Saranno pubblici i compensi ai medici delle industrie farmaceutiche. Ma..davvero?
In sanità il conflitto d’interessi (CI) è identificato come comportamento “sconveniente” rispetto al proprio ruolo professionale o istituzionale. In realtà, il CI è una condizione che si verifica quando esistono relazioni che compromettono l’indipendenza del medico, il cui giudizio professionale riguardante la salute del paziente viene indebitamente influenzato da un interesse economico o di altra natura.
Pertanto, è necessario misurare l’entità del CI in relazione alla potenziale slealtà dell’influenza esterna, come sostenuto da numerose iniziative internazionali mirate a rendere pubblica l’entità di sponsorizzazioni e finanziamenti dall’industria farmaceutica in favore dei singoli medici: i pazienti potranno così giudicare se e quanto le decisioni terapeutiche che li riguardano siano influenzate interessi di altra natura dei loro medici.
La spinta verso una maggiore trasparenza è nata negli USA dove l’Institute of Medicine nel 2009 documentava «una varietà di situazioni allarmanti che possono minare la fiducia dei cittadini nella medicina»: medici che non dichiarano emolumenti dalle aziende farmaceutiche, società scientifiche che producono linee guida di pratica clinica senza dichiarare i finanziamenti dell’industria, né i CI dei membri del panel.
In Italia innumerevoli CI continuano a minare l’integrità della sanità, favorendo la diffusione d’interventi sanitari inefficaci e inappropriati e alimentando comportamenti opportunistici che però solo raramente assumono rilevanza penale, perché a livello formale le carte sono in regola: secondo il codice deontologico il medico, infatti, deve evitare CI per vantaggi economici o di altra natura e dichiarare le condizioni di CI relativi ad attività di ricerca e divulgazione scientifica, formazione e aggiornamento, prescrizione diagnostico-terapeutica e rapporti con industrie, enti, organizzazioni e istituzioni o con la Pubblica Amministrazione.
Per fortuna oggi anche qui qualcosa si muove, grazie a due fatti nuovi che, ahimè, non vengono dal mondo professionale:- la determinazione n. 12/2015 dell’ANAC, che definisce «Il settore dei farmaci, dei dispositivi, così come l’introduzione di altre tecnologie nell’organizzazione sanitaria, nonché le attività di ricerca, di sperimentazione clinica e le correlate sponsorizzazioni, ambiti particolarmente esposti al rischio di corruzione e CI»;
- l’adozione da parte di Farmindustria del codice etico della federazione europea delle industrie farmaceutiche in materia di trasparenza dei cosiddetti “trasferimenti di valore” ai professionisti e alle strutture sanitarie, che, dal prossimo 30 giugno, prevede l’obbligo di rendere pubblici tali trasferimenti effettuati direttamente o indirettamente verso operatori o organizzazioni sanitarie, con dati individuali.
Autore: Nino Cartabellotta
Nino Cartabellotta (www.ninocartabellotta.it) è medico, specialista in medicina interna e gastroenterologia; si interessa di metodologia con competenze trasversali a tutte le professioni ed i livelli organizzativi del sistema sanitario. Fondatore nel 1996 del Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze (www.gimbe.org), dal 2010 è presidente della Fondazione GIMBE. E’, inoltre, Direttore Responsabile di Evidence, rivista metodologica open access e Autore del blog “La sanità che vorrei”.
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