Diabetici (e diabetologi), non lasciatevi influenzare!
Introduzione
La pandemia di COVID-19 ha messo in luce la nostra vulnerabilità nei confronti delle malattie infettive, riaccendendo l’interesse per le misure di prevenzione. Tra i problemi affrontati in questo periodo, c’è il fatto che i sintomi provocati dalla COVID-19 sono spesso sovrapponibili a quelli della comune influenza, anch’essa causata da virus, cosa che può rendere difficile una tempestiva distinzione tra le due patologie: per questo il Ministero della Salute ha ampliato il complesso dei soggetti aventi diritto alla somministrazione gratuita del vaccino anti-influenzale per il prossimo inverno: la soglia di età è stata ridotta da 65 a 60 anni, il vaccino è però raccomandato a tutta la popolazione a rischio, indipendentemente dall’età, oltreché agli operatori sanitari.
Ma che cosa s’intende per rischio e chi sono i soggetti a rischio? Il rischio è un danno potenziale che ha una certa probabilità di verificarsi, pertanto tutte le persone affette da patologie croniche, come il diabete mellito, rientrano in questa categoria. È importante poi sottolineare che la probabilità non è un’idea generica, ma può essere misurata. Il diabete, infatti, aumenta di circa due volte il rischio di sviluppare complicanze cardiovascolari; inoltre raddoppia quello di contrarre infezioni, il cui decorso può essere più lungo o grave. La situazione, ovviamente, si può complicare se i fattori di rischio si sommano: i pazienti già cardiopatici hanno maggiori probabilità di ammalarsi gravemente di influenza e questa, a sua volta, aumenta la mortalità. Al contrario, la vaccinazione antiinfluenzale riduce il rischio di morte almeno del 15-20%.
Ecco perché è importante vaccinarsi. Il vaccino antiinfluenzale, nella maggior parte dei casi, contiene componenti virali (virus inattivato) grazie ai quali il sistema immunitario può riconoscere e memorizzare una strategia di difesa (immunizzazione). Purtroppo, i virus influenzali cambiano spesso il loro “vestito” (antigeni di superficie), perciò occorre ripetere annualmente la vaccinazione per aggiornare le nostre difese secondo le “tendenze” del prossimo autunno-inverno. Questo è possibile grazie al continuo lavoro di sorveglianza sui ceppi virali circolanti, coordinato da organizzazioni internazionali (OMS, Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie…). Il periodo migliore per vaccinarsi, nel nostro emisfero, inizia nella seconda metà di ottobre.
È importante infine sapere che i vaccini antiinfluenzali sono utilizzati con beneficio da molti anni e sono soggetti a un’attenta farmacovigilanza che ne garantisce la sicurezza. Inoltre, presentano pochissime controindicazioni: possono vaccinarsi anche bambini e donne in gravidanza. Per informarsi correttamente è opportuno rivolgersi al proprio medico curante ed a fonti affidabili, come i siti web istituzionali (Epicentro, VaccinarSì, IoVaccino…). Purtroppo, nonostante l’indiscussa rilevanza dei vaccini quali strumento di prevenzione, la proporzione di vaccinati (copertura vaccinale) contro l’influenza nella popolazione italiana (16%) e nei soggetti ultrasessantacinquenni o fragili (53%) è sempre stata inferiore agli obiettivi minimi (75%). Tra le persone con diabete, poi, soltanto il 30% è solito vaccinarsi contro l’influenza. Pazienti e curanti dovrebbero ricordarsi che essere “adulti e vaccinati” è un diritto e un dovere: prepariamoci dunque ad indossare le protezioni… vaccino antinfluenzale incluso!
Autore: Marina Valenzano
Marina Valenzano è medico specialista in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo. Attiva particolarmente nell’ambito delle tecnologie per la cura del diabete mellito, attualmente collabora su progetti di ricerca ed assistenziali con il servizio di Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo ed il Dipartimento di Scienze Mediche presso la Città della Salute e della Scienza di Torino.
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