Esercizio fisico e salute metabolica
Pierpaolo De Feo, è Professore Associato di Endocrinologia dell’Università di Perugia, dove dirige il C.U.R.I.A.MO. (Centro Universitario Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria). E’ autore di circa 140 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali , diverse in tema di esercizio fisico e strategie per migliorare gli stili di vita. E’ stato coordinatore del Gruppo Attività Fisica di Diabete Italia ed è attualmente Presidente dell’Italian Wellness Alliance.
I microbi sono nostri ospiti, trattiamoli bene.
Sabrina Prudente, biologo molecolare, coordina l’Unità di Ricerca sul Diabete presso l’Istituto CSS-Mendel di Roma (www.css-mendel.it) che studia i meccanismi genetici che predispongono alla malattia diabetica ed alle sue complicanze cardiovascolari e renali.
Forza scienziati, fatevi sentire!
Serve un Nuovo Rinascimento per riqualificare l’idea di società e di convivenza fra individui e popoli diversi. Ma è indispensabile che in questa ristrutturazione delle nostre forme di organizzazione sociale e politica, accanto all’arte, alla cultura umanistica, all’economia, alla filosofia, sia coinvolta anche la scienza. In questa visione di futuro, il ruolo della conoscenza scientifica diventa centrale e con essa la sua divulgazione. Gli scienziati devono farsi carico di questa responsabilità.
Vincenzo Trischitta insegna Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma e dirige un gruppo di ricerca sulla genetica e l’epidemiologia del diabete e delle sue complicanze cardiovascolari presso l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza tra Roma e San Giovanni Rotondo. E’ tra i fondatori, nel 2019, del Patto Trasversale per la Scienza. Attribuisce agli scienziati il dovere della divulgazione e della informazione per una società più consapevole e più libera.
Piccolo è bello, il caso delle nanotecnologie!
Gabriella Zammillo è tecnologo presso l’Istituto Nanoscienze del CNR, laureata in matematica. Si occupa di comunicazione e divulgazione scientifica, management e valorizzazione dei risultati di ricerca, gestione e realizzazione di progetti scientifici.
Occhio che non vede, cuore che non duole? Non nel caso del’iperlipemia familiare combinata.
Marianna Maranghi è Ricercatrice presso l’Università “Sapienza” di Roma. S’interessa di attività clinica e di ricerca in ambito metabolico e della prevenzione cardiovascolare.
La Scienza e l'approccio scientifico sono… fighi!
Vincenzo Trischitta insegna Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma e dirige un gruppo di ricerca sulla genetica e l’epidemiologia del diabete e delle sue complicanze cardiovascolari presso l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza tra Roma e San Giovanni Rotondo. E’ tra i fondatori, nel 2019, del Patto Trasversale per la Scienza. Attribuisce agli scienziati il dovere della divulgazione e della informazione per una società più consapevole e più libera.
L’informazione ai pazienti è un tassello fondamentale di una buona medicina
Le caratteristiche ineludibili di un test diagnostico sono già state discusse in http://www.fivehundredwords.it/argument/it-il-troppo-stroppia-la-storia-continua così come sono già stati riportati i rischi dell’eccesso di procedure diagnostiche (overdiagnosis)
http://www.fivehundredwords.it/argument/it-quando-il-troppo-stroppia-troppa-medicina-fa-male, ma qui siamo costretti a tornarci per commentare una recente ed intrigante campagna sulla diagnosi precoce del carcinoma mammario che pecca nel proporre un eccesso diagnostico non giustificato. E’ certamente meritorio sensibilizzare la popolazione al mantenimento della propria salute ma le indicazioni devono essere rigorosamente coerenti con le conoscenze attuali, generalmente descritte nelle linee guida di società scientifiche di riscontro internazionale che, pur con tutti i loro limiti, restano il principale punto di riferimento per medici e pazienti. Qui invece pare ci s’indirizzi a un “melius abundare quam deficere”. In medicina dovrebbe valere un'altra locuzione, quella del “primum non nocere”. A maggior ragione in un momento in cui si rischia l’insostenibilità delle spese sanitarie, problema non noto al buon Ippocrate. Ma è necessaria una lunga battaglia culturale perché un simile approccio possa prevalere su emozioni, fraintendimenti e, ahinoi, conflitti d’interesse. E per restare al tema di una buona informazione alle pazienti con cancro mammario, leggete su Ultimissime (http://www.fivehundredwords.it/ultimissime) quali errori decisionali possono essere compiuti da donne scarsamente informate.Nino Cartabellotta (www.ninocartabellotta.it) è medico, specialista in medicina interna e gastroenterologia; si interessa di metodologia con competenze trasversali a tutte le professioni ed i livelli organizzativi del sistema sanitario. Fondatore nel 1996 del Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze (www.gimbe.org), dal 2010 è presidente della Fondazione GIMBE. E’, inoltre, Direttore Responsabile di Evidence, rivista metodologica open access e Autore del blog “La sanità che vorrei”.
La valutazione in medicina è garanzia di qualità
Ubaldo Montaguti svolge attività di ricerca ed organizza incontri di studio e corsi di formazione sui servizi sanitari nell’ambito della Sezione di Sanità Pubblica e Management Sanitario dell’Accademia Nazionale di Medicina di cui è responsabile scientifico.
