A cura di: Eleonora Morini
Le parole dei medici possono avere effetti sia positivi sia indesiderati, proprio come i farmaci.
Autore: Barsky A.J.Per alcune patologie non esiste una correlazione diretta tra la gravità della malattia ed i sintomi. C’è, infatti, un’ampia variabilità inter-individuale giustificata, almeno in parte, dallo stato d’animo del paziente e dalla sua conoscenza della malattia e delle relative cure, che possono amplificarne o attenuarne i sintomi. L’ultimo dato a supporto di questa ipotesi viene da uno studio pubblicato a maggio 2017 sulla rivista “The Lancet” in cui il noto dolore muscolare che le statine (farmaci che riducono il colesterolo) possono procurare era uguale in un gruppo che prendeva il farmaco ed in quello di controllo che assumeva il placebo. Ciò era vero però solo finché i due gruppi di soggetti non sapevano a quale trattamento erano sottoposti; infatti, il dolore aumentava del 40% nel gruppo in terapia con statina quando a questi soggetti veniva detto il farmaco che stavano in realtà assumendo e quali fossero i suoi potenziali effetti collaterali.
Altri dati sperimentali documentano che un importante modulatore dei disturbi psicosomatici è rappresentato da come i medici spiegano ai pazienti la loro situazione clinica. Per esempio, in uno studio sul dolore della puntura per l’anestesia epidurale a partorienti, si è dimostrato come le donne cui era stato detto che il dolore sarebbe stato simile a quello di una puntura d’ape lamentarono più dolore di quelle cui era stato detto che la puntura avrebbe anestetizzato l’area e che, quindi, si sarebbero sentite meglio. Oppure è ormai noto che quando i medici informano i pazienti sugli effetti collaterali dei farmaci, è meglio riferire dell’alta percentuale che non li lamenta, invece che della bassa percentuale che ne soffre. Il dato è evidentemente uguale (l’uno speculare dell’altro) ma sarà minore il rischio che i pazienti soffrano degli effetti collaterali. Altrettanto utile è spiegare l’esistenza e la possibilità del presentarsi dei disturbi psicosomatici e della loro natura non organica cosicché questi sintomi possano essere vissuti nel modo migliore, attribuendo loro il giusto peso. Più raramente, si osservano addirittura sintomi da stress che sono secondari ai dubbi e alle preoccupazioni che il paziente non riesce ad esprimere al proprio medico, a causa di un rapporto non ottimale.
In definitiva, l’informazione del paziente è un importantissimo strumento per modulare la comparsa dei sintomi e il medico dovrebbe saperla utilizzare per migliorare e, comunque, non peggiorare, lo stato di salute dei propri assistiti.
The iatrogenic potential of physician’s words,
Barsky A.J., “JAMA”, dicembre 2017
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