Rimedi prodigiosi? Istruzioni per l’uso
Non è credulità. È disperazione. Alternativamente, le persone di buon senso non crederebbero alle pozioni magiche smerciate come prodigiosi rimedi. Quando le cure convenzionali non sono efficaci, si spera in qualsiasi cosa e chi soffre rinuncia alla razionalità. E allora ci si chiede "…perché non provare rimedi alternativi? Cos'ho da perdere?". E’ ormai esperienza comune che tramite Internet si pubblicizzino terapie non sperimentate come fossero trattamenti miracolosi. Se ci si casca, s’intraprendono cure non avallate dalla medicina ufficiale che, pur se mancano dati epidemiologici rigorosi, il più delle volte saranno deludenti, quando non dannose, oltre che molto costose. Ecco perché enti e società scientifiche iniziano, finalmente, a sentire la responsabilità di proteggere il cittadino.Ed è per questo che nasce "Sense about Science", un ente di beneficienza londinese, che lavora con scienziati e specialisti che tra i suoi fini ha quello di spiegare ai non addetti ai lavori il valore intrinseco delle prove scientifiche.
L’AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco – ha deciso di tradurre un documento edito da “Sense About Science” nel 2013 dal titolo “I’ve Got Nothing To Lose By Trying It” (Non ho nulla da perdere a provarlo) (http://www.agenziafarmaco.gov.it/sites/default/files/non_ho_nulla_da_perdere_a_provarlo.pdf). L’articolo fornisce una serie interessante di strategie per capire in cosa credere o, invece, quando e quali dubbi è utile porsi. Così come spiega come capire se un giornalista sta correttamente riportando una notizia scientifica o, al contrario, sta scorrettamente cavalcando emozioni per ottenere audience. Ma la parte che più ci ha interessati è quella concernente il mondo della sperimentazione clinica. L’unico modo per scoprire se un trattamento sia sicuro ed efficace è testarlo scientificamente, tramite rigorosi trials clinici che valutano se i nuovi farmaci funzionano meglio di un placebo (una pillola senza principio attivo) e almeno quanto il trattamento già disponibile (se ce n’è uno). I trials clinici testano anche gli effetti collaterali e assicurano che le indicazioni sul dosaggio siano corrette. Possono volerci anni per completare tutte le fasi della sperimentazione che prevede numerosi controlli di sicurezza e la verifica dell’efficacia del trattamento. Si tratta di un processo lungo ma se un farmaco l’ha completato, significa che se ne conoscono benefici e potenziali rischi.
L’approccio alle terapie basato sull’evidenza delle prove è frustrante e a volte pecca di eccessi burocratici ma accelerare l’utilizzo di nuove terapie può essere molto rischioso.. A questo proposito fa ancora sensazione la storia dei danni da talidomide, un sedativo che entrò in commercio senza prima essere sperimentato negli animali in gravidanza. Grazie all’approccio più lento e più prudente dell’ente regolatorio degli Stati Uniti nel 1950, si evitarono in quel paese migliaia di casi di bambini, nati con difetti agli arti (focomelici), che si osservarono, invece, nel resto del mondo.
In assenza di prove sperimentali, in genere, scegliere di non far nulla è meno rischioso e meno deludente che provare una terapia non validata che potrebbe avere effetti dannosi per la salute fisica e psicologica. Non resta, quindi, che….esigere l’evidenza delle prove, per smascherare le montature mediatiche sui trattamenti non sperimentati!
Autore: Paola Tarro
Paola Tarro è laureata in Farmacia e specialista in Farmacia Ospedaliera e Territoriale. Partecipa ad un progetto di farmacovigilanza presso il PO San Giovanni di Dio e Sant’Isidoro di Giarre (CT), occupandosi della segnalazione di sospette reazioni avverse a farmaci.
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