I poveri non mangiano meno, mangiano peggio
Giornalista pubblicista e ricercatrice,laureata in filosofia. È impegnata in progetti di ricerca presso il Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli sul rapporto tra esposizione mediatica, fattori socioeconomici e stato di salute. Ha all’attivo numerose pubblicazioni scientifiche e collaborazioni giornalistiche con riviste specializzate. Nel suo curriculum ci sono anche esperienze internazionali relative alla comunicazione e alla divulgazione al pubblico di progetti scientifici finanziati dalla Comunità europea.
Medico e ricercatore, tra i fondatori e primo direttore del “Mario Negri Sud”, in Abruzzo, e dei Laboratori di Ricerca dell’Università Cattolica di Campobasso. Attualmente è responsabile del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli. Il Dipartimento è impegnato in studi sperimentali e di popolazione, tra cui il ben noto Progetto Moli-sani (www.molisani.org), condotto su 25 mila residenti della regione per indagare sui rapporti tra genetica e ambiente nello sviluppo delle malattie cardiovascolari e dei tumori, con particolare attenzione verso l’alimentazione.
I conflitti d'interesse in Medicina
Le linee guida per la diagnosi e cura di molte malattie sono prodotte nel tentativo di facilitare e sistematizzare il lavoro dei medici alla luce delle più recenti acquisizioni scientifiche. Della indubbia utilità delle linee guida, comunemente redatte da noti esperti per conto di importanti società scientifiche, abbiamo già detto in http://www.fivehundredwords.it/post/it-luso-delle-linee-guida-in-medicina.
Ma, come spesso accade, c’è pure un rovescio della medaglia. Finalmente, dopo circa 20 anni di dogmi in cui le poche voci che suggerivano cautela venivano giudicate, al meglio, bizzarre, comincia timidamente ad alzarsi il velo e non tutto quello che c’è sotto è perfettamente tranquillizzante. Anche di questo abbiamo già parlato (http://www.fivehundredwords.it/post/it-industrie-farmaceutiche-e-societ-medico-scientifiche) ma qui ci torniamo con un esempio specifico e con alle spalle la forza dei dubbi avanzati da una prestigiosa rivista scientifica, come il British Medical Journal.Salvatore De Cosmo è Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e Presidente della sezione pugliese della Società Italiana di Diabetologia. In queste vesti, si interessa di attività clinica e di ricerca in ambito endocrinologico e metabolico e di ottimizzazione dell’organizzazione sanitaria.
La nefrologia avvicina il Sud al Nord del mondo
Giuseppe Remuzzi è Direttore del Dipartimento di Medicina degli Ospedali Riuniti di Bergamo e coordina le attività di ricerca delle sedi di Bergamo dell’Istituto Mario Negri e del Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare. E’ membro del “Gruppo 2003” che annovera gli scienziati italiani più citati dalla letteratura scientifica ed ha ricevuto nel 2007 il “John P. Peters Award”, il più prestigioso premio nel campo della nefrologia internazionale. E’ Commendatore della Repubblica per meriti scientifici ed editorialista del Corriere della Sera.
Figli e figliastri - Il caso della Sanità in Italia
Nino Cartabellotta (www.ninocartabellotta.it) è medico, specialista in medicina interna e gastroenterologia; si interessa di metodologia con competenze trasversali a tutte le professioni ed i livelli organizzativi del sistema sanitario. Fondatore nel 1996 del Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze (www.gimbe.org), dal 2010 è presidente della Fondazione GIMBE. E’, inoltre, Direttore Responsabile di Evidence, rivista metodologica open access e Autore del blog “La sanità che vorrei”.
La bugia dei test genetici per predire le malattie comuni
Per esempio l’uso di test genetici per migliorare o per preservare le nostre condizioni è diventato di gran moda e ne parlano tutti. Purtroppo, non sempre nell’interesse del cittadino. Dell’abuso dei test genetici per le classiche malattie genetiche (quelle chiamate mendeliane) abbiamo già parlato nello scorso ottobre (http://www.fivehundredwords.it/argument/it-uso-ed-abuso-dei-test-genetici). Oggi affrontiamo il tema del potenziale uso dei test genetici per predire anche le malattie comuni.
Vincenzo Trischitta insegna Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma e dirige un gruppo di ricerca sulla genetica e l’epidemiologia del diabete e delle sue complicanze cardiovascolari presso l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza tra Roma e San Giovanni Rotondo. E’ tra i fondatori, nel 2019, del Patto Trasversale per la Scienza. Attribuisce agli scienziati il dovere della divulgazione e della informazione per una società più consapevole e più libera.
Il troppo stroppia…la storia continua!
E’, infatti, inimmaginabile che anche nella società più ricche ed organizzate si riesca ad offrire gratuitamente a tutti i cittadini il massimo delle procedure mediche. Il problema merita di essere portato all’attenzione del pubblico non specialista con equilibrio e cautela per evitare l’impressione che eventuali scelte orientate al risparmio facciano perdere reali opportunità di diagnosi e cure migliori.
Ciò non è necessariamente vero.
