La demenza e' una grave emergenza sanitaria e sociale che richiede attenzione ed investimenti.
Nel 2019 circa 57 milioni di persone erano affetti da demenza, una delle maggiori cause di disabilità tra i soggetti anziani. Secondo il “Global Burden of disease” i casi di demenza saranno triplicati (153 milioni) entro il 2050 se non si cercherà di contrastare i maggiori fattori di rischio oggi conosciuti. Nel 2020 la “Lancet Commission on dementia” ha stimato che circa il 40% dei casi di demenza potrebbe essere prevenuta o ritardata se si riducesse l’esposizione degli individui a questi dodici fattori di rischio: ipertensione arteriosa, fumo di sigarette, obesità, bassi livelli di scolarizzazione, depressione, diabete, inattività fisica, riduzione dell’udito, isolamento sociale, eccessivo consumo di alcol, contusioni al capo, inquinamento dell’aria.
Tanto per fare un esempio, un miglior livello di scolarizzazione potrebbe evitare più di 6 milioni di casi di demenza entro il 2050. Ma purtroppo, il trend all’incremento di obesità, ipertensione arteriosa ed abitudine tabagica che si prospetta nel futuro, finirà (se non bloccato) con l’aumentare i casi di demenza di quasi 7 milioni di casi entro lo stesso 2050, pareggiando rovinosamente il conto. D’altra parte non esistono ancora oggi validi trattamenti farmacologici per prevenire o curare la demenza.
E’ quindi necessaria una attenta pianificazione a livello locale e nazionale (di tutti i paesi) per assicurare che i servizi di cura medica e supporto sociale oggi esistenti siano adattati quantitativamente e qualitativamente ai nuovi bisogni indicati dalle proiezioni dei dati epidemiologici ma anche che si risolvano le diseguaglianze oggi esistenti nel potervi accedere. A questo scopo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un piano d’azione per il periodo 2017-25 per migliorare la vita dei pazienti con demenza e di chi se ne cura. Nel settembre 2021, a metà del percorso, ha riportato i dati sul miglioramento dei servizi pubblici sanitari concludendo che qualche progresso sia stato ottenuto ma che ancora molto resta da fare.
I terribili costi personali (del paziente e del nucleo familiare) si associano ad elevati i costi economici e sociali che rappresentano una sfida per i servizi sanitari e sociali di tutto il mondo. In Italia, per esempio, la sola malattia di Alzheimer interessa circa 600.000 persone e il costo medio annuo per paziente, comprensivo dei costi diretti e indiretti, sia familiari sia a carico del sistema sanitario nazionale e della collettività, è stimato in 70.587 euro. Cifra che, moltiplicata per il numero di pazienti, significa oltre 42 miliardi di euro. Nel 2021 è stato istituito il “Fondo per l’Alzheimer e le demenze” con una dotazione triennale complessiva di 15 milioni di euro (5 milioni/anno per gli anni 2021, 2022 e 2023). E’ evidente, che pur se è l’iniziativa va nella giusta direzione, i fondi stanziati sono largamente insufficienti. Investire fondi pubblici sul problema demenza non è solo giusto per i pazienti ed i loro cari ma è nell’interesse generale di tutta la società e va fatto urgentemente.
Autore: Vincenzo Trischitta
Vincenzo Trischitta insegna Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma e dirige un gruppo di ricerca sulla genetica e l’epidemiologia del diabete e delle sue complicanze cardiovascolari presso l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza tra Roma e San Giovanni Rotondo. E’ tra i fondatori, nel 2019, del Patto Trasversale per la Scienza. Attribuisce agli scienziati il dovere della divulgazione e della informazione per una società più consapevole e più libera.
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