In tema di prevenzione cardiovascolare: forse non tutti sanno che…donne e uomini non sono uguali
La malattia cardio-cerebro vascolare è responsabile ogni anno nel mondo di circa 17 milioni di vittime, di cui 4.3 milioni solo in Europa, ed è la prima causa di morte e di invalidità. I più importanti fattori di rischio responsabili della malattia sono ipertensione, diabete, obesità, fumo di sigaretta, dislipidemia e stili di vita non corretti. La probabilità di morire per un ictus, un infarto, per scompenso cardiaco o per le complicanze del diabete dipende sia dai fattori cosiddetti non modificabili (età, sesso, razza, familiarità) sia da fattori modificabili come gli stili di vita (assumere una alimentazione sana, svolgere una attività fisica regolare, non fumare, non abusare di alcool) sia dalla cura adeguata delle malattie ad elevata mortalità cardio cerebrovascolare, come l’ipertensione arteriosa, la fibrillazione atriale, il diabete, l’obesità, l’ipercolesterolemia. Ma è anche importante sfatare il mito che considera l’infarto e l’ictus patologie che colpiscono prevalentemente l’uomo, mentre la donna teme principalmente di morire di tumore della mammella. Tutti dovrebbero sapere che ogni donna ha 1 probabilità su 2 di morire per malattia vascolare (ictus, infarto, scompenso cardiaco…) e che solo 1 su 17 morirà per tumore al seno.
Più in dettaglio, la prima causa di morte della donna nei paesi industrializzati è l’infarto del miocardio. L’ictus cerebrale colpisce maggiormente la donna dell’uomo (+55%). Lo scompenso cardiaco che è oggi una vera e propria “epidemia in crescita”, ha caratteristiche diverse nella donna e colpisce dopo i 75 anni più donne che uomini (http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2490). Lo scompenso cardiaco nella donna è correlato all'ipertensione, all’obesità, ed è complicato dalla fibrillazione atriale ed è una patologia esclusivamente femminile in tre condizioni di cardiomiopatia: ad insorgenza in prossimità del parto, da stress e dopo chemioterapia per tumore della mammella.
Anche in Europa si osserva lo stesso trend e nel 2014 su 100 decessi per patologia cardiovascolare 42 si sono verificati negli uomini e ben 51 nelle donne.
Infine, anche i dati italiani dell’Istituto Superiore di Sanità 2016 confermano la maggiore mortalità vascolare (per ictus, infarto e scompenso cardiaco) della donna (48,4%) rispetto all’uomo (38,7%), e di converso, invece, una maggiore mortalità per tumori dell’uomo (32.1%), rispetto alla donna (23.8%).
Un altro aspetto deve far riflettere: malgrado una maggiore mortalità per malattia vascolare, i farmaci antipertensivi, anticoagulanti, antitrombotici, antidiabetici, etc. vengono meno prescritti nella donna, così come le procedure diagnostiche e terapeutiche invasive (doi:10.1136/bmjopen-2012-002378). Le donne inoltre, specie le più anziane e quelle di razza nera, meno facilmente raggiungono gli obiettivi pressori ed i valori glicemici consigliati dalle linee guida (doi: 10.1016/j.diabres.2013.10.001 oppure doi: 10.1007/s40265-014-0306-5).
E’ quindi fondamentale la conoscenza delle differenze di genere nelle malattie vascolari, sia tra i medici che nella popolazione generale. Questo significa che la promozione degli stili di vita, la lotta al fumo e all’obesità, il controllo adeguato dei valori glicemici e degli obiettivi pressori, il trattamento della fibrillazione atriale con antitrombotici e dello scompenso cardiaco secondo linee guida, vanno perseguiti in tutta la popolazione indipendentemente dal sesso, identificando anzi, i fattori genere-specifici che impediscono equità ed appropriatezza delle cure.
Autore: Cecilia Politi
Cecilia Politi, direttore del reparto di Medicina Interna dell’ Ospedale ” F. Veneziale”- di Isernia è responsabile della “Area di "Medicina di Genere “ della F.A.D.O.I. (Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti), referente per la Medicina di Genere della Regione MOLISE ed insegna Medicina Interna ed Endocrinologia all’ “Università La Sapienza” - Polo didattico del Molise. S’impegna per diffondere la “cultura di genere” non solo tra gli operatori sanitari ma anche nella popolazione generale perché ciò garantisce l’equità e l’appropriatezza delle cure.
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