eleonora Morini
Che l’eccesso di alcol causi importanti danni per la salute è riconosciuto da tutte le società scientifiche e anche noi abbiamo già affrontato l’argomento (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-i-danni-dellalcol). Ciò che invece non trova uniformità di comportamento nei diversi Paesi è la dose di alcol consigliata: per esempio in Italia il Ministero della Salute raccomanda di non superare il consumo di 14-21 unità alcoliche a settimana per l'uomo e 7-14 per le donna (non in gravidanza), lo stesso vale per la Spagna ed il Portogallo, mentre in Inghilterra si consiglia di non superare le 14 per entrambi i sessi. Un’ulteriore conferma della variabilità esistente è data dal fatto che i grammi di etanolo che identificano l’unità alcolica (UA), unità di misura del consumo di alcol, non è la stessa per tutti i paesi: è di 12 gr in Italia e di 8 gr in UK. Per questo motivo d’ora in poi parleremo solo di gr di alcol e non più di unità alcoliche. Per cercare di individuare in modo più univoco la soglia del consumo di alcol associata a minor rischio di mortalità per tutte le cause e d’insorgenza di malattie cardiovascolari, gli autori dello studio che vi presentiamo, recentemente pubblicato sull’importante rivista “The Lancet”, hanno analizzato i dati di più di mezzo milione di persone.
Diabete e chili in eccesso sono responsabili di alcune forme di cancro
A cura di: Eleonora Morini
Nel mondo, la seconda causa di decessi per malattie non trasmissibili è rappresentata dai tumori, con 8,7 milioni di morti nel solo 2015. Ma ancora più preoccupante è che l’incidenza delle malattie oncologiche è in continuo aumento; infatti, nello stesso 2015 sono state effettuate ben 17,5 milioni di nuove diagnosi. Questo è in parte da ricondurre all’aumento dei fattori di rischio, tra cui sono annoverati anche il diabete ed un eccessivo indice di massa corporea, detto in Inglese "body mass index", BMI (dato dal rapporto tra il peso in chili ed il quadrato dell’altezza espressa in metri) i cui valori normali sono tra 18 e 25 Kg/m². Diversi lavori scientifici hanno, infatti, già documentato che esiste una relazione diretta tra chili in eccesso, il diabete tipo 2 (la forma più frequente, molto prevalente negli adulti) e almeno 12 tipi di tumore (di colon-retto, cistifellea, pancreas, fegato, seno, endometrio, rene, ovaie, stomaco, tiroide, esofago e mieloma multiplo). Poiché circa il 40% della popolazione mondiale ha un BMI elevato ed il 9% ha il diabete e poiché le due malattie sono strettamente connesse l’una all’altra (l’obesità è uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo del diabete tipo 2), gli autori del lavoro che oggi presentiamo hanno documentato per la prima volta quale quota parte di alcuni specifici tumori sia strettamente riconducibile a questi due fattori di rischio metabolici.
Le parole dei medici possono avere effetti sia positivi sia indesiderati, proprio come i farmaci.
A cura di: Eleonora Morini
La medicina ha fatto numerosi progressi per cui molte malattie che prima erano mortali oggi sono curabili e sono quindi divenute croniche. Ciò porta inevitabilmente all’aumento del numero dei malati cronici e rende perciò ancora più rilevante il rapporto col medico, di cui questi pazienti hanno indispensabile bisogno. Un errato modo di porsi del medico o una sua scarsa chiarezza può portare, non solo ad una difficile gestione della malattia, ma anche all’esacerbazione dei sintomi, di effetti collaterali associati all’assunzione di farmaci o, in caso d’interventi chirurgici, ad un decorso post-operatorio più doloroso e lungo. Nell’articolo che vi presentiamo, recentemente pubblicato sull’importante rivista JAMA, lo psichiatra americano Barsky A.J. ha analizzato l’effetto negativo che le parole dei medici possono avere sulla salute dei pazienti.
L’inquinamento uccide e ci costa pure un sacco di soldi.
A cura di: Eleonora Morini
L'inquinamento e i suoi effetti nocivi sull'ambiente, sul pianeta e sulla salute delle persone è certamente un elemento di grande rilevanza e, nel nostro piccolo, lo abbiamo più volte trattato in
INQUINAMENTO ATMOSFERICO ED EVENTI CORONARICI ACUTI
L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO E L’INSUFFICIENZA CARDIACA: UN NUOVO PREOCCUPANTE BINOMIO
INQUINAMENTO: CHI VIVE VICINO A STRADE MOLTO TRAFFICATE E' PIU' A RISCHIO DI DEMENZA
Incredibilmente, però, la gravità del problema continua ad essere sottovalutata dalla stragrande maggioranza dei leader politici mondiali. Per documentare i danni dell’inquinamento e aumentarne la consapevolezza, condizione necessaria per motivare e indirizzare le scelte dei vari governi, è stata istituita una commissione di oltre 40 ricercatori di vari paesi del mondo, la “Commission on Pollution and Health”. L’articolo che vi presentiamo è l’ultimo dei suoi rapporti.
L’elisir di lunga vita e' nel nostro DNA?
A cura di: Serena Pezzilli
Contrastare l’invecchiamento ha sempre rappresentato una fra le sfide principali dell’umanità. L’età, infatti, è uno dei fattori di rischio più importanti per malattie croniche quali il diabete di tipo 2, la sindrome metabolica le malattie cardiovascolari e respiratorie e molte forme di cancro. Sebbene non ci sia una misura vera e propria dell’invecchiamento biologico, uno tra i principali parametri presi in considerazione è la lunghezza dei telomeri dei globuli bianchi. I telomeri sono regioni terminali del DNA che lo proteggono dai danni fisici e che si accorciano con il tempo, rappresentando così un importante parametro d’invecchiamento biologico.
L’aborto volontario: un killer ancora a piede libero in molte parti del mondo
A cura di: Eleonora Morini
Sebbene i progressi medici consentano oggi a molte donne di effettuare un aborto volontario in tutta sicurezza, continuano ad esserci nel mondo aborti realizzati in condizioni non sicure, gravati da invalidanti complicanze o addirittura dalla morte materna, oltre che da sostanziosi oneri per le stesse donne, le loro famiglie e i sistemi sanitari. Lo studio che vi presentiamo, pubblicato sulla prestigiosa rivista “The Lancet”, ha portato alla luce la reale entità di questo problema.
Bere caffe' e' un piacere ma….fa pure bene.
A cura di: Eleonora Morini
Il caffè è una delle bevande più popolari nel mondo, si stima, infatti, che se ne bevano più di 2 miliardi di tazze al giorno. Per molti anni si è ritenuto che fosse dannoso per la salute, ma recentemente diversi studi hanno suggerito il suo effetto benefico nel ridurre sia l’infiammazione cronica, alla base di diverse patologie tra cui la malattia cardiovascolare, sia il rischio di sviluppare il diabete mellito tipo 2 (quello degli adulti, generalmente in sovrappeso). Il lavoro che vi presentiamo, è stato condotto per valutare la relazione tra consumo di caffè e mortalità in oltre 500.000 Europei.
Sherlock ha colpito ancora!
A cura di: Serena Pezzilli
Sempre più spesso la genetica entra nella nostra vita, migliorando la comprensione di diversi aspetti correlati alla nostra salute e aumentando così la capacità di curarci. Nel lavoro che presentiamo oggi, è stata utilizzata una recente tecnica d’ingegneria genetica non per trattare una malattia ma per scovare virus e batteri, meglio di come possiamo fare oggi.
Dimmi come mangi e…sapro' come ti comporterai!
A cura di: Eleonora Morini
I macro-nutrienti della dieta (proteine, carboidrati e grassi), non solo forniscono l’energia necessaria per svolgere tutte le funzioni vitali, ma sono anche in grado di influenzare alcuni processi biochimici che portano alla produzione di diversi ormoni e neurotrasmettitori, che a loro volta possono condizionare il nostro comportamento. In questo studio, recentemente pubblicato sull’importante rivista scientifica PNAS, i ricercatori tedeschi dell’Università di Lubeck, hanno analizzato la relazione tra macronutrienti assunti a colazione e il successivo comportamento sociale.
Meglio essere curati da una dottoressa piuttosto che da un dottore!
A cura di: Eleonora Morini
Le donne medico intraprendono meno frequentemente la carriera universitaria rispetto ai loro colleghi uomini , se lo fanno, ottengono meno fondi di ricerca, spesso lavorano part-time ed hanno retribuzioni inferiori, eppure pare che forniscono un’assistenza migliore ai loro pazienti. A documentarlo è uno studio pubblicato recentemente sul JAMA Internal Medicine, in cui per la prima volta si dimostra che la differenza di genere nella pratica della medicina, con i medici donne che mostrano rispetto ai colleghi maschi una maggiore aderenza alle linee guida, una maggiore empatia e maggior capacità di coinvolgere gli assistiti nella scelta terapeutica, ha anche ripercussioni concrete sulla salute dei pazienti.