Vincenzo Trischitta insegna Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma e dirige un gruppo di ricerca sulla genetica e l’epidemiologia del diabete e delle sue complicanze cardiovascolari presso l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza tra Roma e San Giovanni Rotondo. E’ tra i fondatori, nel 2019, del Patto Trasversale per la Scienza. Attribuisce agli scienziati il dovere della divulgazione e della informazione per una società più consapevole e più libera.
Aggiornamento obbligatorio dei medici: molti benefici e qualche rischio.
Riccardo Vigneri, Professore di Endocrinologia, past-president delle Società Italiana di Endocrinologia e di Diabetologia, svolge attività di ricerca su diabete, tiroide, tumori ormono-dipendenti. E' componente della Commissione Nazionale per la Formazione Continua in Medicina dal 2001.
Poco sale ma iodato
Diamo oggi spazio all’estrema importanza della presenza di iodio nella nostra dieta. L’Italia si è allineata nell’ultimo decennio ai Paesi più ricchi e organizzati, a proposito dei programmi di prevenzione della carenza iodica e del loro monitoraggio, ma ancora c’è molto da fare. Manca, infatti, un’adeguata campagna d’informazione che arrivi a modificare le abitudini della grande maggioranza della popolazione, semplicemente convincendo gli Italiani ad acquistare sale da cucina iodato. E, forse, si potrebbe anche sperare in un intervento dello Stato per rendere omogenei i prezzi dei vari prodotti commerciali, indipendentemente dalla supplementazione di iodio, in modo da incoraggiare i consumatori meno abbienti, specie durante una crisi economica così terribile, a scegliere nell’interesse della loro salute e di quella dei loro figli. E nella stessa campagna d’informazione, si potrebbe anche raccomandare l’uso moderato di sale, per ridurre il rischio dell’ipertensione arteriosa e delle malattie cardiovascolari. Insomma, serve una campagna che dica, molto semplicemente, di usare…poco sale ma iodato.
Antonella Olivieri è Primo Ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità. Il suo impegno scientifico è prevalentemente rivolto alla prevenzione e alla sorveglianza delle patologie tiroidee ed è responsabile scientifico del Registro Nazionale degli Ipotiroidei Congeniti e dell’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia.
Medici, pazienti e linee guida
Simona Frontoni è Ricercatrice in Endocrinologia dell’Università di Roma Tor Vergata e lavora come diabetologa presso l’Ospedale Fatebenefratelli – Isola Tiberina di Roma. E’ coordinatrice per la Società Italiana di Diabetologia degli Standard Italiani per la cura del diabete mellito, redatti in collaborazione con l’Associazione Medici Diabetologi.
L’assistenza sanitaria centrata sul paziente – Quanta confusione!
Ubaldo Montaguti svolge attività di ricerca ed organizza incontri di studio e corsi di formazione sui servizi sanitari nell’ambito della Sezione di Sanità Pubblica e Management Sanitario dell’Accademia Nazionale di Medicina di cui è responsabile scientifico.
Nino Cartabellotta (www.ninocartabellotta.it) è medico, specialista in medicina interna e gastroenterologia; si interessa di metodologia con competenze trasversali a tutte le professioni ed i livelli organizzativi del sistema sanitario. Fondatore nel 1996 del Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze (www.gimbe.org), dal 2010 è presidente della Fondazione GIMBE. E’, inoltre, Direttore Responsabile di Evidence, rivista metodologica open access e Autore del blog “La sanità che vorrei”.
Diritto alla salute e trattamenti inutili.
Ci risiamo, con la miscela di drammi personali, populismo d’accatto, ignoranza e tanta malafede quando in Italia si discute di diritto alla salute e trattamenti la cui utilità non è scientificamente provata. Questa volta l’occasione è data dall’uso delle cellule staminali prodotte dal laboratorio bresciano Stamina per trattare una bambina che soffre di leucodistrofia metacromatica, una rara malattia con gravi ed irreversibili danni alla mielina, la sostanza che ricopre e protegge le nostre fibre nervose. Alison Abbott, per Nature la prestigiosa rivista scientifica, racconta di come Balduzzi permettendo il trattamento pur in assenza di evidenze scientifiche favorevoli, abbia assunto una posizione incomprensibile e contraria alle indicazioni dell’Agenzia Italiana del Farmaco ed all’Istituto Superiore di Sanità. Le due Istituzioni durante una visita ispettiva nello scorso Maggio, infatti, avevano osservato che le procedure utilizzate in Stamina per preparare le cellule staminali erano inadeguate e ne avevano decretato la sospensione. Ma Balducci ha deciso altrimenti ed eccoci esposti al biasimo della scienza internazionale, come in occasione dell’indimenticato caso Di Bella. Perché Balduzzi non ha sentito il bisogno di parlare coi maggiori esperti del settore, che peraltro in Italia non mancano? È necessario che il ruolo della Scienza e degli scienziati sia maggiormente apprezzato nel nostro Paese. Ma è anche necessario che i ricercatori escano dai loro laboratori e vadano in mezzo alla gente; che pretendano di essere ascoltati su argomenti di loro competenza, che richiedano con forza che i problemi siano affrontanti con approcci razionali e rigore metodologico, che si liberino, insomma, delle remore derivanti da un misto di snobismo intellettuale e di colta discrezione che troppo spesso li caratterizza e diano, finalmente, il loro irrinunciabile contributo. Questa volta l’hanno fatto, anche a costo di insulti e minacce come sta accadendo a Paolo Bianco, della Sapienza di Roma, che tra i primi ha chiamato a raccolta l’indignazione dei ricercatori sulle colonne del Sole 24 ore.
