Sessismo nei laboratori di ricerca
Viviamo in una società sessista, caratterizzata dal dramma dei femminicidi, discriminazioni quotidiane nel mondo del lavoro, uso commerciale del corpo della donna e chi più ne ha più ne metta. Quando qualche mese addietro Laura Boldrini si congratulò con la RAI per aver deciso di non mandare in onda Miss Italia, si alzò un coro di avvocati improvvisati per negare che lo storico concorso, vanto della nostra cultura pop (!), possa ledere la dignità della donna. E, forse per sopravvivere al moto di desolazione che ci assale, ci rifugiamo nella convinzione che questi sono i tipici problemi di un Paese provinciale come l’Italia in cui, storicamente, il rapporto fra sessi non è paritario, e di un ambiente, quello televisivo, poco attento a certe problematiche. Tutto vero, purtroppo. Ma attenzione a non pensare che altrove la situazione sia del tutto diversa. Ne è la prova cosa accade nei migliori laboratori di scienza biomedica al mondo.
Nei laboratori dell’Harvard Medical School (la migliore Scuola di Medicina del mondo), del Massachusetts General Hospital (uno dei migliori ospedali del mondo), del Massachusetts Institute of Technology (il migliore Politecnico del mondo), attorno alla città di Boston, una delle più liberal di una delle migliori democrazie del mondo, c’è tanto di quel sessismo che solo lo scorso anno Nature ha deciso di dedicare una serie di articoli al problema, introdotti da un editoriale (http://www.nature.com/news/science-for-all-1.12535). Ed è interessante ascoltare alcune ricercatrici che, pur se con spirito costruttivo, raccontano le loro difficoltà di essere professioniste di successo, donne e mamme. Disparità che non si riscontrano solo nella facilità di fare carriera e negli stipendi ma anche, incredibile a dirsi, nella possibilità di ottenere finanziamenti per condurre le loro ricerche. Ed in Europa la situazione non è migliore con solo l’11% dei ruoli accademici dirigenti in mano alle donne quando all’inizio della carriera, durante il dottorato di ricerca più di un terzo del numero complessivo di studenti è rappresentato dalle donne. Stavolta, purtroppo, sbirciare nel mondo della scienza non serve a trarre spunti di ottimismo e indicazioni per una gestione migliore della nostra società. Se ne ricava, al contrario, la desolante certezza che il sessismo non solo è intrinsecamente radicato nella nostra cultura, ma ha anche una straordinaria capacità di adattamento che gli permette di sopravvivere anche in condizioni estreme come quelle di un ambiente intellettualmente evoluto e che fa della razionalità ed obiettività la sua ragion d'essere. Il suo superamento? “Vaste programme", avrebbe detto De Gaulle! Per riuscirci, quindi, lavoro duro, di tutti e senza sosta.
Autore: Vincenzo Trischitta
Vincenzo Trischitta insegna Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma e dirige un gruppo di ricerca sulla genetica e l’epidemiologia del diabete e delle sue complicanze cardiovascolari presso l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza tra Roma e San Giovanni Rotondo. E’ tra i fondatori, nel 2019, del Patto Trasversale per la Scienza. Attribuisce agli scienziati il dovere della divulgazione e della informazione per una società più consapevole e più libera.
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