Il nostro scheletro ci dice quanto mangiare
A cura di: Serena Pezzilli
Circa una ventina d’anni addietro si scoprì che il tessuto adiposo non era solo un contenitore inerte di grasso ma un vero e proprio organo endocrino con funzioni decisive per il nostro benessere e con risvolti importanti su malattie di notevole impatto come obesità, diabete e cancro, tanto per citare le più importanti. Adesso pare essere la volta dell’osso, non più solo organo di sostegno ma anche capace di altre funzioni, compresa quella di regolare il nostro appetito.
Dimmi con che mezzo via a lavorare e ti diro' quanto e' a rischio la tua salute!
A cura di: Eleonora Morini
L'esposizione all'inquinamento atmosferico è diventato, a livello mondiale, uno dei principali problemi che la sanità pubblica si trova ad affrontare, per le gravi conseguenze che può avere su diversi aspetti della salute, che vanno dall’aumento del rischio di sviluppare tumore a quello di avere malattie cardiovascolari (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-inquinamento-atmosferico-ed-eventi-coronarici-acuti; http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-linquinamento-atmosferico-e-linsufficienza-cardiaca-un-nuovo-preoccupante-binomio) o respiratorie o addirittura di soffrire di alcune forme di demenza (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-inquinamento-chi-vive-vicino-a-strade-molto-trafficate-e-piu-a-rischio-di-demenza). Nelle grandi città il maggior responsabile dell’inquinamento atmosferico è il traffico dei mezzi di trasporto con le sue differenti e nocive immissioni atmosferiche. Particolarmente esposti risultano quindi essere i pendolari, il cui numero è in continuo aumento per motivi sia di lavoro sia di studio. Vi presentiamo una revisione sistemica della letteratura scientifica effettuata per valutare se i diversi mezzi di trasporto usati espongono i pendolari a diversi livelli di rischio per la loro salute...
La Stele di Rosetta del genoma umano
A cura di: Serena Pezzilli
Agli inizi degli anni 2000, dopo aver ottenuto la prima sequenza del genoma umano si diffuse l’idea che in breve si sarebbero capite molte cose su come funziona il nostro organismo e del perché ci ammaliamo. Era, chiaramente, non vero. La sequenza del nostro DNA nasconde misteri che necessitano ancora di essere svelati e, quando noti, meglio capiti. L’articolo che proponiamo oggi porta un esempio al riguardo sottolineando l’importanza della parte non codificante del genoma, cioè di quella parte da cui non dipende direttamente la sequenza di aminoacidi che caratterizzano le proteine e il loro funzionamento.
Ipertensione arteriosa: un problema per circa un miliardo di persone
A cura di: Eleonora Morini
Quando la pressione del sangue nella arterie supera costantemente i 140/90 millimetri di mercurio (mm Hg) si parla di ipertensione arteriosa, che è il principale fattore di rischio per tutte le malattie cardiovascolari e per l’insufficienza renale cronica. Per questo motivo le maggiori società scientifiche mondiali hanno intrapreso una serie di attività atte a ridurre il numero dei soggetti ipertesi. Nella Word Health Assembly del 2013, tra i primi dieci obiettivi prefissati per contrastare la diffusione delle malattie non trasmissibili, c’era quello di ridurre il numero dei soggetti ipertesi del 25% nel 2025, rispetto al 2010. Lo studio appena pubblicato che presentiamo oggi fornisce dati epidemiologici sull’entità del problema, a livello mondiale, e il suo trend negli ultimi 40 anni, dato fondamentale per capire l’efficacia degli interventi finora effettuati.
Attenzione agli integratori alimentari. Monitoriamone la sicurezza come si fa con i farmaci.
A cura di: Francesca Menniti e Roberto De Cas
L’idea prevalente è che gli integratori alimentari, al peggio, siano inutili. Purtroppo, a volte possono anche essere dannosi. Leggete questo esempio.
Inquinamento: chi vive vicino a strade molto trafficate e' piu' a rischio di demenza
A cura di: Eleonora Morini
La demenza, il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla sono le malattie neurodegenerative più comuni e hanno effetti devastanti sulla vita delle singole persone, delle loro famiglie e sull’intera società. A livello mondiale, ne sono affette circa 55 milioni di persone, numero destinato a crescere per l’aspettativa di vita sempre più lunga. Non essendoci cure risolutive per tali patologie l’identificazione di eventuali fattori di rischio modificabili è fondamentale. Studi preliminari sugli animali hanno dimostrano un possibile ruolo dell’inquinamento atmosferico e acustico sull’insorgenza di deficit cognitivi, sui processi infiammatori e degenerativi a livello neurologico. Il vivere più o meno vicino ad una strada trafficata crea un ideale modello sperimentale per valutare se anche nell’uomo l’inquinamento può condizionare il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative.
Una bugia tira l'altra e il nostro cervello ci si abitua!
A cura di: Eleonora Morini
La disonestà è parte integrante del nostro vivere in società: condiziona la politica, la finanza e le relazioni interpersonali.
E’ esperienza comune che da bugie di piccolo conto si arriva progressivamente a trasgressioni sempre più importanti e gravi, tanto che Carlo Goldoni scriveva nella sua commedia “Il bugiardo: “le bugie son per natura così feconde, che una ne suole partorir cento”.
In questo studio gli autori hanno cercato di capire se quest’osservazione derivata dall’esperienza comune ha una base scientifica e quali possano esserne i meccanismi responsabili.
Quanto ci costa l’inattivita' fisica?
A cura di: Eleonora Morini
La sedentarietà si sta diffondendo in tutto il mondo, soprattutto nei paesi sviluppati, diventando uno dei principali problemi per la nostra salute. Ci sono infatti forti evidenze scientifiche che la identificano come uno dei principali fattori di rischio per obesità, diabete mellito di tipo 2 e malattie cardiovascolari, nonché di tumore del seno e del colon, di cui abbiamo già detto su http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-la-pandemia-dellinattivit-fisica. Di conseguenza è anche responsabile sia di elevati oneri economici per la Sanità, per costi diretti e indiretti, sia di perdita di benessere psicofisico. Tuttavia, al momento non ci sono studi in grado di quantificare con precisione l’onere economico, e come sappiamo ciò è invece fondamentale per motivare i governi nel destinare risorse economiche alle specifiche problematiche. Il lavoro che vi presentiamo è il primo che ha quantificato questo costo, a livello mondiale.
Sovrappeso e obesita': possibili cause di morte prematura
A cura di: Eleonora Morini
La prevalenza del sovrappeso e dell’obesità è elevata e continua ad aumentare, tanto da essere considerata come una vera e propria pandemia (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-il-30-della-popolazione-mondiale-pesa-troppo-una-vera-pandemia). L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che più di 1,3 miliardi di adulti sono in sovrappeso, ovvero hanno un indice di massa corporea (detto in Inglese "body mass index", BMI), dato dal rapporto tra il peso in Kg ed il quadrato dell’altezza espressa in metri, compreso tra 25 e 30 Kg/m², e circa 600 milioni sono francamente obesi (BMI ≥30 kg/m²). Gli effetti negativi sulla salute di un eccesso di peso corporeo e il suo legame con patologie croniche come il diabete, le malattie cardiovascolari, respiratorie e il cancro (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-lobesit-aumenta-il-rischio-di-alcuni-tumori) sono stati ben documentati. I dati sulla morte prematura imputabile solo ai chili in eccesso sono invece più contrastanti e spesso riguardano popolazioni specifiche di singoli continenti e non ci forniscono una visione globale di tale fenomeno. Un importante miglioramento delle conoscenze scientifiche in tal senso, deriva dal lavoro che vi presentiamo, frutto della collaborazione tra 500 ricercatori di 32 Paesi, dell’Asia, Australia, Nuova Zelanda, Europa e Nord America.
Le riforme democratiche fanno bene anche alla salute
A cura di: Eleonora Morini
E’ opinione comune che i diversi regimi politici possono influenzare lo stato di salute dei cittadini. In particolar modo si ipotizza che la democrazia è il regime con maggiori benefici, perché favorisce le politiche sanitarie, stimola la crescita economica, aumenta il reddito e di conseguenza migliora la salute. Non esistono però evidenze scientifiche che supportino in modo chiaro e sicuro tale tesi. In questo articolo appena pubblicato su “Lancet Global Health” gli autori hanno utilizzato un nuovo metodo per verificare se la transizione politica da un regime in uno stato democratico possa influenzare la salute dei suoi cittadini, valutata secondo il parametro della mortalità infantile.