Giuseppe Remuzzi è Direttore del Dipartimento di Medicina degli Ospedali Riuniti di Bergamo e coordina le attività di ricerca delle sedi di Bergamo dell’Istituto Mario Negri e del Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare. E’ membro del “Gruppo 2003” che annovera gli scienziati italiani più citati dalla letteratura scientifica ed ha ricevuto nel 2007 il “John P. Peters Award”, il più prestigioso premio nel campo della nefrologia internazionale. E’ Commendatore della Repubblica per meriti scientifici ed editorialista del Corriere della Sera.
Epigenetica, la nuova frontiera della medicina che ci rende protagonisti del nostro futuro
Fino a qualche anno addietro eravamo convinti che il nostro DNA fosse esattamente un mix di quello trasferitoci da mamma e papà e che a nostra volta avremmo trasferito immutato ai nostri figli. Insomma, almeno da quel punto di vista pensavamo di essere completamente irresponsabili. Il DNA era com’era, con i suoi aspetti positivi e quelli negativi, e noi avevamo solo il compito di trasferirlo dai nostri genitori ai nostri figli. Ci sbagliavamo, non è così. Le nuove conoscenze sull’epigenetica ci spiegano che le nostre abitudini di vita (se fumiamo, cosa mangiamo, che farmaci assumiamo) possono modificare il DNA che abbiamo ricevuto dai nostri genitori aumentando il nostro rischio di contrarre varie malattie. Ma la cosa più strabiliante è che queste modifiche possono essere trasferite ai nostri figli e, in alcuni casi particolari, anche ai nostri nipoti e con esse trasferiamo anche il rischio di ammalarsi. Perbacco che responsabilità!
Sabrina Prudente, biologo molecolare, coordina l’Unità di Ricerca sul Diabete presso l’Istituto CSS-Mendel di Roma (www.css-mendel.it) che studia i meccanismi genetici che predispongono alla malattia diabetica ed alle sue complicanze cardiovascolari e renali.
Impariamo a spendere meno in farmacia
Paola Tarro è laureata in Farmacia e specialista in Farmacia Ospedaliera e Territoriale. Partecipa ad un progetto di farmacovigilanza presso il PO San Giovanni di Dio e Sant’Isidoro di Giarre (CT), occupandosi della segnalazione di sospette reazioni avverse a farmaci.
Se non si conosce il significato di controllo non si controlla la qualità delle nostre conoscenze
Il significato di controllo fra ricercatori e scienziati è ben noto; ma che ne sa fra chi fa altro di mestiere? Eppure conoscerne il significato intrinseco è importante ed è per questo che la nota odierna se ne interessa. Il concetto di controllo insieme a quello di probabilità con cui spesso è indissolubilmente embricato e di cui abbiamo già detto (http://www.fivehundredwords.it/argument/it-il-significato-reale-di-probabilit), permette di
analizzare in maniera razionale la realtà che ci circonda e non solo relativamente alla propria salute ed a quella dei propri cari. Ai tempi dell’introduzione della legge Sirchia di divieto del fumo in locali pubblici, un noto e notoriamente colto giornalista, fumatore e contrario alla norma restrittiva, sentenziava in televisione qualcosa come “proprio l’altro giorno un mio amico si è ammalato di cancro del polmone e non aveva mai fumato!!”. Ma questo è un esperimento senza controllo! Senza controllo e senza un calcolo di probabilità, senza considerare cioè che le cause di una singola malattia sono tante ed ognuna di esse aumenta il rischio di ammalarsi ma non rappresenta né un elemento necessario (non è vero che chi non fuma non si ammala di cancro del polmone) né un elemento sufficiente (non è vero che tutti quelli che fumano avranno il cancro polmonare). Il noto giornalista aveva chiaramente detto una stupidaggine. Al contrario, avrebbe dovuto paragonare due gruppi di amici, uno con centinaia di fumatori ed uno - per l’appunto di controllo - con centinaia di non fumatori (magari di età simile e con simile distribuzione del sesso) e poi paragonare, nei due gruppi, la percentuale di ammalati di cancro del polmone. Vuoi vedere che avrebbe capito, anche lui, che fumare fa male? Dobbiamo conoscere ed utilizzare il controllo, per……controllare la qualità delle nostre conoscenze.Fabio Pellegrini è biostatistico presso il Consorzio Mario Negri Sud e l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza. Dal 1997 si occupa di ricerca metodologica e dei suoi fondamenti, in particolare di modelli di classificazione e predizione.
Le basi “scientifiche” di uno sterminio di massa
Antonio Pizzuti insegna Genetica Medica all’Università Sapienza di Roma. E’ appassionato di filosofia della scienza, storia medievale e letteratura fantascientifica.
I ricercatori italiani come....i missionari!
