Il sottoutilizzo dei farmaci equivalenti. Un mix di confusione, malafede e ignoranza.

In Italia i farmaci equivalenti sono largamente sotto-utilizzati: nel 2013 hanno rappresentato il 19% dei consumi (media OCSE 48%) e l’11% della spesa (media OCSE 24%) del mercato farmaceutico. Il Rapporto OsMed 2015 riporta un paradosso ancora più clamoroso: in Italia la spesa per i farmaci il cui brevetto è scaduto viene assorbita solo per il 28% dagli equivalenti.

A farsi carico della differenza per l’acquisto dei farmaci di marca, non rimborsati dal SSN, sono i cittadini, con una spesa out-of-pocket di oltre € 1 miliardo nel 2015 e di € 437 milioni nei primi 5 mesi del 2016 (trend in aumento). Il fenomeno del sotto-utilizzo dei farmaci equivalenti in Italia contrasta con tre incontrovertibili evidenze scientifiche: 1. il farmaco equivalente è altrettanto efficace e sicuro del farmaco di marca; 2. può contare su evidenze di sperimentazione e utilizzo più robuste (almeno 10 anni) del farmaco di marca; 3. il sotto-utilizzo degli equivalenti aumenta la spesa e riduce la compliance terapeutica, in particolare nelle malattie croniche, con aumento dei costi per il SSN.

Dai dati OsMed emerge una singolare contraddizione: se la riduzione dei consumi di farmaci in classe C con ricetta testimonia la difficoltà dei cittadini a sostenere la spesa dei farmaci a proprio carico, per la prescrizione e l’acquisto di farmaci in classe A esiste una “resistenza” ad abbandonare i farmaci di marca in favore degli equivalenti. Diversi studi dimostrano che il prezzo inferiore influenza negativamente la percezione di medici, farmacisti e pazienti che vedono gli equivalenti come un prodotto meno costoso ma inferiore ai farmaci di marca per qualità, efficacia e sicurezza.

Al fine di contrastare quest’anomalia la Fondazione GIMBE ha recentemente pubblicato il position statement “Il sotto-utilizzo dei farmaci equivalenti in Italia”, sottolineando la necessità di abbandonare il dequalificante aggettivo “generico”, analizzando analogie e differenze tra farmaci equivalenti e di marca, chiarendo il ruolo delle liste di trasparenza AIFA e illustrando la complessa normativa sulla prescrizione dei farmaci equivalenti e sull’eventuale sostituzione da parte del farmacista. È proprio la normativa sulla prescrizione dei farmaci, infatti, ad ostacolare la diffusione degli equivalenti, perché prevede l’interazione di tre autonomie decisionali: la prescrizione medica, la proposta e l’eventuale sostituzione da parte del farmacista e la preferenza del paziente.

Il sotto-utilizzo degli equivalenti è determinato dalla combinazione degli ampi margini di discrezionalità consentiti dalla normativa, degli onnipresenti conflitti d’interesse e dei pregiudizi individuali sulla loro efficacia e sicurezza. Questi ultimi rappresentano l’ostacolo principale ad un più ampio utilizzo degli equivalenti ed è, quindi, indispensabile formare e sensibilizzare medici, farmacisti e cittadini sui notevoli benefici di salute ed economici che potrebbero derivare da un cambio di rotta. Occorrono poi strategie di sistema per integrare liste di trasparenza e “reminder” delle cartelle cliniche informatizzate dei medici di famiglia, allineare i loro sistemi premianti alle prescrizioni di equivalenti, monitorare le responsabilità dei farmacisti, studiare nuovi interventi di governance del farmaco, tra cui la non rimborsabilità dei farmaci di marca a brevetto scaduto il cui prezzo superi quello di riferimento di una determinata percentuale.

Autore: Nino Cartabellotta

Nino Cartabellotta (www.ninocartabellotta.it) è medico, specialista in medicina interna e gastroenterologia; si interessa di metodologia con competenze trasversali a tutte le professioni ed i livelli organizzativi del sistema sanitario. Fondatore nel 1996 del Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze (www.gimbe.org), dal 2010 è presidente della Fondazione GIMBE. E’, inoltre, Direttore Responsabile di Evidence, rivista metodologica open access e Autore del blog “La sanità che vorrei”. 

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