La Medicina difensiva: un potenziale rischio per il paziente e per l’intero sistema sanitario
Ci siamo già interessati della medicina difensiva alcuni anni addietro, prima con http://www.fivehundredwords.it/argument/it-quando-il-troppo-stroppia-troppa-medicina-fa-male e poi con http://www.fivehundredwords.it/argument/it-less-is-more-il-caso-delle-quantita-di-farmaci-prescritti ma il problema rimane invariato ed anzi, in tempi di COVID—19, probabilmente si è ulteriormente esacerbato. Allora torniamoci sopra, stavolta con il punto di un giurista. (vt)
Per comprendere che cosa sia la “medicina difensiva” occorre partire da un presupposto: dovere del medico è quello di proporre al paziente tutte e solo quelle terapie che - secondo la propria migliore scienza e coscienza - sono le più appropriate. Nel caso siano possibili diverse alternative, è altresì dovere del medico - soprattutto quando le conseguenze sono potenzialmente molto diverse - spiegare chiaramente al paziente, in un colloquio approfondito e non soltanto “cartaceo”, vantaggi e svantaggi di ciascuna. Si ha invece medicina difensiva quando le scelte, proposte o spiegazioni del medico sono influenzate in modo significativo dalla preoccupazione di evitare o di rendere meno probabili contenziosi legali futuri e in parte anche da quella di venire incontro ad insistenze del paziente, per quanto ingiustificate.
Autore/i
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Luciano Butti
Luciano Butti, avvocato, insegna diritto internazionale dell'ambiente all'Università di Padova. In passato è stato magistrato per 13 anni e, nel 2007, Visiting Scholar presso l'Università di Cambridge e il Clare Hall College. Si occupa da sempre dei legami fra diritto, scienza e nuove tecnologie, tanto in pubblicazioni accademiche che nella divulgazione.Ritiene che, sempre nel rispetto dei diversi ruoli, occorra 'più scienza' nelle decisioni dei giudici e della politica.
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