Collaboro da molti anni con alcuni ricercatori che lavorano negli Stati Uniti di cui ormai sono diventato buon amico e di tanto in tanto, in confidenza, mi chiedono: "ma come è possibile che il vostro sistema di finanziamento della ricerca sia così irragionevole?" ed ancora "perché non riuscite a modificarlo?". Rispondo imbarazzato che, per quanto possa sembrare incredibile, c’è una precisa volontà di mantenere lo status quo di gran parte di coloro che sarebbero preposti a gestire il cambiamento o, almeno, a lavorare per esso. E questo è stato vero anche quando a dirigere i Ministeri della Università e Ricerca Scientifica o della Salute o addirittura a Palazzo Chigi sono andati docenti universitari o medici e ricercatori. E loro candidamente continuano "e perché non vogliono che la faccenda cambi?" ed io, pazientemente (ma quanto sono ingenui ‘sti americani?), spiego loro che detenere i cordoni della borsa contribuisce a dare potere. "What else?", si chiederebbe il buon George. Poi, certo, c’è anche un bel po’ di ignoranza. Come leggiamo nella nota di oggi l’investimento sulla ricerca scientifica è molto redditizio anche solo in semplici termini economici ed al di là di qualunque considerazione valoriale extraeconomica. Se i nostri politici lo sapessero potrebbero perfino trovare utile cambiare i loro atteggiamenti. Nell’attesa del miracolo, i miei amici d’oltre oceano concludono quasi invariabilmente "certo che per voi Italiani decidere di fare i ricercatori nel vostro Paese, con stipendi spesso modesti e con pochissimi fondi, non è una scelta professionale; è come dedicare la vita ad una missione, come fare... il missionario".
Giuseppe Remuzzi è Direttore del Dipartimento di Medicina degli Ospedali Riuniti di Bergamo e coordina le attività di ricerca delle sedi di Bergamo dell’Istituto Mario Negri e del Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare. E’ membro del “Gruppo 2003” che annovera gli scienziati italiani più citati dalla letteratura scientifica ed ha ricevuto nel 2007 il “John P. Peters Award”, il più prestigioso premio nel campo della nefrologia internazionale. E’ Commendatore della Repubblica per meriti scientifici ed editorialista del Corriere della Sera.
Gli studi clinici e l’interesse generale
Si è già detto dell’importanza delle Industrie Farmaceutiche nello sviluppo di nuovi farmaci che hanno migliorato e miglioreranno la qualità e la durata della vita di milioni di pazienti
(http://www.fivehundredwords.it/post/it-come-nasce-un-farmaco). D’altra parte, il rischio di un conflitto di interessi fra chi da questa attività imprenditoriale vuole legittimamente creare profitti economici e l’interesse generale è ineludibile e necessita grande attenzione ed equilibrio per essere ben gestito. La nota di oggi si riferisce alle sperimentazioni cliniche (note come “trial”) che rappresentano il modo migliore per studiare l’efficacia ed i rischi di un farmaco. I trial, ormai da diversi anni, devono obbligatoriamente essere descritti e registrati ufficialmente prima di essere iniziati, in modo da garantire a priori sul disegno e sugli obiettivi dello studio. Ciò rende difficile che vengano pubblicati solo una parte dei dati ottenuti o che la loro presentazione non sia strettamente coerente con gli obiettivi prefissati e dichiarati. Difficile ma non impossibile, come leggerete. Ma c’è di peggio. Infatti, accanto a molti trial pubblicati ve ne sono molti altri che, pur registrati e regolarmente iniziati, sono stati prematuramente interrotti o regolarmente terminati ma non pubblicati. Le evidenze scientifiche di questi trial, che verosimilmente attengono ad effetti collaterali dannosi o, quantomeno, a scarsa efficacia dei farmaci studiati sarebbero molto utili per aumentare le nostre conoscenze e modificare i nostri indirizzi terapeutici. E’ davvero necessario che i risultati di tutti i trial vengano resi pubblicamente analizzabili; magari sotto l’egida di un pannello di esperti che preveda anche la presenza di rappresentanti della Industria sponsor, grazie alla quale lo studio è stato possibile.
In una direzione simile si muovono diverse organizzazioni scientifiche internazionali che invitano ad aderire ad una petizione per la pubblicazione dei metodi e dei risultati di tutti i trial, nessuno escluso (http://www.alltrials.net/).
Nel frattempo, ognuno di noi può portare il proprio piccolo contributo: non si dia l’approvazione a partecipare come volontario ad uno studio clinico senza la garanzia scritta che i risultati dello stesso verranno resi pubblici, qualunque essi siano.Giovanni FM Strippoli è editore e coordinatore regionale europeo del Cochrane Renal Group, responsabile della ricerca nefrologica al Consorzio Mario Negri Sud, professore associato di epidemiologia clinica alla School of Public Health dell’Università di Sydney (Australia) e direttore scientifico di DIAVERUM.
La centralità del paziente
Nonostante fin dal 2001 la “centralità del paziente” sia stata indicata, dallo Institute of Medicine (IOM) americano, come elemento indispensabile di un sistema sanitario moderno, resta molto difficile definirla con precisione anche perché a promuoverla sono chiamati diversi aspetti della gestione della persona malata. Nella nota odierna, si affronta il problema dell’accettabilità delle prestazioni sanitarie; è pacifico che senza una loro accettazione preliminare è del tutto improprio parlare di centralità del paziente ma spesso questa ovvietà è ignorata. Il protagonista della vignetta, ha tutto uno staff a disposizione pronto a curarlo col massimo delle forze a disposizione; ma….siamo sicuri sia proprio quello che vuole?
