Rischi ambientali reali e percepiti. Il fenomeno "NIMBY" (not in my backyard)
Viviamo immersi in un paradosso. Da un lato, il problema del clima mostra una crisi ambientale globale e potenzialmente drammatica per l’umanità. Dall’altro, essa riceve nelle opinioni pubbliche un’attenzione molto minore rispetto a problematiche trascurabili quando non inesistenti.
Quanto al primo aspetto, è stato nei giorni scorsi rilasciato dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) il rapporto 8 agosto 2021 (Climate Change 2021. The Physical Science Basis (link), corredato fra l’altro da un ottimo e sintetico Summary for Policymakers.Come è noto, già il Rapporto speciale IPCC del 2018 “Global Warming of 1,5 Degrees”(link) mostrava le gravi conseguenze di un riscaldamento di 1,5 gradi centigradi e ancor più quelle di un riscaldamento più elevato (2 gradi centigradi o più) rispetto ai livelli preindustriali. Oltre questa soglia, vi è il possibile rischio di mutamenti irreversibili di notevole gravità, come quelli collegati allo scioglimento dei ghiacci dell’Antartide. Il rapporto dell’8 agosto 2021 chiarisce in modo inequivocabile che la scala dei recenti cambiamenti nel sistema climatico è senza precedenti da molti secoli o millenni. Si impone pertanto una forte azione dei governi, dell’opinione pubblica, dei singoli cittadini. E la azione deve essere rapida, perché non vi è molto tempo per invertire la rotta.
Eppure le vere preoccupazioni di molti cittadini sono altre. Ciò che veramente interessa è che l’impianto di trattamento dei rifiuti o l’installazione necessaria per le comunicazioni in 5G – se proprio si devono fare – si facciano lontano dalla nostra Regione o dal nostro Comune (fenomeno noto in Inglese come “NIMBY” - not in my backyard). Ora, proprio gli esempi appena indicati mostrano l’errore paradossale del NIMBY. Perché moderni impianti di trattamento rifiuti servono, e servono proprio (in luoghi idonei) vicino a casa, se si vuole evitare che, come purtroppo accade per la nostra Capitale, enormi quantitativi di rifiuti partano ogni giorno per lunghi e inquinanti viaggi su gomma, verso altre regioni o addirittura altri paesi. Perché comunicazioni avanzate sono indispensabili per accrescere la sicurezza del sistema dei trasporti, per la sicurezza sul lavoro, per la sanità. E non vi è alcuna evidenza scientifica di rilevanti problematiche ambientali o sanitarie connesse alle installazioni, anche del 5G (ove realizzate secondo le regole vigenti). E si potrebbe continuare.
Non ci appassioniamo a sufficienza alla difesa del clima, dalla quale dipende strettamente la qualità della vita delle future generazioni, mentre – con l’illusione di difendere l’ambiente o la salute – compiano scelte sbagliate ed anzi controproducenti. Occorre dunque operare ogni sforzo affinché la scala dei rischi ambientali reali si avvicini a quella dei rischi percepiti. Come per la medicina, fondamentale sarà il ruolo delle università e dei centri di ricerca nel far comprendere all’opinione pubblica ciò che dobbiamo veramente temere e ciò che invece dovremmo auspicare.
Autore: Luciano Butti
Luciano Butti, avvocato, insegna diritto internazionale dell'ambiente all'Università di Padova. In passato è stato magistrato per 13 anni e, nel 2007, Visiting Scholar presso l'Università di Cambridge e il Clare Hall College. Si occupa da sempre dei legami fra diritto, scienza e nuove tecnologie, tanto in pubblicazioni accademiche che nella divulgazione.Ritiene che, sempre nel rispetto dei diversi ruoli, occorra 'più scienza' nelle decisioni dei giudici e della politica.
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