Ripercussioni della crisi economica sulla mortalita' per tumore
A cura di: Eleonora Morini
La crisi economica, che dal 2008 ha investito e travolto il mondo, la si può misurare in termini di riduzione di domanda e offerta, disoccupazione ma anche beni e servizi persi, tra cui spiccano quelli in ambito sanitario, causati dalle forti restrizioni sulla spesa pubblica in questo settore. Diversi studi hanno suggerito che questi cambiamenti macroeconomici hanno causato un aumento del tasso di mortalità per malattie cardiovascolari e suicidi. Fino ad oggi, non vi erano invece dati sulla crisi economica e decessi per tumore, che rimane una delle principali cause di morte nel mondo. Nel solo 2012, infatti, sono stati diagnosticati più di 14 milioni di nuovi casi di cancro, cui sono state correlate circa 8 milioni di morti. Lo studio che vi presentiamo è il primo ad aver analizzato l’impatto sulla mortalità per patologie oncologiche della disoccupazione e della riduzione della spesa pubblica destinata alla sanità.
Anti-infiammatori ed antidolorifici e rischio cardiovascolare
A cura di: Eleonora Morini
I farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS), cioè i farmaci antiinfiammatori che non contengono cortisonici, rappresentano la terapia cardine nella gestione dell’infiammazione di patologie muscolo-scheletriche e di altre condizioni dolorose. Nonostante il crescente numero di lavori che ne documentano la pericolosità cardiovascolare, soprattutto in persone con patologia cardiaca preesistente, essi costituiscono una delle classi di farmaci più frequentemente utilizzate e l’attenzione sui loro possibili effetti indesiderati rimane ancora oggi focalizzata soprattutto sul rischio di sanguinamenti gastro-intestinali. La Società Europea di Cardiologica ha effettuato recentemente una revisione della letteratura per chiarire la pericolosità cardiovascolare di questa classe di farmaci, stilando delle linee guida per il loro utilizzo
Perche' poche donne intraprendono la carriera accademica in medicina?
A cura di: Eleonora Morini
Sebbene negli ultimi anni gli iscritti a medicina siano equamente distribuiti tra donne e uomini, sono per lo più questi ultimi a rimanere in ambito universitario, dedicandosi maggiormente alla carriera accademica. Lo studio che vi presentiamo rappresenta una revisione della letteratura degli ultimi 30 anni per cercare di capire quali possono essere le cause che spingono le donne a non intraprendere tale percorso.
La felicita' puo' influenzare la mortalita'?
A cura di: Eleonora Morini
Poiché la felicità ed in generale il benessere psico-fisico sono aspetti fondamentali della qualità della vita e forse della longevità, negli ultimi anni molti scienziati si sono occupati del rapporto fra felicità e longevità. In particolar modo, da studi preliminari, è emersa l’ipotesi che la felicità possa direttamente influenzare la mortalità; si è ipotizzato che potrebbe farlo riducendo la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, o tramite il miglioramento del sistema immunitario. Tali ipotesi sono però frutto di studi che non hanno tenuto in considerazione fattori che possono essere essi stessi causa sia di infelicità sia di mortalità; basti pensare all’esistenza di patologie che causano sia infelicità sia riduzione dell’aspettativa di vita, oppure alla presenza di una patologia del tono dell’umore che spesso si associa ad abuso di alcool, inattività fisica ed altre malsane abitudini che, a loro volta, aumentano il rischio di morte. Lo studio che vi presentiamo è stato disegnato proprio per valutare l’esistenza di un rapporto di causa-effetto; per valutare, cioè, se la felicità, al netto dello stato di salute preesistente e dello stile di vita, possa influenzare direttamente il rischio di morte.
La diffusione dell’epatite B nel mondo
A cura di: Eleonora Morini
L’epatite cronica da virus B (HBV) continua ad essere un grave problema in tutto il mondo, nonostante la disponibilità di un vaccino efficace e di una terapia spesso risolutiva. Infatti, circa un quarto delle persone contagiate da HBV svilupperà il cancro del fegato o la cirrosi epatica. Il rischio di un’infezione cronica, in seguito al contagio, aumenta con il diminuire dell’età, raggiugendo il 90% quando l’infezione è contratta in età perinatale. Per intraprendere adeguate misure di controllo e prevenzione di una patologia è necessario conoscerne la prevalenza (percentuale di soggetti affetti in un dato momento, rispetto alla popolazione generale), dato che attualmente, per l’epatite cronica da HBV, non è disponibile per molti paesi. Lo studio che vi presentiamo ha cercato di colmare questa lacuna.
I danni dell’alcol
A cura di: Eleonora Morini
Circa il 4% di tutti i danni alla salute sono dovuti all’uso dell’alcol, che rappresenta il terzo più
importante fattore di rischio, modificabile, per morte e disabilità in tutto il mondo. La relazione tra l’alcol e le diverse condizioni morbose è complessa, dipende dalla quantità e la durata della sua assunzione, ed inoltre potrebbe essere influenzata anche da fattori sociali e comunitari. I dati che abbiamo attualmente a disposizione sono stati ottenuti tramite studi condotti solo in paesi ad elevato reddito. Non ci sono informazioni riguardanti i paesi a medio e basso reddito, dove invece il consumo di alcol sta aumentando, sia per il crescente benessere sia per la pressione sempre maggiore dell’industria che produce bevande alcoliche. Andrew Smyth e collaboratori hanno cercato di colmare queste lacune effettuando l’imponente imponente studio che vi presentiamo.
Contrastare le malattie non trasmissibili senza l’intervento di medici ed infermieri? E’ possibile e si risparmia pure!
A cura di: Eleonora Morini
Abbiamo già dedicato attenzione alle patologie non trasmissibili (malattie cardiovascolari e respiratorie croniche, obesità, diabete, cancro) su http://www.fivehundredwords.it/argument/it-le-malattie-non-trasmissibili-rappresentano-un-problema-di-ordine-planetario. Esse rappresentano oggi il principale rischio per la salute, essendo responsabili di circa 35 milioni di decessi ogni anno che rappresentano il 60% di tutti i decessi a livello mondiale e l’80% di quelli nei Paesi a basso e medio reddito. Quasi i 4/5 delle malattie non trasmissibili potrebbero essere prevenuti eliminando alcuni fattori di rischio ed individuando i soggetti maggiormente predisposti. L’organizzazione mondiale della sanità ha quindi redatto dei documenti che forniscono indicazione per rafforzare le iniziative di sorveglianza, prevenzione e gestione delle malattie non trasmissibili. Purtroppo, proprio nei paesi a medio-basso reddito, l’inadeguatezza delle risorse economiche e del personale medico ed infermieristico rende inapplicabili queste iniziative. Si comincia ad intravedere la possibilità di aggirare l’ostacolo della carenza di personale specializzato coinvolgendo nel lavoro di prevenzione altre figure professionali. Il lavoro che vi presentiamo è pionieristico in tal senso e fornisce un ottimo spunto per affrontare in modo efficace la problematica.
Ascoltare musica fa bene sempre, anche in ospedale
A cura di: Eleonora Morini
Tutti abbiamo potuto constatare che la musica ha un effetto positivo sul nostro stato d’animo, tanto che nel XVI secolo Martin Lutero affermava ”il mio cuore…è stato spesso confortato e rigenerato dalla musica quando malato e stanco”. Ma questo riguarda solo la nostra vita privata o può accadere anche quando siamo in ospedale? Già nel 1914 veniva descritto il beneficio che i pazienti potevano trarre ascoltando musica nel periodo post operatorio, momento particolarmente delicato e difficile. Sebbene successivi studi abbiamo confermato questo dato, la musica non viene usata di routine nel post-operatorio, forse per scetticismo o semplicemente per ignoranza. Gli autori dello studio che vi presentiamo, si sono quindi proposti di rivisitare il problema, effettuando una analisi complessiva su tutti gli studi fino ad ora pubblicati, fornendo così un dato più certo al riguardo.
Lavorare troppo fa male!
A cura di: Eleonora Morini
Negli ultimi 15 anni sono stati pubblicati diversi lavori scientifici che hanno indagato sul possibile ruolo dell’iper-lavoro sul rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. I risultati non sono stati concordi nel chiarire la questione, anche per una serie di limitazioni nei disegni degli studi. Per cercare di fare luce sull’argomento, alcuni ricercatori britannici hanno effettuato una revisione sistematica della letteratura e hanno analizzato insieme tutti i dati presenti, cercando così, di rispondere definitivamente alla domanda: lavorare troppo ci fa rischiare di più di avere l’ictus o l’infarto del miocardico?
Il placebo: un nuovo farmaco?
A cura di: Eleonora Morini
Il placebo è una sostanza priva di attività farmacologica specifica, somministrata come “controllo” negli studi clinici, per testare l'efficacia terapeutica di un nuovo farmaco, oppure a particolari pazienti, per ottenere potenziali benefici psicologici. Infatti, a volte, una pillola di “niente” (zucchero, talco), può far guarire quanto una medicina vera: è questo il famoso effetto placebo. Tale effetto si può avere soprattutto in disturbi che hanno una forte componente psicologica, dal mal di testa alla depressione, dalla sindrome del colon irritabile al dolore. I ricercatori negli ultimi anni si stanno interessando anche a quest’aspetto della medicina, approfondendone le basi biologiche. Addirittura, gli autori dell’articolo di oggi propongono che il placebo entri di diritto nell’assistenza medica, come strumento importante per alleviare i sintomi in alcuni casi.
