I costi della sanità e l’etica di evitare gli sprechi
Quando si tratta di soldi, nella sanità e nella ricerca italiana, ma - per la verità - non solo in questi settori, sembra vigere la sacra regola di tendere a trattare tutti alla stessa maniera (o in maniera non troppo dissimile) e del non marcare le differenze (o di marcarle poco), anche quando sono enormi. Succede quando si devono distribuire quei pochi fondi che ancora si destinano alla ricerca (i famigerati “finanziamenti a pioggia”) ma anche quando si tratta di tagliare le spese, di risparmiare, come per esempio sulla sanità. Si potrebbe sperare che un simile atteggiamento sia la conseguenza esasperata di una mal riposta solidarietà. L’esito abnorme, quindi, di un atteggiamento sostanzialmente e primariamente positivo che tende a proteggere le realtà meno forti. Non è così. Chi vive da decenni in questo mondo sa bene che i dirigenti amministrativi e politici chiamati a decidere chi, cosa, dove, quando sono spesso da una parte gravemente impreparati sugli argomenti in oggetto e dall’altra biecamente opportunisti, per cui conviene non scontentare nessuno, soprattutto se si tratta d’interlocutori in grado, direttamente o meno, di influire sulle proprie carriere future. Ma l’approccio del “todos caballeros” non aiuta a spendere bene il denaro del contribuente, con grave danno per tutti e soprattutto per i più deboli. (vt)
"C’è qualche differenza fra Tanai e il suocero di Visellio" scriveva Orazio. E c’è qualche differenza fra quello che le Regioni chiedono agli Ospedali (per via della spending review del Governo) e quello che ha proposto Howard Brody, che è professore di medicina nel Texas. Gli uni e l’altro vogliono ridurre i costi della sanità. Però da noi si chiede di farlo sostituendo la metà dei dipendenti che vanno in pensione, Brody invece in un bellissimo articolo “Dall’etica dei tagli all’etica di evitare gli sprechi” ha una ricetta diversa. Sostiene che ci si deve spostare dalla logica dei tagli a quella di evitare gli sprechi.
Autore/i
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Giuseppe Remuzzi
Giuseppe Remuzzi è Direttore del Dipartimento di Medicina degli Ospedali Riuniti di Bergamo e coordina le attività di ricerca delle sedi di Bergamo dell’Istituto Mario Negri e del Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare. E’ membro del “Gruppo 2003” che annovera gli scienziati italiani più citati dalla letteratura scientifica ed ha ricevuto nel 2007 il “John P. Peters Award”, il più prestigioso premio nel campo della nefrologia internazionale. E’ Commendatore della Repubblica per meriti scientifici ed editorialista del Corriere della Sera.
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