Addio dieta mediterranea, per gli Italiani sei troppo cara
Meno pesce, meno olio d’oliva, meno frutta. È tutto al negativo il trend che scandisce la spesa degli italiani in questo 2013, il punto più basso toccato dal carrello dei nostri connazionali. Alla sbarra, ormai, un solo imputato, la crisi economica. Che non solo fa registrare i dati di disoccupazione più allarmanti degli ultimi decenni, mettendo a dura prova nervi e famiglie, ma fa anche crescere pericolosamente il girovita degli italiani. Sì, perché quando il portafoglio si assottiglia, ad aumentare non sono i buchi della cintura, al contrario di quanto si possa credere.
Dati recenti, condotti su oltre 20mila persone in Molise, hanno infatti mostrato che un basso reddito costringe le persone a tagliare considerevolmente la qualità della spesa alimentare, spingendole verso cibi di scarso valore nutrizionale e dubbia provenienza. Il che significa aumento significativo di obesità, uno dei fattori di rischio principali per malattie cardiovascolari e tumorali. Non che l’Italia negli ultimi anni se la passasse molto bene in fatto di forma fisica, ma la crisi economica rischia davvero di dare il colpo di grazia ad una nazione già severamente provata da politiche ispirate alla ristrettezza più ortodossa. E se sulla tavola non c’è più posto per gli alimenti cardine della dieta mediterranea, tutti (pasta compresa) in progressivo ribasso, l’unica a rimetterci seriamente è la salute. Il modello alimentare che ci ha resi, insieme ad altri Paesi come la Grecia e la Spagna, resistenti agli attacchi delle più temibili malattie del nostro secolo, sta di fatto soccombendo sotto il peso di uno stile di vita non più salutare. Con principi alimentari ispirati alla scelleratezza anglosassone, il destino dell’Italia e forse anche di altri popoli mediterranei sembra ormai segnato. Il sud Italia, lo stesso in cui Ancel Keys scoprì e formalizzò la salubrità del regime alimentare mediterraneo, frana sotto una montagna di grasso: la Campania e il Molise si contendono il primo posto di regione più grassa d’Italia, sia per quanto riguarda gli adulti che i bambini. Tutto questo mentre si registrano dati disarmanti riguardo all’attività fisica, pressoché nulla. Non occorre oggi un mago per capire qual è il tragitto del treno su cui gli italiani sono saliti, senza nemmeno accorgersene: ci sta pensando la congiuntura economica che taglia di netto il Paese con un fendente spietato destinato ad acuire ancora di più le differenze sociali della popolazione. A pagare il prezzo più alto della crisi sono le fasce più deboli, quelle che oltre ad aver perso il lavoro, a non poter pagare l’affitto e a dissanguarsi per un pieno di benzina, adesso devono anche svuotare il carrello della spesa o riempirlo di cibo “spazzatura”. I primi a mancare nei carrelli sono proprio i cibi di qualità, i pilastri del modello mediterraneo. In aumento invece solo la spesa low cost. Ma la spending review non è un ritornello che può accompagnare le politiche sanitarie. I tagli indiscriminati di oggi si apprestano a presentare al Paese un conto sulla salute molto salato per i prossimi decenni.
Autore: Marialaura Bonaccio
Giornalista pubblicista e ricercatrice,laureata in filosofia. È impegnata in progetti di ricerca presso il Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli sul rapporto tra esposizione mediatica, fattori socioeconomici e stato di salute. Ha all’attivo numerose pubblicazioni scientifiche e collaborazioni giornalistiche con riviste specializzate. Nel suo curriculum ci sono anche esperienze internazionali relative alla comunicazione e alla divulgazione al pubblico di progetti scientifici finanziati dalla Comunità europea.
Autore: Giovanni de Gaetano
Medico e ricercatore, tra i fondatori e primo direttore del “Mario Negri Sud”, in Abruzzo, e dei Laboratori di Ricerca dell’Università Cattolica di Campobasso. Attualmente è responsabile del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli. Il Dipartimento è impegnato in studi sperimentali e di popolazione, tra cui il ben noto Progetto Moli-sani (www.molisani.org), condotto su 25 mila residenti della regione per indagare sui rapporti tra genetica e ambiente nello sviluppo delle malattie cardiovascolari e dei tumori, con particolare attenzione verso l’alimentazione.
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