La rapida diffusione dei cannabinoidi sintetici
A cura di: Eleonora Morini
I cannabinoidi sintetici rappresentano una vasta famiglia di molecole non correlate tra di loro, ma funzionalmente simili al principio attivo della cannabis. Sono stati creati in laboratori di ricerca nel 1980, con l’obiettivo di individuare molecole che conservassero il potere antidolorifico della cannabis, privandole però dei suoi tipici effetti psicoattive, senza però ottenere tale risultato. Successivamente sono entrati nel mercato dell’illecito e, a partire dal 2008, sono diventati una nuova droga “di tendenza”, in grado di causare danni molto gravi alla salute fino, al decesso, come documenta l’articolo recentemente pubblicato dal “New England Journal of Medicine”.
Ricercatori clinici super-produttivi. Mhhh, forse qualcosa non torna!
A cura di: Vincenzo Trischitta
Dopo alcuni decenni in cui il diabetologo ha avuto a disposizione solo pochi farmaci per trattare l’iperglicemia, l’ultimo ventennio (e soprattutto l’ultimo decennio) ha visto un’esplosione di nuovi farmaci. Come detto più volte, la commercializzazione di un nuovo farmaco passa dall’esecuzione di studi clinici randomizzati e controllati che dovrebbero garantire conoscenze sull’efficacia ed i rischi connessi al trattamento che siano scientificamente oggettive ed imparziali: la cosiddetta “evidence based medicine” (medicina basata sulle evidenze). Un potenziale rischio, in tal senso, è rappresentato da eventuali conflitti d’interessi conseguenti ai legami tra i ricercatori e le industrie farmaceutiche che producono il nuovo farmaco. Il lavoro che oggi riportiamo ha studiato la distribuzione e la provenienza degli autori dei trial clinici sui farmaci per diabetici effettuati negli ultimi 20 anni. Il quadro che vien fuori, per quanto commentato con molto equilibrio, non è dei più tranquillizzanti. Onore al merito, comunque, sia agli Autori che al British Medical Journal per aver portare il loro contributo ad affrontare una faccenda così spinosa ed importante per la ricerca clinica.
Curare il diabete costa sempre di piu'. Speriamo ne valga la pena!
A cura di: Vincenzo Trischitta
Il diabete, specie quello di tipo 2 (quello degli adulti, generalmente obesi o sovrappeso) è una malattia che si è modificata sotto i nostri occhi nelle ultime 2-3 decadi. La sua prevalenza è esplosa in tutto il mondo, ben oltre tutte le aspettative; insorge prima, ormai anche nei giovani o giovanissimi che hanno quindi davanti moltissimi anni di malattia; può essere trattato con molti più farmaci, tutti molto più costosi di quelli tradizionali anche se non di tutti si hanno informazioni definitive sugli effetti a lungo termine. Ciò pone, inevitabilmente, seri problemi di ordine economico. Lo studio che qui presentiamo ha proprio preso in esame come si sono modificati i costi sanitari negli USA legati ai pazienti diabetici adulti nel periodo 1987-2011.
Un mondo senza tabacco
A cura di: Vincenzo Trischitta
Qualche settimana addietro, Nicando Durante, il chief executive della British American Tobacco si dichiarava entusiasta dei risultati economici del 2014 che testimoniano una crescita del gruppo del 2.8%. E infatti, nello scorso anno sono state vendute ben 667 miliardi di sigarette, 197 nell’Asia orientale e 227 tra l’Europa, il Medio Oriente e l’ Africa. E questo sul versante economico. E se invece parliamo della salute della gente? Il Lancet lancia una campagna per un mondo senza tabacco, iniziando col pubblicare una miniserie di tre articoli, presentati da un editoriale (http://www.thelancet.com/pdfs/journals/lancet/PIIS0140-6736(15)60512-8.pdf)
che qui riassumiamo.
Disoccupazione e suicidi
A cura di: Vincenzo Trischitta
Studi precedenti hanno suggerito un’associazione fra disoccupazione e suicidi. Lo studio che presentiamo oggi ha analizzato la questione in profondità, prendendo in esame il rapporto temporale fra i due fenomeni. I nostri politici, i nostri sindacalisti, i nostri confindustriali conoscono questi studi?
Gli stakanovisti sono a maggior rischio di eccedere con gli alcolici
A cura di: Eleonora Morini
L’abuso di alcol nei paesi ad elevato reddito è molto diffuso: una persona su quattro ne introduce una eccessiva quantità, che mette a rischio la propria salute, e una su dieci ne ha una vera e propria dipendenza. Già se si superano 14 drink a settimana per le donne e 21 drink a settimana per gli uomini si rischiano malattie epatiche, cardiovascolari, cancro, disturbi mentali, oltre che incidenti stradali. E’ stata già descritta una associazione tra le molte ore di lavoro e il rischio di consumo eccessivo di alcol, ma si trattava di studi di piccole dimensioni. Il lavoro che vi presentiamo ha cercato, aumentando la numerosità del campione studiato, di chiarire questo legame.
Come combattere l’inattività fisica per contrastare le malattie non trasmissibili
A cura di: Eleonora Morini
Le malattie non trasmissibili sono diventate la maggiore causa di mortalità e disabilità nel mondo (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-il-30-della-popolazione-mondiale-pesa-troppo-una-vera-pandemia; http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-come-sono-cambiate-le-cause-di-morte-nel-periodo-1990-2013 ) e sono quindi una delle principali preoccupazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Tanto che questa, nell’ambito del suo Piano d’Azione 2013, si è posta come obiettivo quello di ridurre entro il 2025 del 25% la mortalità precoce per malattie cardiovascolari, diabete, tumori e malattie respiratorie croniche. A tale scopo ha individuato 4 fattori di rischio su cui impostare la prevenzione: fumo, abuso di alcolici, dieta poco salutare e inattività fisica. Per quanto riguarda quest’ultimo, l’obiettivo è di aumentare di almeno un 10% le persone che fanno un’attività fisica adeguata, intesa come almeno 150 minuti a settimana di attività moderata. Ma quest’obiettivo è realistico? L’articolo che vi presentiamo suggerisce un obiettivo meno ambizioso, ma più facilmente raggiungibile e, comunque, efficace.
Il 30% della popolazione mondiale pesa troppo: una vera pandemia
A cura di: Eleonora Morini
E’ stato stimato che in un solo anno, e precisamente nel 2010, il sovrappeso e l’obesità hanno causato circa 3,4 milioni di morti. La lotta ai chili in eccesso, visto l’aumento della prevalenza di obesità ed i conseguenti rischi per la salute, è diventata una delle maggiori sfide della sanità globale. Per aiutare i diversi Paesi ad impostare un’adeguata azione di contrasto è fondamentale conoscere l’entità del problema. Vi presentiamo i dati prodotti nell’ambito dello Studio “Global Burden of Disease Study 2013” di cui abbiamo già parlato, a proposito della mortalità globale (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-come-sono-cambiate-le-cause-di-morte-nel-periodo-1990-2013).
Come sono cambiate le cause di morte nel periodo 1990-2013
A cura di: Eleonora Morini
La conoscenza delle principali cause di morte nei due sessi e nelle diverse fasce di età e della tendenza delle più frequenti patologie, è fondamentale per formulare adeguate politiche sanitarie sia a livello mondiale sia dei singoli paesi. Il Global Burden of Disease Study 2013, evoluzione del GBD 2010, di cui abbiamo già parlato (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-le-malattie-mentali-e-i-disturbi-da-abuso-di-sostanze-rappresentano-un-grave-problema-di-salute-in-tutto-il-mondo; http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-gli-oppioidi-sono-le-droghe-che-causano-maggiore-dipendenza-e-disabilit), si pone proprio come scopo, grazie alla collaborazione di ricercatori di numerose nazioni, quello di valutare l’impatto delle patologie in termini di mortalità e disabilità nel mondo. Vi presentiamo un articolo recentemente pubblicato da questo consorzio sulla rivista The Lancet.
Emergenza salute tra i “senza tetto”
A cura di: Eleonora Morini
Avere una casa è un bisogno fondamentale, tuttavia, in una qualsiasi notte in Europa o negli Stati Uniti, circa 1 milione di persone dorme all’aperto: sono i senzatetto. Le cause per cui molte persone si trovano a vivere senza una fissa dimora sono complesse e dovute all'interazione tra fattori individuali (abuso di sostanze, malattie mentali, storia personale di violenza, povertà, conflitti familiari, etc) e strutturali (costi elevati delle abitazioni, poche opportunità di lavoro per personale non qualificato, assenza di supporto economico, etc). Questa popolazione di persone è aumentata negli ultimi anni nei paesi Occidentali, solo in Italia sono circa 50.0000, e l’età media si è ridotta, ed è attualmente di circa 50 anni. La rivista The Lancet ha pubblicato nel numero di ottobre 2014 una serie di articoli sulla salute dei senzatetto, facendo emergere in modo drammatico l’elevata mortalità e morbilità che li affligge e dando una serie di suggerimenti per risolvere tale drammatica realtà. L'articolo che presentiamo è rivolto ad aspetti specificamente epidemiologici del fenomeno.
