Come migliorare il finanziamento della ricerca biomedica in Italia.

Il finanziamento del PNRR direttamente dedicato alla ricerca cosiddetta “di base” dovrebbe essere di circa 6 miliardi di euro. Molti meno di quanto sperato e probabilmente insufficienti per colmare la distanza che ci separa da tutti i paesi occidentali. Se ci riferiamo alla sola ricerca biomedica che conosciamo per esperienza diretta ecco alcuni suggerimenti di semplice attuazione a bassissimo costo.

  • Bandire con tempistiche certe progetti liberi su temi coerenti con le necessità generali della ricerca in Italia e che promuovano innovazione. Sarebbe importante che le procedure di partecipazione ai bandi fossero molto più semplici delle attuali che spesso rendono difficile la partecipazione di molti ricercatori che non sono supportati da adeguate strutture amministrative.
  • Garantire che la valutazione delle proposte sia basata su un attento sistema di peer review (revisione tra pari, che significa effettuata da altri scienziati esperti nello specifico settore). Sarebbe molto importante che nelle commissioni vi fosse un elevato numero di stranieri (almeno il 75%). Ciò ridurrebbe il rischio di “selezioni amicali” di cui il nostro paese soffre da sempre.
  • Incoraggiare bandi per singoli ricercatori/laboratori di ricerca, limitando i “progetti a filiera” per evitare maxi aggregazioni, creando “progetti accozzaglie”. Pratica anche questa arcinota nel nostro paese che vanifica l’attività di una peer review rigorosa e competitiva, essendo il numero finale di progetti inevitabilmente limitato.
  • Garantire che i ricercatori siano identificati come giovani (cui va riservata una parte dei finanziamenti) non dall’età anagrafica ma dagli anni trascorsi dal conseguimento del dottorato di ricerca o dell’ultimo titolo di studio (si fa così in tutto il mondo occidentale).
  • Diversificare i bandi specifici per la ricerca da quelli che erogano fondi per strutture o infrastrutture relative. Anche qui la confusione non serve a nessuno se non a chi ci si sguazza e riesce a drenare fondi, indipendentemente dalla bontà dei progetti.
  • Allestire un unico portale liberamente consultabile che informi su: i) bandi disponibili, ii) nomi dei revisori; iii) risultati delle procedure di selezione dei progetti da finanziare; iv) risultati del monitoraggio dei progetti già finanziati, sia in itinere e alla loro conclusione (per verificare che ciò che si è scritto è stato poi eseguito), sia 3-5 anni dopo la fine del finanziamento per valutare i risultati in termini di pubblicazioni, brevetti (per questi risultati serve tempo).

Queste poche, semplici ma essenziali modifiche rispetto all’andazzo attuale sarebbero la migliore dimostrazione della volontà del Governo di creare finalmente un modello di valutazione, finanziamento e gestione della ricerca italiana che sia comparabile alle altre nazioni avanzate.

Autore: Vincenzo Trischitta

 
 

Vincenzo Trischitta insegna Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma e dirige un gruppo di ricerca sulla genetica e l’epidemiologia del diabete e delle sue complicanze cardiovascolari presso l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza tra Roma e San Giovanni Rotondo. E’ tra i fondatori, nel 2019, del Patto Trasversale per la Scienza. Attribuisce agli scienziati il dovere della divulgazione e della informazione per una società più consapevole e più libera.

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