Il significato del controllo nella ricerca scientifica
Da giovane ricercatore angosciavo i colleghi veterani con le domande più strane. Ricordo ancora il volto stupito di un collega oncologo di fronte alla mia urgenza di chiarire perché si dicesse, parlando dell’efficacia dei farmaci, sperimentazione clinica controllata. Il termine controllo, nel linguaggio quotidiano, rischia di sfumare nel significato di manipolazione, ma nella scienza allude ad un solo significato, così radicato e necessario che ancora giustificherebbe la meraviglia del mio collega: ogniqualvolta conduciamo un esperimento che voglia stabilire un nesso tra una presunta causa e un effetto è necessario verificare che il medesimo effetto non si manifesti anche in assenza della supposta causa.
Abbiamo cioè bisogno di formulare il nostro esperimento come un confronto alla pari. Il gruppo di controllo sarà dunque l’insieme degli elementi (pazienti, ratti, cellule, ecc.) che non viene esposto all’oggetto stesso del nostro studio (un farmaco, ad esempio) con il quale confronteremo il gruppo sperimentale, cioè quello invece esposto all’oggetto del nostro studio (il farmaco di cui sopra).
Una premessa indispensabile di un esperimento di confronto è l’identità delle condizioni iniziali. Per esempio, nella sperimentazione farmacologica le caratteristiche più rilevanti dei pazienti come età, sesso, altre terapie in corso, ecc. devono essere equamente distribuite nel gruppo sperimentale e nel gruppo di controllo. Ciò si ottiene mediante un processo di assegnazione dei pazienti ai due gruppi di studio che sia rigorosamente casuale (come dire: dettato dal lancio di una moneta) e che va sotto il nome di randomizzazione.
Il confronto alla pari è nella realtà quotidiana ben percepito seppure più in ambito morale che fisico, quasi appartenesse ad un principio di lealtà. La sua premessa, invece, è piuttosto fisica. In una contesa sportiva, - una partita di calcio, un incontro di boxe - tutti i concorrenti devono rispettare le stesse regole. La differenza nel risultato scaturirà così solo e soltanto per il prevalere delle capacità di uno dei due contendenti. Poco, però, di ciò che percepiamo nei confronti sportivi viene applicato nella vita quotidiana: i giudizi non sempre tengono conto che l’esperienza umana individuale spesso non è riconducibile ad una parità di condizioni. Ciò talvolta sfugge anche nell’ambito scientifico ed un esperimento malamente controllato rischia di portare a conclusioni errate. Non a caso anche la scienza si è data delle regole, abitualmente sintetizzate nel cosiddetto protocollo sperimentale, che mirano alla chiarezza, verificabilità e ripetibilità di un esperimento.
L’esperimento controllato è certo il più rigoroso ma non l’unico. Ne esistono, infatti, altre forme che si avvicinano, mediante strumenti statistici, ad un esperimento controllato e che sono utilizzabili quando l’esigenza del rigore deve trovare una sintesi ragionevole con la fattibilità e l’eticità dell’esperimento. Le conclusioni paradossali sull’efficacia del paracadute secondo Smith e Pell pubblicate sul British Medical Journal nel 2003 hanno rappresentato il controcanto ironico a tale necessità. La loro indagine rilevò infatti che l’efficacia del paracadute nel prevenire la morte fosse solo di natura empirica perché non era stata condotta alcuna sperimentazione controllata che, a rigore, avrebbe previsto che i soggetti di controllo fossero assegnati al lancio…senza paracadute!!
Autore: Fabio Pellegrini
Fabio Pellegrini è biostatistico presso il Consorzio Mario Negri Sud e l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza. Dal 1997 si occupa di ricerca metodologica e dei suoi fondamenti, in particolare di modelli di classificazione e predizione.
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