Resoconto dei primi 9 mesi di epidemia da virus Ebola nell’Africa Occidentale
A cura di: Eleonora Morini
La malattia nota come Ebola, più propriamente “Febbre Emorragica da virus Ebola”, è una malattia infettiva, virale, caratterizzata da elevata aggressività. La specie Ebola-Zaire, interessata nell’epidemia attuale, è stata scoperta nel 1976, nella Repubblica Democratica del Congo, nei pressi del fiume Ebola, da cui il nome. La trasmissione avviene tramite contatto con fluidi corporei di animali infetti. Il serbatoio naturale sono i pipistrelli della frutta che a loro volta possono infettare l’uomo direttamente o, indirettamente, trasmettendo il virus a scimmie, gazzelle ed antilopi. Il contagio può avvenire anche da liquidi biologici o da oggetti da questi contaminati, di persone infette ma solo se sintomatiche.
L’attuale epidemia ha mostrato un andamento più esplosivo di quelle passate, che hanno riguardato solo poche centinaia di soggetti. Ad agosto 2014 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) l’ha dichiarata “un’emergenza sanitaria di interesse internazionale”. Da allora numerosissimi articoli sono stati pubblicati sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali; ve ne presentiamo uno che fornisce la prima analisi epidemiologica completa di dati provenienti dall’Africa Occidentale.
Rapporto Mondiale sull’Alzheimer 2014: dito puntato sulla prevenzione
A cura di: Eleonora Morini
La demenza, tra cui il morbo di Alzheimer, rappresenta una grade sfida per la sanità pubblica mondiale. Si stima, infatti, che circa 44 milioni di persone ne sono affetti, numero destinato a raddoppiare entro il 2030 e triplicare entro il 2050 con costi di circa 604 miliardi di dollari nei soli Stati Uniti D’America. Inoltre, per adesso queste malattie restano incurabili, non esistono cioè terapie specifiche in grado di controllarle o guarirle. Per tutte queste ragioni, il Rapporto mondiale sull’Alzheimer di quest’anno, stilato dall’Alzheimer's Disease International (ADI), Federazione internazionale di esperti sull’argomento, ha focalizzato l’attenzione sui fattori in grado di prevenire la malattia, sui quali possiamo efficacemente intervenire.
Ruolo dell’ipertensione arteriosa sull’insorgenza di diverse malattie cardiovascolari
A cura di: Eleonora Morini
L’ipertensione arteriosa è definita come una pressione arteriosa massima, o sistolica, costantemente ≥ 140 mm Hg e/o una pressione minima, o diastolica, costantemente ≥ 90 mm Hg. E’ stato stimato che circa 9 milioni di decessi ogni anno sono attribuibili proprio all’ipertensione arteriosa. E’ infatti stato accertato il suo ruolo nell’indurre ictus cerebri ed infarto del miocardio fatali. Non è invece noto se possa indurre altri eventi cardiovascolari non fatali e come possa modificare l’aspettativa e la qualità della vita. Lo studio che vi presentiamo ha fatto maggiore chiarezza sull’argomento e soprattutto ha evidenziato come la pressione sistolica e diastolica colpiscano diversamente l’apparato cardiocircolatorio.
In aumento la violenza sessuale sulle donne fuori dalle mura domestiche
A cura di: Eleonora Morini
La violenza sessuale sulle donne ha gravissime conseguenze non solo sulla salute fisica, ma anche su quella psichica e sulla qualità della vita. Se tale abuso viene commesso dal partner (convivente, marito o fidanzato) sono più frequenti i danni psicologici come depressione, abuso di sostanza stupefacenti e tentativi di suicidio, in quanto la molestia tipicamente si perpetua nel tempo e mina il rapporto di fiducia con l’altro sesso. Se invece la violenza è compiuta da un estraneo, o in generale da un uomo che non sia il partner, sono più rilevanti le ripercussioni fisiche: aumenta il rischio di malattie sessualmente trasmesse, c’è una maggiore probabilità nell’utilizzo di armi e maggiore aggressività, con conseguenti ferite e traumi gravi o addirittura mortali. Il lavoro che vi presentiamo ha effettuato un’analisi sistematica di tutta la letteratura disponibile per fornire dati solidi sulla prevalenza della violenza sulle donne, per mano di estranei. Dati fondamentali, finora non disponibili, per capire l’entità del problema e permettere alle autorità competenti di impostare politiche di prevenzione e contrasto. Adesso, non ci sono più scuse per non affrontare seriamente il problema!
L’obesità aumenta il rischio di alcuni tumori
A cura di: Eleonora Morini
La comprensione degli effetti dell’adipe sulle principali patologie non è mai stata così urgente, dato il rapido aumento del sovrappeso e dell’obesità. Il parametro utilizzato nella pratica clinica per definire tali condizioni è l’indice di massa corporea, in inglese BMI (Body Mass Index), che viene calcolato dividendo il peso (espresso in Kg) per il quadrato dell’altezza (espressa in metri). Avere un BMI compreso tra 25 e 29,9 significa essere in sovrappeso, averlo pari o maggiore di 30 significa essere obesi. Diversi studi hanno suggerito che un elevato BMI può essere associato con un maggior rischio di sviluppare patologie neoplastiche, lasciando però aperte molte questioni, a causa della loro scarsa numerosità e di disegni sperimentali non ottimali. Lo studio che vi presentiamo è stato studiato per superare questi ostacoli metodologi e chiarire, finalmente, la relazione tra eccesso di adipe e neoplasie.
La nicotina può facilitare la dipendenza da droghe pesanti
A cura di: Eleonora Morini
Il dibattito sulle sigarette elettroniche (e-cigarettes) è attualmente accesissimo: i pro ed i contro degli scienziati si intersecano con gli interessi delle multinazionali. Inoltre, come già accennato, tra i giovani, anche non fumatori di sigarette, sta diventando uno status symbol (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-un-po-di-chiarezza-sulle-sigarette-elettroniche).
Gli autori dell’articolo che vi presentiamo, si sono da molto tempo occupati di chiarire i meccanismi con cui la nicotina può fungere da droga di ingresso per marijuana e cocaina. In questo articolo cercano di ripercorrere tutti i lavori scientifici relativi a questo effetto, con la volontà dichiarata di allertare la sanità pubblica sul potenziale danno che la dilagante popolarità delle e-cogarettes può causare.
Aggiungere le calorie nei menu dei ristoranti potrebbe aiutarci a mangiare meglio
A cura di: Eleonora Morini
Secondo i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dal 1980 ad oggi l’obesità è quasi raddoppiata nel mondo: parliamo di circa 1,5 miliardi di adulti con eccesso ponderale, e di questi circa un terzo sono francamente obesi. Obesità e sovrappeso, prima considerati problemi solo dei paesi ricchi, sono ora in crescita anche nei paesi a basso e medio reddito, e sono ormai riconosciuti come veri e propri problemi di salute pubblica, essendo responsabili di circa 2,8 milioni di morti l’anno. Rappresentano, cioè, la quinta causa di decessi, incrementando non solo il rischio di malattie cardiovascolari (infarto, ictus) e metaboliche (diabete), ma anche di alcuni tipi di tumore e patologie respiratorie. Inoltre si sta assistendo all’importante aumento dell’obesità infantile, condizione che predispone all’obesità anche nell’età adulta.
Inserire le calorie nei menu dei ristoranti, accanto al prezzo, potrebbe essere un aiuto per combattere questa epidemia, integrato ovviamente in un sistema più ampio di educazione alimentare e di promozione di uno stile di vita sano.
Individuato un nuovo gene che aumenta il rischio di sviluppare il cancro della mammella.
A cura di: Eleonora Morini
La genetica svolge un ruolo determinante nei casi di tumore al seno che insorgono in giovane età. Si tratta di mutazioni in grado di aumentare moltissimo il rischio di sviluppare questa malattia rispetto alla popolazione generale. Fino ad ora dati certi si avevano per i geni BRCA1 e BRCA2. Lo studio che presentiamo oggi, compiuto grazie alla collaborazione di 14 gruppi di ricerca sparsi in tutto il mondo, tra cui anche alcuni italiani, mette in luce in maniera definitiva il ruolo di un nuovo gene: PALB2.
Le emozioni condivise nei social networks sono contagiose
A cura di: Eleonora Morini
L’esperienza personale, ma anche i lavori scientifici, ci confermano che il nostro umore è condizionato da quello di amici o conoscenti con cui interagiamo direttamente. Non è altrettanto chiaro se tale “contagio” emotivo sia da ricondurre solo ad espressioni e frasi oppure siano necessari anche segnali non verbali (per esempio espressioni del volto, tono della voce, atteggiamento del corpo, etc). La scienza questa volta si è rivolta ai social networks, e nel caso specifico a Facebook, per trovare una risposta. Questo lavoro, condotto con lo scopo di valutare il contagio emotivo attraverso i social network, ha scatenato non poche polemiche, perchè effettuato su un campione di utenti ignari di essere sottoposti ad uno studio, essendo stato ritenuto sufficiente il loro generico consenso all’accettazione dei termini d’uso del social network, espresso all’atto dell’apertura dell’account.
