Fondi sanitari: integrativi di nome, sostitutivi di fatto
Negli ultimi anni si è progressivamente fatta largo l’idea che il cosiddetto “secondo pilastro” – generato da un complicato intreccio tra fondi sanitari, assicurazioni e welfare aziendale – sia l’unica soluzione per garantire la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). La Fondazione GIMBE, invece, ha incluso l’espansione incontrollata del secondo pilastro tra le macro-determinanti della crisi di sostenibilità del SSN.
In occasione dell’indagine conoscitiva della Commissione Affari Sociali della Camera sui fondi sanitari integrativi, la Fondazione GIMBE ha pubblicato un report indipendente che documenta come l’attuale impianto legislativo abbia permesso ai fondi sanitari di diventare prevalentemente sostitutivi di prestazioni già offerte dal SSN. Una normativa frammentata e incompleta ha consentito inoltre all’intermediazione finanziaria e assicurativa di generare profitti grazie alle detrazioni fiscali di cui beneficiano i fondi sanitari, offrendo “pacchetti preventivi” che alimentano il consumismo sanitario e aumentano i rischi per la salute.
Il report analizza le determinanti dell’espansione del secondo pilastro, fornisce una bussola per orientarsi nell’ecosistema dei terzi paganti e riporta i dati relativi alla spesa sanitaria intermediata da fondi, assicurazioni e altri enti. Nel periodo 2010-2016 il numero dei fondi sanitari è aumentato da 255 a 323, con incremento del numero d’iscritti (da 3.312.474 a 10.616.847) e delle risorse impegnate (da € 1,61 a 2,33 miliardi). Tre dati di rilevo: la percentuale delle risorse destinate a prestazioni integrative rimane stabile intorno al 30%; a fronte di un incremento medio annuo degli iscritti del 22,3%, quello delle risorse impegnate è del 6,4%; i fondi che intrattengono “relazioni” con compagnie assicurative sono aumentati dal 55% nel 2013 all’85% nel 2017. Inoltre il 40-50% dei premi versati non si traducono in servizi per gli iscritti perché erosi da costi amministrativi, fondo di garanzia (o oneri di ri-assicurazione) e da eventuali utili di compagnie assicurative. Pertanto, a fronte della bramosia sindacale e imprenditoriale per il welfare aziendale, i fondi sanitari offrono ai lavoratori dipendenti solo vantaggi marginali, mentre a beneficiarne sono le imprese che risparmiano sul costo del lavoro, l’intermediazione finanziaria e assicurativa che genera profitti e la sanità privata per l’aumento delle prestazioni sanitarie.
Il report analizza anche gli “effetti collaterali” dei fondi sanitari che favoriscono la privatizzazione, generano iniquità e diseguaglianze, minano la sostenibilità, aumentano la spesa sanitaria delle famiglie e dello Stato, inducono sovra-utilizzo di prestazioni sanitarie che possono anche danneggiare la salute delle persone, generano frammentazione dei percorsi assistenziali e compromettono una sana competizione tra gli operatori del settore.
La Fondazione GIMBE, dunque, oltre a richiedere al Ministero della Salute di rendere pubblicamente accessibile l’anagrafe dei fondi sanitari integrativi, invoca la necessità di un Testo Unico per:
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restituire alla sanità integrativa il suo ruolo originale, ovvero quello di rimborsare esclusivamente prestazioni non incluse nei LEA;
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evitare che il denaro pubblico, sotto forma di incentivi fiscali, venga utilizzato per alimentare i profitti dell’intermediazione finanziaria e assicurativa;
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tutelare i cittadini e pazienti da derive consumistiche dannose per la salute;
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assicurare una governance nazionale, oggi minacciata dal regionalismo differenziato;
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garantire a tutti gli operatori del settore le condizioni per una sana competizione.
Autore: Nino Cartabellotta
Nino Cartabellotta (www.ninocartabellotta.it) è medico, specialista in medicina interna e gastroenterologia; si interessa di metodologia con competenze trasversali a tutte le professioni ed i livelli organizzativi del sistema sanitario. Fondatore nel 1996 del Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze (www.gimbe.org), dal 2010 è presidente della Fondazione GIMBE. E’, inoltre, Direttore Responsabile di Evidence, rivista metodologica open access e Autore del blog “La sanità che vorrei”.
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