Come si puo' aspirare ad essere medici nel 2012?
Come si può aspirare ad essere medici nel 2012? C’è da rispondere a certe domande. Partiamo da quelle di logica. Eccone una: “Ronald E. Smith [...] ha elaborato l’ipotesi che gli studenti molto ansiosi, messi in condizione di ridere durante gli esami, debbano sentirsi più a loro agio e dare prestazioni più brillanti. [...] Si conferma l’ipotesi che l’umorismo abbia proprietà tranquillanti. Infatti, per gli studenti poco ansiosi l’umorismo non ha alcun effetto; per gli studenti molto ansiosi, invece, si nota un miglioramento dei risultati”. Ci sono quattro possibili risposte. Quella giusta sarebbe “la formulazione in termini umoristici delle domande d’esame non darebbe alcun apprezzabile vantaggio a studenti poco ansiosi”.
Io preferirei che chi vuol fare il dottore mi dica se secondo lui un ammalato grave ha il diritto di decidere come morire e quando? E se non lui, chi altro? Il futuro medico dovrebbe sapere cos’è il New England Journal of Medicine, il Lancet. Deve essere colto il medico, siamo d’accordo, ma se anche non sa che “piove su le tamerici…” il celeberrimo passo di D’Annunzio è un’anafora, pazienza. Perché non chiedere invece quanti bambini muoiono di morbillo al mondo e dove? E si muore ancora di tubercolosi? E da dove è venuto il virus dell’AIDS? Io al candidato chiederei candidamente se fuma e quelli che fumano li lascerei fuori.
In questo test non c’è nulla che aiuti a capire se il futuro medico saprà parlare con gli ammalati. Quando questi ragazzi saranno laureati, gli interventi chirurgici li faranno i robot e il 90 percento della medicina sarà “information technology”. Su queste tecniche nella prova di ammissione non c’è nulla. E non c’è nemmeno una domanda d’Inglese che ormai è la lingua della medicina. Quest’esame assomiglia moltissimo all’esame di maturità di tanti anni fa. ”Può darsi che la tua promozione o la tua bocciatura dipendano da un’ultima domanda: Dante era Guelfo o Ghibellino ?”. E che tu non lo sappia. E allora fai questo ragionamento: “…ha calcato la voce sulla parola Guelfo. Forse per trarmi in inganno, e farmi pensare, facendo passare inosservata la parola Ghibellino, che questa proprio, sia quella giusta, mentre, invece, la giusta è Guelfo; ma potrebbe essere anche che avesse pensato che io avrei fatto questo ragionamento e che perciò la parola giusta fosse Ghibellino; d’altra parte, se avesse previsto anche questo mio secondo ragionamento, la parola è Guelfo; e se poi ha previsto questo mio terzo ragionamento, allora Dante era Ghibellino. “Ghibellino professore”, “Bravo, siete maturo” (ma Dante era guelfo di parte bianca). Chissà che lo studente dalla memoria corta, promosso un po’ così dal maestro Mosca, non se la sia cavata lo stesso nella vita.
Fare il dottore è un po’ come fare il cuoco o guidare l’aereo, bisogna essere portati: chi è troppo introverso o troppo scontroso o troppo facile a seccarsi è bene che non ci provi nemmeno. E anche chi non è disponibile a studiare tutta la vita. Insomma, certi non vanno bene anche se conoscono l’origine della tragedia greca.
Autore: Giuseppe Remuzzi
Giuseppe Remuzzi è Direttore del Dipartimento di Medicina degli Ospedali Riuniti di Bergamo e coordina le attività di ricerca delle sedi di Bergamo dell’Istituto Mario Negri e del Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare. E’ membro del “Gruppo 2003” che annovera gli scienziati italiani più citati dalla letteratura scientifica ed ha ricevuto nel 2007 il “John P. Peters Award”, il più prestigioso premio nel campo della nefrologia internazionale. E’ Commendatore della Repubblica per meriti scientifici ed editorialista del Corriere della Sera.
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