Individuata l’area del cervello che influenza la dipendenza da gioco d’azzardo
A cura di: Eleonora Morini
Il gioco d’azzardo è una pratica molto diffusa e spesso, da semplice passatempo, può diventare una vera e propria dipendenza, una patologia. Si parla in questo caso di ludopatia, rientra nei disturbi del comportamento ed è dovuta all’istaurarsi di processi psicologici distorti. Esempi tipici di queste distorsioni cognitive sono la convinzione che: 1) i risultati consecutivi recenti abbiano minori probabilità di ripetersi; 2) al contrario, i risultati che non si sono recentemente verificati siano più probabili: esistano le "vincite mancate per un soffio" (che in realtà non sono altro che perdite).
Questo studio ha cercato di capire quali possono essere le aree cerebrali che condizionano le convinzioni patologiche alla base della ludopatia.
La discendenza genetica africana è associata a livelli più elevati di glicemia.
A cura di: Vincenzo Trischitta
E’ chiaro ormai da molti che negli USA i neri di origine africana siano affetti da un maggior rischio di sviluppare il diabete. Quello che non si sapeva era se ciò fosse attribuibile a vere differenze genetiche o ad altri aspetti, inclusi quelli socio-economici. Lo studio che presentiamo oggi, appena pubblicato sulla rivista ufficiale della società diabetologica europea, ha affrontato la questione analizzando un campione multirazziale, composto di Neri, Ispanici e Bianchi dell’area urbana di Boston.
Un po’ di chiarezza sulle sigarette elettroniche
A cura di: Eleonora Morini
L’utilizzo delle sigarette elettroniche, note anche come e-cigarettes, è duplicato in un solo anno. Si tratta di dispositivi elettronici che, in seguito a riscaldamento, producono una soluzione inalabile a base di glicole propilenico, glicerolo, sostanze aromatizzanti; inoltre può essere presente o meno nicotina. Sono nati con l’obiettivo di aiutare i fumatori a smettere di fumare, mantenendo però le mimiche e le percezioni sensoriali delle “bionde”. Stanno diventando invece uno status symbol che addirittura avvicina molti giovani, non fumatori, al fumo. Quest’articolo fa il punto su cosa sappiamo sulle sigarette elettroniche e sulla loro utilità per aiutare a smettere di fumare
Inquinamento atmosferico ed eventi coronarici acuti
A cura di: Eleonora Morini
L’inquinamento atmosferico è responsabile di circa 3 milioni di decessi all’anno. Mentre sono accertati i danni sulla salute dovuti ad una esposizione acuta, rimangono meno consistenti quelli relativi ad una esposizione cronica. Su questo argomento, che abbiamo trattato già, (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-linquinamento-atmosferico-e-linsufficienza-cardiaca-un-nuovo-preoccupante-binomio) vi proponiamo un recente studio europeo che, in la collaborazione con la regione Lazio, documenta un aumento di rischio di eventi coronarici acuti (infarto ed angina) per esposizione cronica allo smog, anche al di sotto degli attuali limiti permessi dalle leggi in vigore in Italia e nell’Unione Europea.
Dilaga la violenza contro il personale sanitario
A cura di: Eleonora Morini
La Sanità mondiale ha un nuovo allarmante problema da risolvere, questa volta riguardante la salute del suo personale: la violenza contro infermieri e medici. Non si parla solo di violenza fisica, ma anche psicologica (mobbing) e di molestie sessuali. Mentre alcuni paesi hanno cominciato ad affrontare la problematica, nella maggior parte degli altri non sono stati ancora presi provvedimenti per la prevenzione e la denuncia di questi atti di violenza. L'articolo che riportiamo, pubblicato sul “Lancet”, accende i riflettori su questa problematica.
Smettere di fumare apporta benefici anche alla salute mentale
A cura di: Vincenzo Trischitta
Gli effetti del fumo sulla salute fisica sono ormai ben noti, mentre meno chiari sono quelli sulla salute mentale, e questo può condizionare, in modo errato, sia il personale sanitario sia i fumatori stessi. Infatti molti medici hanno timore di trattare la dipendenza da nicotina in persone con disturbi mentali, perché temono un aggravamento della condizione psichica. Inoltre molti fumatori non vogliono smettere, perché convinti che fumare abbia effetti benefici sulla loro salute mentale, confondendo però la risoluzione dei disturbi legati all’astinenza da nicotina, con eventuali effetti psicologici positivi. A far luce su questa situazione, smentendo diversi luoghi comuni, ci pensa questo studio, recentemente pubblicato su British Medical Journal (BMJ).
I pregiudizi danneggiano la carriera scientifica delle donne.
A cura di: Vincenzo Trischitta
Abbiamo recentemente riportato come, nonostante a scuola non vi sia differenza di genere a proposito nè dell’interesse che si nutre nè delle capacità dimostrate verso le materie scientifiche, meno donne scelgono di studiarle all’università ed ancora meno riscuotono successi professionali in questo settore (http://www.fivehundredwords.it/argument/it-gli-scienziati-sono-sessisti). Un recente studio pubblicato su PNAS (il giornale dell’Accademia Nazionale delle Scienze in USA) ha analizzato se esistono pregiudizi che possano spiegare questo fenomeno. Allo scopo è stato utilizzato un test di matematica dove, al contrario del comune sentire che immagina una maggiore capacità maschile, i due sessi hanno le stesse performance medie.
I cibi arricchiti con zuccheri addizionati aumentano il rischio di morte cardiovascolare
A cura di: Eleonora Morini
E’ noto che l’eccesso di zuccheri addizionati nella dieta, ovvero non presenti “naturalmente” nei prodotti alimentari (per es: caramelle, dessert, bevande zuccherate, etc,) aumenta il rischio di obesità, diabete, dislipidemia, ipertensione arteriosa e malattie cardiovascolari. Molti di questi dati sono stati ottenuti analizzando l’uso di bevande zuccherate, e, nessuno, fino ad ora, ha valutato la mortalità cardiovascolare attribuibile all’introito complessivo di zuccheri addizionati alla dieta. Lo studio che vi presentiamo ha chiarito questo importante legame, oltre a fare un’accurata disamina di questa abitudine alimentare negli US.
Disegnata la prima mappa corporea delle nostre emozioni
A cura di: Eleonora Morini
Numerosi studi hanno dimostrato che gli stati emotivi si ripercuotono direttamente sul nostro corpo, condizionando diversi apparati e sistemi, come quelli, per esempio, neuromuscolare, neuroendocrino e cardiovascolare. E’ grazie alla consapevolezza dei cambiamenti fisici innescati dalle emozioni, che riusciamo a reagire adeguatamente agli stimoli esterni. Ciò che rimaneva ancora sconosciuto, e cui hanno cercato di rispondere gli autori di questo lavoro pubblicato su PNAS, era se i cambiamenti corporei fossero specifici per ogni emozione e se esistesse una mappa delle sensazioni fisiche legate alle diverse emozioni, valida per ogni individuo, indipendentemente dai condizionamenti culturali.
In aumento le patologie neurologiche causate da sostanze chimiche industriali
A cura di: Eleonora Morini
I disturbi dello sviluppo neurocomportamentale, come dislessia, autismo, disturbo da deficit di attenzione ed iperattività, affliggono milioni di bambini nel mondo con gravi conseguenze sia per il singolo individuo sia per la società, riducendo il quoziente intellettivo, il rendimento scolastico, la produttività ed, infine, la qualità della vita. Le sostanze chimiche utilizzate dalle industrie sono tra le cause note di danni al cervello durante lo sviluppo.
Gli autori di questo lavoro lanciano l’allarme perché il numero di queste sostanze tossiche è raddoppiato negli ultimi 7 anni, ma la lista potrebbe anche allungarsi se venissero implementati studi specifici per testare gli effetti sullo sviluppo cerebrale fatale ed infantile di altre sostanze chimiche oggi utilizzate.
Gli oppioidi sono le droghe che causano maggiore dipendenza e disabilità
A cura di: Eleonora Morini
Fino ad oggi non erano disponibili studi condotti su larga scala in grado di stimare la prevalenza e l’impatto sulla salute, a livello mondiale e regionale, della dipendenza da sostanza d’abuso. Grazie allo studio epidemiologico Global Burden of Disease Study 2010 (GBD 2010), di cui abbiamo già parlato ( http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-le-malattie-mentali-e-i-disturbi-da-abuso-di-sostanze-rappresentano-un-grave-problema-di-salute-in-tutto-il-mondo), abbiamo adesso dati relativi all’impatto sulla salute dei quattro tipi più diffusi di sostanze d’abuso (anfetamine, cocaina, oppioidi e cannabis).
