COVID-19. Cosa fare nel futuro?
Introduzione
Quale sarà il futuro del COVID-19? La probabilità di raggiungere rapidamente una “completa” immunità di gregge è modesta sia perché c’è una parte della popolazione che non è al momento eleggibile al vaccino (i più giovani) sia perché ci sono individui che non vogliono vaccinarsi. Infine, anche perché già alcune delle varianti attuali sono meno responsive ai vaccini attualmente disponibili e altre ne nasceranno. Tutto questo, di per sé, non rappresenta un problema insormontabile ma è uno scenario con cui fare i conti (https://jamanetwork.com/journals/jama/article-abstract/2777343).
Il fine ultimo cui ci riferiamo è ridurre le forme gravi della malattia che aumentano il numero dei ricoveri in ospedale, mandandoli in tilt e riducendone le performance sia per la cura del COVID-19 sia di tutte le altre malattie che vengono inevitabilmente trascurate, con importanti riflessi sulla loro morbilità e mortalità. Questo rischio è soprattutto temibile con l’arrivo del prossimo inverno ed abbiamo quindi qualche mese per prepararci adeguatamente. Le cose da fare sono sostanzialmente tre:
- Aumentare le nostre capacità di studiare la sequenza virale sul maggior numero possibile di pazienti affetti. Ciò permetterebbe l’identificazione precoce di nuove varianti ed il loro stretto monitoraggio con tracciamenti ed isolamenti adeguati, così da non essere travolti dagli eventi come è finora successo.
- Creare e/o comprare vaccini che via via siano adattati alle nuove varianti che sorgeranno. E’ già quello che succede da molti anni con i vaccini anti-influenzali. Niente di nuovo, quindi, ma va programmato per tempo.
- Organizzare per tempo il nostro sistema sanitario, possibilmente in maniera univoca e non disomogenea come è accaduto in questo primo anno, per gestire campagne vaccinali che dovranno probabilmente essere annuali (non sappiamo ancora con precisione quanto duri l’immunità dopo un’infezione o dopo il vaccino).
Insomma, speriamo che SARS-CoV-2 sparisca nel breve volgere di qualche anno (e potrebbe succedere) ma d’altra parte non possiamo escludere che dovremo attrezzarci per coesistere con questo virus, così come coesistiamo, discretamente bene, con molti altri virus, accettando magari che COVID-19 diventi una malattia stagionale come l’influenza. Se si continuerà a studiare con i giusti investimenti di danaro e dispiegamento di forze e si organizzerà la gestione sanitaria con altrettanto impegno, saremo certamente in grado di venirne a capo.
Infine, la parte ricca ed evoluta del mondo dovrebbe investire danaro ed organizzazione per arrivare a vaccinare l’intero pianeta. Fin quando, infatti, ci saranno miliardi o anche centinaia di milioni di persone non vaccinate il virus correrà libero e più correrà e più varianti si creeranno (https://theconversation.com/new-covid-variants-have-changed-the-game-and-vaccines-will-not-be-enough-we-need-global-maximum-suppression-157870). Non si tratta di essere buoni (che pure male non farebbe) ma intelligentemente lungimiranti.
E parallelamente a queste attività dovremo prestare la massima attenzione alle modalità di comunicazione al grande pubblico dei dati disponibili, dei rischi, delle prospettive. La recente débâcle comunicativa dell’affaire AstraZeneca, che ha travolto emotivamente anche scienziati non sufficientemente “freddi” ed istituzioni scientifiche troppo permeabili da considerazioni politiche (che anche quando perfettamente legittime dovrebbero comunque intervenire solo a valle del pronunciamento scientifico) ce lo sta a ricordare.
Autore: Vincenzo Trischitta
Vincenzo Trischitta insegna Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma e dirige un gruppo di ricerca sulla genetica e l’epidemiologia del diabete e delle sue complicanze cardiovascolari presso l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza tra Roma e San Giovanni Rotondo. E’ tra i fondatori, nel 2019, del Patto Trasversale per la Scienza. Attribuisce agli scienziati il dovere della divulgazione e della informazione per una società più consapevole e più libera.
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