Troppo fosforo potrebbe far male

Nell’immaginario collettivo i cibi ricchi in fosforo danno forza e intelligenza. Un’indagine  epidemiologica fatta a Framingham - la  cittadina del Massachussets nella  quale negli anni 60   vennero raccolte le prime solide prove su larga scala del rischio cardiovascolare di fumo, ipertensione ed ipercolesterolemia - mostra che una concentrazione di fosforo nel sangue relativamente alta  (pur se ancora  nella norma)  comporta un aumento di circa il 50% del rischio di infarto, ictus e altre malattie cardiovascolari. Questa rilevazione è stata confermata anche nei paesi scandinavi.

Qualche avvisaglia c’era già stata;  esistono infatti prove nei soggetti sani che un pasto ricco in fosforo ha effetti negativi sull’endotelio, un delicato tessuto che riveste l’interno dei vasi e che è il bersaglio di tutti i fattori di rischio cardiovascolare prima elencati.
D’altra parte, il ruolo deleterio del fosforo sull’apparato cardiovascolare è da tempo ben noto nei pazienti malati di rene nei quali la perdita progressiva di funzionalità renale compromette la capacità di eliminare il fosforo con le urine che finisce con l’accumularsi nel sangue ben al di sopra dei limiti di normalità. Un ruolo deleterio è riconosciuto anche in una fase iniziale della malattia renale in cui il fosforo riesce ancora ad essere ben rimosso dal sangue grazie ad alcuni ormoni (Paratormone e FGF23) che ne “forzano” l’eliminazione con le urine ma che, contemporaneamente, danneggiano il cuore e i vasi; l’organismo, cioè, paga un prezzo sull’apparato cardiovascolare per impedire un aumento dei livelli di fosforo nel sangue. Ma c’è di più, nei pazienti con malattie renali il fosforo, (direttamente o indirettamente tramite gli ormoni cui si è accennato) limiterebbe l’effetto benefico degli ACE inibitori, i farmaci più attivi per rallentare o arrestare l’evoluzione verso la dialisi, che rappresenta l’ultimo e più grave stadio della malattia. Per tali motivi, in questi pazienti è bene che l’apporto di fosforo non vada oltre 1 g al giorno, limitando il consumo di latte, carne, formaggi e soprattutto di bibite, insaccati e surgelati ai quali vengono spesso aggiunti sali di fosforo (i “cosiddetti ”polifosfati) per migliorarne il gusto e favorirne la conservazione.
Tornando alla popolazione generale, bisogna riconoscere che, nonostante la recente osservazione del Framingham che ha dato lo spunto a questa nota, mancano ancora prove definitive dell’effetto negativo dell’eccesso di fosforo sul cuore, sui vasi e sul rene. I risultati di questa recente osservazione, tuttavia, dimostrano ancora una volta di più, che nonostante una sempre maggior attenzione verso ciò di cui ci nutriamo ed il benemerito tentativo di educare la popolazione ad un’alimentazione equilibrata, le conoscenze sullo stretto rapporto fra nutrizione e salute sono ancora limitate e che solo la possibilità di condurre nuovi ed impegnativi studi clinici ci permetterà di saperne di più.
In conclusione, al di là delle malattie renali (nelle quali il suo ruolo negativo è ben chiaro), il fosforo sembra essere un insospettato fattore di rischio per cuore e vasi anche nella popolazione generale. Nei prossimi anni sapremo se moderarne l’introito può essere un utile strumento di prevenzione delle malattie cardiovascolari e renali.

Autore: Carmine Zoccali

Carmine Zoccali è Direttore del Dipartimento di Nefro-Urologia e Trapianto  di Rene degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria e Responsabile dell’Unità  CNR “Epidemiologia Clinica della Malattie Renali e dell’Ipertensione Arteriosa”. E’ Editor in Chief di Nephrology Dialysis and Transplantation. Dal 2003 al 2009 è stato Chairman dell’European Registry of Dialysis and Transplantation dell’European Renal Association (ERA-EDTA) e nel 2007-2009 ha ricoperto la carica di  Presidente della Società Italiana  di Nefrologia.

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