Alcuni messaggi chiave per i fumatori del 21° secolo
A cura di: Eleonora Morini
L’11 gennaio del 1964 Luther Terry, massima autorità sanitaria del governo degli US, pubblicava il primo rapporto sulla pericolosità del fumo,correlandolo al tumore del polmone e a malattie cardiovascolari. Oggi sappiamo che il numero di patologie riconducibili a questo vizio è maggiore, sono circa 40 (http://www.surgeongeneral.gov/initiatives/tobacco/index.html), e che il problema riguarda anche chi è esposto al fumo passivo. Con questo documento iniziò la lotta al tabacco, che fino a quel momento era visto come simbolo di emancipazione e potere. In occasione del 50° anniversario della lotta al fumo, tra i molti articoli pubblicati sulle principali riviste scientifiche, ve ne proponiamo uno che lancia pochi ma chiari messaggi, fondamentali per spronare tutta la società civile a una lotta seria contro il fumo.
.Le connessioni neuronali sono diverse tra uomini e donne
A cura di: Eleonora Morini
Gli uomini e le donne hanno attitudini e comportamenti diversi, che possono derivare da ruoli complementari nella procreazione e nella struttura sociale, ma vanno ricondotti anche ad una differente anatomia cerebrale. Ad esempio, gli uomini hanno una maggiore percentuale di materia bianca, mentre le donne di materia grigia. Lo studio appena pubblicato su PNAS aggiunge un ulteriore e imporrante tassello spiegando, da un punto di vista funzionale e non solo anatomico, alcune differenze comportamentali nei due diversi sessi.
La prima colazione è una sana abitudine: saltarla aumenta il rischio di eventi cardiovascolari
A cura di: Eleonora Morini
Sebbene sia noto a tutti che la colazione è un pasto importante, non esistevano, ad oggi, studi che documentassero con sufficienti evidenze i benefici di questa sana abitudine, soprattutto per gli adulti. Lo studio che vi presentiamo oggi, è il primo che documenta le possibili gravi conseguenze legate alla mancata assunzione di questo pasto.
La ricerca biomedica in Italia è poco supportata? Qualche responsabilità ce l’hanno pure gli scienziati.
A cura di: Vincenzo Trischitta
Un editoriale di Nature Neuroscience sottolinea il rischio che corre la ricerca biomedica italiana a causa di una legge sull’uso degli animali per fini scientifici, già approvata alla Camera (Articolo 13, Legge 6 Agosto 2013, n. 96 http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2013-08-20;96), in attesa di essere discussa in Senato. L’articolo si chiede come sia possibile che una “proposta così miope” abbia ottenuto l’avallo in Parlamento e suggerisce che ciò dipende, almeno in parte, dallo scarso impegno che gli scienziati profondono nell’informare sulle finalità, le aspettative e le criticità del loro lavoro. Se il gruppo editoriale Nature ha posizioni simili a 500WORDS (http://www.fivehundredwords.it/post/it-divulgare-le-conoscenze-scientifiche-responsabilit-degli-scienziati) significa che siamo sulla strada giusta.
L’annosa diatriba sugli integratori alimentari. Finalmente qualche risposta.
A cura di: Vincenzo Trischitta
L’autorevole rivista JAMA nello scorso gennaio ha pubblicato un’indagine da cui si evince che negli USA gli integratori alimentari sono assunti regolarmente dal 14% della popolazione e che il 40% ne ha fatto uso una o più volte nel corso della vita. Le motivazioni più frequenti addotte per l’uso di integratori, sono state “per sentirsi meglio” e “per avere maggiore energia”. Insomma, un sacco di gente consuma questi prodotti nell’idea che facciano bene. Ma è vero? Risponde un lavoro pubblicato nello scorso settembre dalla rivista “Aging” e, almeno per quanto riguarda aspetti metabolici e cardiovascolari, la risposta è….no!!. Un consiglio, allora, ai potenziali utilizzatori: lasciate stare; fino a prova contraria, sono soldi persi.
Gli acidi grassi saturi nella nostra dieta e l’ipercolesterolemia sono o no un problema per la nostra salute?
A cura di: Vincenzo Trischitta
Una lettera appena pubblicata sul British Medical Journal pone una domanda provocatoria: ma davvero i grassi saturi, quelli che assumiamo con la carne e i formaggi, sono così dannosi per l’apparato cardiovascolare? La domanda non è peregrina e, per quanto rispondere con certezza è in pratica impossibile, aiuta a mantenere un sano esercizio del dubbio e, soprattutto, a non dimenticare di trattare con dieta ed attività fisica anche altri costituenti dell'alimentazione sicuramente ben più pericolosi per la nostra salute.
L’attività fisica è efficace tanto quanto i farmaci nel ridurre la mortalità causata da alcune malattie croniche
A cura di: Eleonora Morini
Ci sono schiaccianti evidenze a sostegno dei molteplici benefici dell’attività fisica sulla salute (riduzione del rischio di diabete, infarto, tumori, malattie respiratorie, etc.). Tuttavia, essa è poco praticata e, ancor più strano, poco prescritta dai medici come presidio terapeutico tanto che, recentemente l’inattività fisica è stata classificata come la quinta causa di mortalità globale insieme al fumo, l’iperglicemia, l’ipertensione e l’obesità. A confermare e rafforzare i benefici dell’attività fisica ci pensa il lavoro che presentiamo oggi, appena pubblicato sul British Medical Journal, che ha confrontato i benefici sulla riduzione della mortalità dell’esercizio fisico rispetto a vari tipi di farmaci certamente efficaci e di grande utilizzo. A questo punto, cosa ci trattiene dal fare attività fisica regolarmente? E i medici, cosa aspettano a prescriverla come fanno con i farmaci?
Le malattie mentali e i disturbi da abuso di sostanze rappresentano un grave problema di salute in tutto il mondo.
A cura di: Eleonora Morini
Le malattie mentali e i disturbi legati all’abuso di droghe e alcool non sono stati reputati, fino ad ora, problemi prioritari per i sistemi sanitari di tutto il mondo, soprattutto se paragonati alle malattie trasmissibili come AIDS, tubercolosi e malaria o ad altre malattie non trasmissibili, come tumori, malattie cardiovascolari e diabete. L’articolo odierno, pubblicato sul Lancet ad agosto 2013, è però destinato a stravolgere tale storica convinzione. I dati sono stati estrapolati dal Global Burden of Disease Study 2010 2010, il più grande studio epidemiologico che descrive la distribuzione globale e le cause di una vasta gamma di malattie gravi, lesioni e fattori di rischio per la salute e, soprattutto, l’effetto che questi hanno sulla popolazione mondiale, in termini non solo di mortalità, ma anche di disabilità e qualità della vita.
Asportazione del seno sano in donne con tumore all’altro seno: una pratica troppo frequente dovuta a scarsa conoscenza
A cura di: Eleonora Morini
Le donne che hanno avuto il carcinoma ad una mammella hanno un rischio aumentato di avere un tumore anche all’altro seno. Oggi, per fortuna, grazie alle nuove terapie farmacologiche e agli esami strumentali sempre più sensibili che permettono una diagnosi precoce, tale rischio è modesto nella maggior parte dei casi, mentre rimane elevato solo in un sottogruppo di pazienti discretamente individuabili. Ciò nonostante, il ricorso all’asportazione della mammella sana, effettuata in via preventiva (in termine tecnico nota come “mastectomia profilattica controlaterale”), è quadruplicato negli ultimi 10 anni, coinvolgendo anche molte pazienti con un rischio in realtà modesto. Gli autori del lavoro che vi presentiamo hanno cercato di capire qual è la motivazione che spinge molte donne a scegliere questo intervento chirurgico demolitivo, anche quando non strettamente necessario.
La non-aderenza alla terapia farmacologica deve essere diagnosticata e curata, proprio come una malattia
A cura di: Eleonora Morini
La mancata aderenza al trattamento farmacologico regolarmente prescritto dal proprio medico è molto frequente tra i pazienti affetti da patologie croniche. Ciò non solo è tra le principali cause di parziale fallimento della terapia, con ovvie e a volte gravi conseguenze sulla salute fisica e psichica dei pazienti, ma ha anche importanti ripercussioni economiche. Negli Stati Uniti, dove circa il 50% degli adulti non segue adeguatamente la terapia farmacologica prescritta, si sono stimati sprechi per circa 100 miliardi di dollari l’anno. Gli interventi volti al miglioramento dell’aderenza al trattamento farmacologico, hanno un impatto sulla salute maggiore rispetto a qualunque miglioramento specificamente legato alla terapia stessa. E’ perciò importante saper riconoscere e intervenire su questa condizione, proprio come fosse una vera e propria malattia.