Più in generale, la centralità del paziente ha due fasi distinte. La prima è relativa alla comunicazione fra medico e paziente e prevede che quest’ultimo venga informato (sulla base di chiare evidenze scientifiche) sulle opzioni disponibili e sui loro esiti clinici. Questa fase è facile da definire, anche se è spesso disattesa. La seconda fase è più complessa da attuare perché prevede che si assegni ai pazienti ed ai loro parenti la responsabilità di determinare la qualità dei servizi sanitari. Secondo lo IOM i principi che sottendono questa seconda fase sono “un bisogno di trasparenza” ed “il paziente come fonte di controllo”, eliminando così ogni rischio di autoreferenzialità da parte delle strutture sanitarie. Scenario affascinante ma quanto lavoro ancora da fare!
Ubaldo Montaguti svolge attività di ricerca ed organizza incontri di studio e corsi di formazione sui servizi sanitari nell’ambito della Sezione di Sanità Pubblica e Management Sanitario dell’Accademia Nazionale di Medicina di cui è responsabile scientifico.
Scienza e Società
Carlo Alberto Redi è Professore Ordinario di Zoologia e Biologia dello Sviluppo, presso l’ Università di Pavia. E’ Socio corrispondente della Accademia Nazionale dei Lincei e membro del Comitato Nazionale Biosicurezza, Biotecnologie e Scienze della Vita. Attualmente si occupa di riprogrammazione genetica dei nuclei di cellule somatiche e di regolazione dell’espressione genica nel corso delle prime fasi dello sviluppo embrionale.
Quando il troppo stroppia. Troppa medicina fa male
Accompagno dal medico una persona a me cara affetta da una patologia nodulare e chiedo al collega informazioni su quali protocolli diagnostici intenda seguire. Mi risponde: “Protocolli diagnostici? L’ultima volta che li ho seguiti mi è sfuggita una diagnosi di cancro; da allora non seguo alcun protocollo, faccio sempre il massimo: la biopsia!”. Ribatto: “Ma non mi pare un nodulo a rischio”; risponde “Vero, ma se, invece, poi è un cancro? Lo ripeto: biopsia!”. Inutile dire che il paziente a quel punto, nonostante le mie perplessità, ha deciso di effettuare la biopsia. I risultati, per fortuna, sono stati negativi. Tutto bene, quindi; a parte dolore ed infiammazione locale per una decina di giorni e nell’attesa dei risultati, 2 settimane di ansia.
Discuto con un collega della terapia che ha consigliato ad un paziente e gliene chiedo il razionale. Mi risponde “ho ritenuto di somministrare quel tal farmaco alla luce della mia esperienza, basata su un caso simile di qualche mese addietro nel quale ho deciso il trattamento ed è andato tutto bene”. Faccio cortesemente notare che non esistono protocolli ufficiali che in un paziente di quel tipo indichino la necessità di quel trattamento e mi definisco contrario. Il collega mastica amaro e non se ne fa una ragione…alla luce della sua esperienza.
Questi esempi aiutano a capire perché la sanità costi sempre di più e le strutture sanitarie siano sempre meno in grado di prestare servizi adeguati in tempi ragionevoli. La nota di oggi fa il punto sugli eccessi diagnostici ma gli eccessi sono, purtroppo, anche terapeutici. Con un approccio di questo tipo, a parte le industrie del settore e la sanità privata (e neanche sempre, perché gli eccessi costano anche lì), ci perdono tutti. Ci perde il paziente, troppo “medicalizzato” e costretto a lunghe liste d’attesa, ci perdono i medici più accorti, sviliti da un andazzo che li spinge ad un atteggiamento eccessivamente interventista, ci perde il contribuente che vede sperperati i suoi danari. Ci perde pure la giustizia sociale perché di questo passo, a fronte di risorse sempre più limitate, solo i pazienti più abbienti potranno avere pieno accesso alle prestazioni che necessitano, rivolgendosi alla sanità privata.Nino Cartabellotta (www.ninocartabellotta.it) è medico, specialista in medicina interna e gastroenterologia; si interessa di metodologia con competenze trasversali a tutte le professioni ed i livelli organizzativi del sistema sanitario. Fondatore nel 1996 del Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze (www.gimbe.org), dal 2010 è presidente della Fondazione GIMBE. E’, inoltre, Direttore Responsabile di Evidence, rivista metodologica open access e Autore del blog “La sanità che vorrei”.
Siamo responsabili della nostra salute
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ci dice che in Europa, più del 80% delle morti è causato da malattie cardiovascolari e respiratorie, tumori e diabete. Nei paesi occidentali più ricchi queste patologie affliggono soprattutto le classi sociali più deboli, aggiungendo ad un aspetto di ordine sanitario un problema più generale di grave disuguaglianza sociale. Abuso di alcol, fumo di sigarette, cattiva alimentazione (sia in senso quantitativo - mangiar troppo - che qualitativo - mangiar male) ed insufficiente attività fisica sono i principali fattori di rischio delle succitate malattie e di grave disabilità. Infatti, gli straordinari progressi medici degli ultimi decenni hanno si allungato molto la durata della vita ma molto poco la durata della vita in salute. Si vive più a lungo ma, spesso, gli anni guadagnati non sono vissuti in buona salute ma, al contrario, con un peggioramento della qualità della vita.
