Quando il troppo stroppia. Troppa medicina fa male
Accompagno dal medico una persona a me cara affetta da una patologia nodulare e chiedo al collega informazioni su quali protocolli diagnostici intenda seguire. Mi risponde: “Protocolli diagnostici? L’ultima volta che li ho seguiti mi è sfuggita una diagnosi di cancro; da allora non seguo alcun protocollo, faccio sempre il massimo: la biopsia!”. Ribatto: “Ma non mi pare un nodulo a rischio”; risponde “Vero, ma se, invece, poi è un cancro? Lo ripeto: biopsia!”. Inutile dire che il paziente a quel punto, nonostante le mie perplessità, ha deciso di effettuare la biopsia. I risultati, per fortuna, sono stati negativi. Tutto bene, quindi; a parte dolore ed infiammazione locale per una decina di giorni e nell’attesa dei risultati, 2 settimane di ansia.
Discuto con un collega della terapia che ha consigliato ad un paziente e gliene chiedo il razionale. Mi risponde “ho ritenuto di somministrare quel tal farmaco alla luce della mia esperienza, basata su un caso simile di qualche mese addietro nel quale ho deciso il trattamento ed è andato tutto bene”. Faccio cortesemente notare che non esistono protocolli ufficiali che in un paziente di quel tipo indichino la necessità di quel trattamento e mi definisco contrario. Il collega mastica amaro e non se ne fa una ragione…alla luce della sua esperienza.
Questi esempi aiutano a capire perché la sanità costi sempre di più e le strutture sanitarie siano sempre meno in grado di prestare servizi adeguati in tempi ragionevoli. La nota di oggi fa il punto sugli eccessi diagnostici ma gli eccessi sono, purtroppo, anche terapeutici. Con un approccio di questo tipo, a parte le industrie del settore e la sanità privata (e neanche sempre, perché gli eccessi costano anche lì), ci perdono tutti. Ci perde il paziente, troppo “medicalizzato” e costretto a lunghe liste d’attesa, ci perdono i medici più accorti, sviliti da un andazzo che li spinge ad un atteggiamento eccessivamente interventista, ci perde il contribuente che vede sperperati i suoi danari. Ci perde pure la giustizia sociale perché di questo passo, a fronte di risorse sempre più limitate, solo i pazienti più abbienti potranno avere pieno accesso alle prestazioni che necessitano, rivolgendosi alla sanità privata. (vt)
Autore/i
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Nino Cartabellotta
Nino Cartabellotta (www.ninocartabellotta.it) è medico, specialista in medicina interna e gastroenterologia; si interessa di metodologia con competenze trasversali a tutte le professioni ed i livelli organizzativi del sistema sanitario. Fondatore nel 1996 del Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze (www.gimbe.org), dal 2010 è presidente della Fondazione GIMBE. E’, inoltre, Direttore Responsabile di Evidence, rivista metodologica open access e Autore del blog “La sanità che vorrei”.
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