Uccisi dai propri partner
A cura di: Eleonora Morini
Gli omicidi sono un importante causa di morte prematura: per esempio nel 2010 sono state uccise in tutto il mondo circa mezzo milione di persone, 80% uomini. In assenza di informazioni certe sugli omicidi commessi dai partner, le strategie di prevenzione degli omicidi si sono sempre focalizzate solo sul controllo della violenza tra bande e della delinquenza in generale, principali cause dei delitti nel sesso maschile. Heidi Stockl e collaboratori hanno invece effettuato una meticolosa raccolta dei dati relativi agli omicidi commessi tra le mura domestiche sia per gli uomini sia per le donne, portando così alla luce la vera rilevanza del problema.
I dati di questo studio, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista “The Lancet” ed unico nel suo genere, sono stati inclusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) nel report 2013 sulla violenza sulle donne: “Global and regional estimates of violence against women: prevalence and health effects of intimate partner violence and non-partner sexual violence”
(http://www.who.int/reproductivehealth/publications/violence/9789241564625/en/index.html)
L’inquinamento atmosferico e l’insufficienza cardiaca: un nuovo preoccupante binomio
A cura di: Eleonora Morini
L’inquinamento atmosferico è tra i principali fattori di rischio per la salute, dopo il fumo, l’alcol, la sedentarietà e una dieta scorretta. L’ozono, il monossido di carbonio, il biossido di azoto, il biossido di zolfo ed il particolato atmosferico, ovvero l’insieme di sostanze solide e liquide sospese nell’aria e prodotte sia da processi naturali (per es. erosione dei venti sulle rocce) che dall’uomo (per es. traffico veicolare), sono gli inquinanti più dannosi. I loro effetti vanno dalle irritazioni delle vie respiratorie, all’asma bronchiale, ai tumori, all’ infarto e all’ictus. Nel caso del particolato atmosferico, il danno è tanto maggiore quanto minore è il diametro delle particelle che possono penetrare profondamente nell’albero respiratorio umano. Sulla capacità di nuocere dello smog c’erano quindi già pochi dubbi, ma un lavoro pubblicato questo mese sulla rivista The Lancet apre un nuovo inquietante scenario: l’inquinamento atmosferico aggrava le condizioni di chi soffre di scompenso cardiaco fino a determinarne, in alcuni casi, il decesso.
E’ meglio correre o camminare per la riduzione del rischio cardiovascolare e di diabete mellito?
A cura di: Vincenzo Trischitta
Dell’importanza dell’attività fisica per il mantenimento o il recupero di una buona condizione di salute fisica e psicologia abbiamo già detto su http://www.fivehundredwords.it/argument/it-attivit-fisica-e-salute, ma anche su http://www.fivehundredwords.it/ultimissime/it-la-pandemia-dellinattivit-fisica. Il metodo scientifico, però, si caratterizza per porsi continuamente nuove domande, sempre più specifiche, a mano a mano che il fenomeno che si studia viene sempre meglio conosciuto. E la domanda che due ricercatori americani si sono posti è stata (più o meno): "...acclarato che l’attività fisica fa bene alla nostra salute, è meglio camminare o correre?". Grazie a loro, la risposta adesso l'abbiamo.
Stress sul lavoro e rischio di tumori
A cura di: Eleonora Morini
E’ opinione molto diffusa che lo stress possa causare alcune gravi malattie. Mentre è ben documentato il suo ruolo nelle malattie cardiovascolari, rimane dubbio il rapporto con le malattie oncologiche, analizzato da pochi studi, su pochi pazienti e con risultati contrastanti. Pochi mesi addietro, finalmente, Heikkilä K et al hanno pubblicato sul “British Medical Journal” uno studio di numerosità adeguata che cerca di chiarire il ruolo dello stress nello sviluppo di tumori.
Uso cronico della cannabis nell’adolescenza ed effetti sullo sviluppo neuropsicologico.
A cura di: Eleonora Morini
Nonostante la cannabis sia la droga più popolare tra i giovani in tutti i paesi del mondo, sono ancora scarse le conoscenze sulle conseguenze neurocognitive derivanti dal suo uso cronico durante l’adolescenza, periodo critico in cui si completa lo sviluppo cerebrale. Il lavoro che vi presentiamo, pubblicato nel 2012 su “PNAS”, per la prima volta affronta adeguatamente questo problema con uno studio disegnato ad hoc. Per questo motivo è stato oggetto di numerosi commenti ed editoriali, l’ultimo pubblicato sul “Lancet” a marzo 2013.
Il sale nella dieta: un delicato equilibrio tra salute e malattia
A cura di: Eleonora Morini
Il sale nella dieta: un delicato equilibrio tra salute e malattia Il “New England Journal of Medicine” pubblica una revisione dei dati disponibili sull’uso del sale e sui suoi effetti sulla nostra salute. Il sale è un elemento fondamentale per la nostra vita, tanto è che storicamente il suo commercio e la sua produzione hanno giocato un ruolo importante nel creare alleanze, rotte di commercio e determinare rivoluzioni. Il sapore e le proprietà biologiche del sale comune (cloruro di sodio) sono dovute ad uno dei suoi due componenti: il sodio. In condizioni normali, il nostro organismo quotidianamente elimina una certa quantità di sodio che va reintegrata con la dieta. Per soddisfare tale esigenza però, non è necessaria l’aggiunta di sale ai cibi, ma è sufficiente il sodio contenuto negli alimenti. Solo in alcune patologie o situazioni specifiche, il fabbisogno di sodio può aumentare, rendendo necessario l'aggiunta di sale negli alimenti.
La dieta mediterranea fa bene ma….i poveri non possono permettersela.
A cura di: Vincenzo Trischitta
La dieta mediterranea, ricca in verdure, olio d’oliva, frutta fresca e cereali (soprattutto integrali) con moderato consumo di pesce, pollame e vino rosso e, infine, povera di carne rossa, latticini e zucchero è relativamente giovane, essendo nata in Italia, Grecia e Spagna alla fine della seconda guerra mondiale, determinata dalla povertà in cui queste regioni versavano. Dagli anni 60’ la dieta mediterranea si è imposta come elemento cardine nella prevenzione di molte malattie cronico-degenerative come il diabete mellito, le malattie cardiovascolari, alcuni tipi di cancro, l’Alzheimer e il Parkinson. Due articoli degli ultimi mesi aggiungono informazioni importanti, pur se non in entrambi i casi rassicuranti.
La pandemia dell’inattività fisica
A cura di: Eleonora Morini
Essere una persona sedentaria significa non solo non fare sport, ma anche non camminare, non andare in bicicletta, né ballare e neanche dedicarsi al giardinaggio o ad altre pratiche che ci costringono a muoverci un po’. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto l’inattività fisica come il quarto fattore di rischio di malattie e di mortalità precoce, dopo l’ipertensione, il fumo di sigaretta ed il diabete mellito. La sedentarietà, infatti, aumenta il rischio di contrarre malattie cardiovascolari, lo stesso diabete e alcuni tipi di tumore ed è quindi utile praticare attività fisica aerobica moderata-intensa per almeno 150 minuti a settimana. A luglio 2012, in occasione delle Olimpiadi, la prestigiosa rivista “The Lancet”, ha dedicato una serie di articoli e relativi editoriali all’inattività fisica. Qui di seguito riportiamo i messaggi cruciali.
Il rischio del fumo ed i benefici di smettere: uno studio su un milione di donne del Regno Unito
A cura di: Eleonora Morini
L’uso del tabacco continua ad essere la principale causa di morte prevenibile. Provoca più decessi di alcol, aids, droghe, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme. Si stima che ogni anno, i morti a causa del fumo siano 5 milioni, e diventeranno 8 milioni dal 2030. Tra le giovani donne l’abitudine al fumo ha avuto la sua massima diffusione nel anni ’60, alcuni decenni dopo il picco di popolarità tra gli uomini. L'articolo odierno, pubblicato sul prestigioso “The Lancet”, è il primo che chiarisce, in modo inequivocabile, i danni del fumo anche nelle donne perché grazie al lungo tempo di osservazione ha valutato con accuratezza gli effetti dannosi dovuti a molti anni di fumo ed i benefici, a lungo termine, della sua sospensione.
Le bevande energetiche possono essere rischiose per la nostra salute
A cura di: Eleonora Morini
Le bevande energetiche, anche conosciute come “energy drink”, sono bevande analcoliche, arricchite di zuccheri e a volte di vitamine, che contengono sostanze stimolanti come caffeina, taurina, guaranina, estratto di ginseng, ginkgo biloba, cacao e liquerizia. Il loro uso spopola da qualche anno soprattutto fra i giovani, grazie a strategie di marketing che enfatizzano il benessere che se ne ricava. Ciò ha comportato che, in breve tempo, le “energy drink” sono passate da innocui e blandi stimolati, all’equivalente di una droga potenzialmente letale il cui uso non è regolamentato.Pochi mesi addietro, il prestigioso “The Journal of the American Medical Association” ha dedicato a questo argomento ben due articoli che qui riportiamo all’attenzione dei lettori.
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