Tutto ciò, oltre che essere molto penoso per i pazienti e per i loro cari, sta portando al collasso i sistemi sanitari delle nazioni più evolute e ricche del mondo, dove il cittadino, comprensibilmente, pretende prestazioni sanitarie che sono spesso di altissimo livello e, quindi, anche molto costose. Si intravede già il momento in cui non potremo più permettercelo, esacerbando ancora di più le diseguaglianze sociali (chi potrà, si permetterà una medicina privata e gli altri….si arrangeranno).
Insieme alla responsabilità delle Istituzioni e della classe medica, è indispensabile, quindi, che anche il singolo cittadino senta la responsabilità individuale di proteggere la propria salute mediante l’adozione di comportamenti corretti. Non sono tante ma sono importantissime le cose che possiamo fare da soli e, pur rischiando di essere noiosi, le ripetiamo: non eccedere con l’alcol, non fumare, mangiare modiche quantità di cibo sano e non essere sedentari. QM, il protagonista della nostra vignetta, deciderà del proprio futuro in base alle scelte di oggi. Abbiamo già pubblicato una nota sull’importanza dell’attività fisica (http://fivehundredwords.it/argument/it-attivit-fisica-e-salute); la nota di oggi affronta il problema della adeguata quantità di cibo. Mangiamo troppo ed i risultati delle ricerche sull’effetto del mangiar meno sono entusiasmanti anche se ne servono di ulteriori per arrivare a conclusioni certe ed utilizzabili nella pratica clinica. Nel frattempo un po’ di raziocinio e di senso del limite può aiutarci a scelte parche ed intelligenti; lo dobbiamo a noi stessi ed alla società in cui viviamo, se vogliamo provare a migliorarla.Luigi Fontana è Professore Ordinario di Scienze della Nutrizione all’Università di Salerno e Visiting Professor alla Washington University di St.Louis,negli Stati Uniti dove coordina un programma di ricerca sulla longevità. Dirige un gruppo di ricerca al CEINGE di Napoli su "invecchiare in salute".
Autismo - Una grave malattia ancora poco nota.
Un recente studio svedese, lo "Stockholm Youth Cohort", pubblicato nel 2012, indica che tra ragazzi dai 0 ai 17 anni della contea di Stoccolma nel periodo 2001- 2007 vi erano ben 5100 soggetti affetti dalla malattia, pari a 1% della popolazione presa in esame. Incontriamo certamente questi ragazzi, quindi, quando passeggiamo nel nostro quartiere. E sono ragazzi che, insieme alle loro famiglie travolte dalla malattia, hanno un grande bisogno di aiuto. Mauro Paissan, giornalista, aiuta da anni le famiglie di pazienti autistici. Ha scritto anche un libro ("Il mondo di Sergio", Fazi Editore 2008) che con sobrietà e rigore narra la storia di una di esse. E’ un libro doloroso e commovente che aiuta a capire le difficoltà che queste famiglie affrontano. Sarebbe molto utile se ogni singola persona che per professione e ruolo sociale è in grado di ottenere “audience” (giornalisti e scrittori, per esempio ma anche insegnanti, politici, sportivi ed altri ancora) si impegnasse con continuità, anno dopo anno e con atti concreti a far conoscere al grande pubblico una specifica malattia, a sollecitare le Istituzioni ad interessarsene, ad aiutare la raccolta di fondi per la ricerca; insomma, ad "adottarla".
Mauro Paissan, giornalista professionista con esperienze lavorative in giornali e televisioni, è stato deputato per tre legislature e per undici anni componente del Garante privacy. Tiene un corso di Deontologia del giornalismo presso l’Università Sapienza di Roma. E’ socio fondatore e consigliere dell’Associazione di volontariato “Una breccia nel muro”, specificamente dedicata ai disturbi dello spettro autistico.
Selezioniamo meglio i futuri medici
Sappiamo che esistono carenze strutturali per ospitare un alto numero di studenti in Medicina per il primo anno o due ma si può rimediare con una buona selezione post-scolastica (di cui al punto 1) ed un maggior utilizzo della formazione a distanza. Una parte significativa dell’attività didattica dei primi anni può essere svolta a distanza, senza pagare prezzi troppo alti sulla qualità dell’insegnamento. L’attuale sistema sembra non piacere ai più. Si può migliorare, come tutto; e si può migliorare senza troppe difficoltà. Lo dobbiamo ai nostri giovani, ma anche ai medici ed ai pazienti del futuro.
Giuseppe Remuzzi è Direttore del Dipartimento di Medicina degli Ospedali Riuniti di Bergamo e coordina le attività di ricerca delle sedi di Bergamo dell’Istituto Mario Negri e del Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare. E’ membro del “Gruppo 2003” che annovera gli scienziati italiani più citati dalla letteratura scientifica ed ha ricevuto nel 2007 il “John P. Peters Award”, il più prestigioso premio nel campo della nefrologia internazionale. E’ Commendatore della Repubblica per meriti scientifici ed editorialista del Corriere della Sera.
