Solo un sano pragmatismo puo' salvare il SSN

Le argomentazioni che hanno spinto il GIMBE a lanciare il progetto SALVIAMO IL SSN sono tutte condivisibili per chi ritiene che un Paese civile debba garantire ai cittadini un servizio sanitario fondato sui principi di equità e solidarietà. Il problema è che esistono da sempre difficoltà oggettive a rendere compatibili principi fondanti di un sistema sanitario (universalità di accesso, gamma di prestazioni garantite, qualità dei servizi resi) e sostenibilità economica della sua organizzazione e, soprattutto, equivoci sulla compatibilità reciproca tra tali principi.

Sull’origine di tali difficoltà e sugli effetti degli equivoci suddetti si è riflettuto in modo superficiale, nonostante il loro impatto negativo sia amplificato dalla deriva efficientista innescata dagli attuali sviluppi del processo di aziendalizzazione, resi inevitabili dalla contrazione delle risorse disponibili indotta dalla crisi economica.

A sostegno di questa affermazione, vale la pena riflettere sul modello interpretativo messo a punto parecchi anni fa Andrew Weale per descrivere quali contraddizioni si generano automaticamente in qualsiasi modello di sistema sanitario a matrice pubblica, privata o mista.

Weale spiega che le differenze tra i sistemi sanitari dipendono dall’impossibilità di fare coesistere i tre principi suddetti così formulabili:

  1. tutti i cittadini devono poter accedere al sistema
  2. il sistema deve garantire l’accesso alla totalità delle prestazioni assistenziali
  3. le prestazioni assistenziali erogate dal sistema devono essere di qualità ottimale.

Weale utilizza l’espressione “triade logica inconsistente” per significare che la traduzione pratica di due dei tre principi impedisce di rendere attuabile il terzo, esclusivamente per problemi di sostenibilità economica (non esistendo realtà dotate di risorse illimitate).

In concreto e nella migliore delle ipotesi, un sistema sanitario che

  1. assicura a tutti i cittadini accesso alla totalità delle prestazioni assistenziali non è in grado di garantirne la qualità ottimale;
  2. assicura l’accesso alla totalità delle prestazioni assistenziali di qualità ottimale non è in grado di garantire l’accesso a tutti i cittadini;
  3. assicura l’accesso a tutti i cittadini garantendo qualità ottimale dei servizi, non è in grado di consentire l’accesso alla totalità delle prestazioni assistenziali.

In altri termini, la scelta di un determinato sistema sanitario rende implicita la necessità di sacrificare o l’eguaglianza tra i cittadini o la qualità dei servizi erogati o la quantità delle prestazioni ottenibili.

Il nostro SSN (tipo A.), non solo non ha garantito qualità ottimale alle prestazioni (la rincorsa al superamento delle liste di attesa è iniziata da tempi immemorabili e non è mai finita), ma ha avuto grosse difficoltà ad assicurare accessibilità alla globalità delle prestazioni previste dai LEA e non ha mai rispettato il principio di equità tra i cittadini.

Eppure dobbiamo salvarlo, senza snaturarlo, perché i cittadini lo considerano un valore e non ne disprezzano la qualità.

È per questo che dobbiamo passare dal modello A. al modello C. il che comporta di stabilire periodicamente

  • quante risorse il nostro Paese può sacrificare per il sistema sanitario,
  • quali prestazioni possiamo garantire realmente a tutti, a fronte delle risorse disponibili.
Il GIMBE, come molte altre istituzioni, ci può concretamente aiutare nell’impresa.

Autore: Ubaldo Montaguti

Ubaldo Montaguti svolge attività di ricerca ed organizza incontri di studio e corsi di formazione sui servizi sanitari nell’ambito della Sezione di Sanità Pubblica e Management Sanitario dell’Accademia Nazionale di Medicina di cui è responsabile scientifico.

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