Achille Gaspardone è attualmente Direttore del Dipartimento di Medicina e della Divisione di Cardiologia dell’Ospedale S. Eugenio-CTO di Roma. Ha svolto la sua attività professionale in Italia ed in prestigiosi centri esteri. E’ membro dell’American College of Cardiology e dell’European Society of Cardiology.
Nutrizione e salute. Il ruolo del fosforo
Carmine Zoccali è Direttore del Dipartimento di Nefro-Urologia e Trapianto di Rene degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria e Responsabile dell’Unità CNR “Epidemiologia Clinica della Malattie Renali e dell’Ipertensione Arteriosa”. E’ Editor in Chief di Nephrology Dialysis and Transplantation. Dal 2003 al 2009 è stato Chairman dell’European Registry of Dialysis and Transplantation dell’European Renal Association (ERA-EDTA) e nel 2007-2009 ha ricoperto la carica di Presidente della Società Italiana di Nefrologia.
Uso ed abuso dei test genetici
Bruno Dallapiccola è Professore Ordinario di genetica medica e Direttore Scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. E’ anche membro del Consiglio Superiore di Sanità e del Comitato Nazionale per la Bioetica e rappresenta l’Italia nell’European Union Committee of Experts on Rare Diseases (EUCERD) ed in Orphanet, il più importante database mondiale delle malattie rare. Egli, infine, coordina, dagli anni ’80, i censimenti dei test genetici in Italia.
I piccoli ospedali: siamo sicuri che servano?
Salvatore De Cosmo è Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo e Presidente della sezione pugliese della Società Italiana di Diabetologia. In queste vesti, si interessa di attività clinica e di ricerca in ambito endocrinologico e metabolico e di ottimizzazione dell’organizzazione sanitaria.
Raffaela Bucci, architetto, si occupa di edilizia sanitaria dal 1989 come direttore dei lavori dell'ospedale San Polo di Monfalcone, progettista dell'ospedale Maggiore di Trieste e coordinatore per le attività di progettazione e realizzazione di altre strutture nel Friuli e nelle Marche. Ha fatto parte della Commissione di studio, del Ministro Umberto Veronesi e dell’Arch. Renzo Piano, per la elaborazione di un nuovo modello di ospedale ad alto contenuto tecnologico ed assistenziale ed è stata direttore dell'area tecnica dell’Azienda Policlinico Umberto I di Roma. E’ rappresentante dell'Age.Na.S. nel Nucleo di Valutazione degli Investimento del Ministero della Salute.
Giornalismo, medicina e scienza
Mauro Paissan, giornalista professionista con esperienze lavorative in giornali e televisioni, è stato deputato per tre legislature e per undici anni componente del Garante privacy. Tiene un corso di Deontologia del giornalismo presso l’Università Sapienza di Roma. E’ socio fondatore e consigliere dell’Associazione di volontariato “Una breccia nel muro”, specificamente dedicata ai disturbi dello spettro autistico.
Il significato reale di probabilità
Fabio Pellegrini è biostatistico presso il Consorzio Mario Negri Sud e l’Istituto Scientifico Casa Sollievo della Sofferenza. Dal 1997 si occupa di ricerca metodologica e dei suoi fondamenti, in particolare di modelli di classificazione e predizione.
Attività fisica e salute
Pierpaolo De Feo, è Professore Associato di Endocrinologia dell’Università di Perugia, dove dirige il C.U.R.I.A.MO. (Centro Universitario Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria). E’ autore di circa 140 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali , diverse in tema di esercizio fisico e strategie per migliorare gli stili di vita. E’ stato coordinatore del Gruppo Attività Fisica di Diabete Italia ed è attualmente Presidente dell’Italian Wellness Alliance.
Industrie farmaceutiche, creazione e commercializzazione di un farmaco
Gianfranco Botta è medico e farmacologo clinico. Ha lavorato come dirigente per quasi 30 anni in industrie farmaceutiche multinazionali, con incarichi di ricerca, sviluppo, registrazione ed immissione sul mercato di nuovi farmaci. E' stato anche Direttore Esecutivo del Centro Studi e Ricerche della Società Italiana di Diabetologia.
Giovanni FM Strippoli è editore e coordinatore regionale europeo del Cochrane Renal Group, responsabile della ricerca nefrologica al Consorzio Mario Negri Sud, professore associato di epidemiologia clinica alla School of Public Health dell’Università di Sydney (Australia) e direttore scientifico di DIAVERUM.
Letture consigliate
Recentemente
UNA BREVE ATTIVITA' FISICA INTENSA, RIDUCE IL RISCHIO DI MORTE DEI PAZIENTI CON ALZHEIMER
Pubblicato il: 16/02/2024
ANCHE POCHISSIMA ATTIVITA' FISICA FA BENE, PURCHE’ SIA INTENSA
Pubblicato il: 07/09/2023
Il cambiamento climatico rappresenta un’emergenza sanitaria e come tale andrebbe finanziato.
Pubblicato il: 12/06/2024
Cio' che mangiamo influenza la salute del pianeta e la nostra
Pubblicato il: 05/03/2024
Le immagini a corredo degli articoli riprodotti su fivehundredwords.it provengono da ricerche effettuate su Google Image